Il dramma nel dramma dei bambini stranieri: la seconda generazione di immigrati

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A Reggio, in Calabria, come del resto in tutta Italia, si contano sempre più stranieri. E tra di loro, a vivere il dramma dei flussi migratori, ci sono anche i minori, quei bambini che fanno parte della seconda generazione di immigrati

Una famiglia sbarcata dalla nave Etna della Marina Militare attraccata il 19 luglio 2014 al porto di Salerno con a bordo 2186 migranti tra cui molti bambini, 19 Luglio 2014, Salerno. ANSA/ CESARE ABBATEDrammi calati all’interno del dramma generale: solo in questo modo si può definire la condizione in cui si trovano a vivere i minori stranieri che dal loro Paese di origine affrontano lunghi e pericolosi viaggi per giungere in una terra non loro. Soli, accompagnati, orfani, ancora in grembo alle loro madri: sbarcano sulle coste del Mediterraneo. Ogni giorno si trasmettono notizie di stragi in mare, di immigrati salvati, di profughi che non ce l’hanno fatta, ma insieme a loro ci sono anche i figli, quei figli che una volta giunti sul territorio italiano si trovano ad affrontare una vita “sospesa”, tra il proprio spirito di appartenenza alla cultura di origine e la difficile integrazione nel Paese “ospite”. Una scelta non loro, quella di essere “etichettati” come stranieri, una scelta non loro, quella di lasciare la propria terra, costretti a vivere una vita difficile, quella vita che però avrebbero potuto perdere rimanendo dov’erano.

E cosa accade quando arrivano da noi? I casi riferiti ai bambini sono tanti: ci sono i minori immigrati insieme ai loro genitori, che con la famiglia hanno vissuto il trauma dell’abbandono della loro terra, del viaggio, dell’arrivo. Ci sono, poi, i bambini che raggiungono in un secondo momento i genitori o la famiglia arrivati in Italia prima di loro. Ancora, ci sono quei ragazzi che in Italia ci sono nati, ma da genitori stranieri: in questo caso i genitori possono essere in possesso del regolare permesso di soggiorno, come non averlo. Ci sono quei bambini stranieri che vengono adottati da coppie italiane, e infine, forse i casi più gravi: i bambini orfani che sbarcano in Italia da soli avendo perso la famiglia prima o durante il viaggio, e i minori non accompagnati: quei ragazzi che affrontano l’esperienza migratoria da soli, sotto il pericolo delle organizzazioni criminali, dei rischi dovuti all’azione che vanno a compiere. Per non parlare dei bambini rom, per lo più nomadi, che soli o insieme ai parenti vivono per strada, chiedendo l’elemosina.

Tutti loro fanno parte di quella che viene definita “la seconda generazione di immigrazione”, costituita proprio dai figli degli immigrati, quelli che arrivano in Italia in un secondo momento, o quelli che nel nostro Paese ci sono nati.

Per quanto riguarda il secondo caso, un recente rapporto del Ministero dell’Istruzione e della Fondazione Ismu, “Alunni con cittadinanza non italiana. Tra difficoltà e successi“, ha portato alla luce realtà significative: proprio in Italia, le seconde generazioni, ossia i figli degli immigrati nati in Italia, rappresentano la maggioranza tra i banchi di scuola. È un dato, questo, che si riferisce all’anno scolastico 2013-2014, per cui risulta che le nazionalità più diffuse sono i romeni, seguiti dagli albanesi e dai marocchini.  Al Sud è molto forte la crescita di persone straniere: solo in Calabria, nell’ultimo anno, si conta un aumento  del +10,3%.

Secondo un dato più recente, la Calabria si classifica al 15esimo posto per il numero di alunni immigrati, presentando un decremento di quasi 800 minori scolarizzati stranieri rispetto all’anno scorso. I minori nati in Italia sono circa 2670 solo in Calabria; a Reggio se ne contano 1030. Dei dati che fanno emergere l’esigenza di portare avanti dei metodi educativi e di integrazione sempre più forti ed efficienti, nonché di rivedere la normativa tesa all’acquisizione della cittadinanza italiana.

Immigrazione: a Trapani migranti soccorsi a largo LampedusaE di integrazione, non solo scolastica, se ne parla anche nel caso dei minori che non nascono in Italia, ma che ci arrivano in un secondo momento: molti sono stati i casi, anche recenti, di neonati nati sulle navi di salvataggio, di bambini sbarcati insieme alle famiglie, di minori rimasti orfani. Proprio in riferimento a quest’ultimo punto, il Presidente Oliverio qualche giorno fa ha lanciato un appello per la ragazzina che ha perso entrambi i genitori, un fratello ed una sorella durante un naufragio avvenuto nel corso di uno sbarco di stranieri clandestini in Calabria lo scorso 14 aprile. La bambina in questione è rimasta sola, adesso affidata al Servizio Sociale di Melito Porto Salvo, e per lei anche il Presidente della Regione Calabria si è mobilitato,  affinchè venga al più presto adottata.

“Questa bambina – parole di Mario Oliverio ha urgente bisogno di essere adottata, accolta e amata come una figlia. Per questo motivo mi permetto di rivolgere un appello accorato a quanti hanno la possibilità ed il desiderio di accoglierla nella propria vita e nella propria famiglia. Il trascorrere del tempo, a volte, può causare danni irreparabili. Bisogna, pertanto, fare in fretta”.

E bisogna “fare in fretta” anche nel risolvere i vari problemi che riguardano i flussi migratori, sempre più numerosi nelle Regioni meridionali; tra questi, sicuramente, quello dei centri d’accoglienza, o meglio quello della mancanza di centro d’accoglienza adeguati. Recentemente, però, un fruttuoso accordo tra il sindaco di Reggio, Giuseppe Falcomatà ed il Capitano di Vascello, Andrea Agostinelli, ha portato  alla consegna e all’utilizzo della struttura presente nel porto di Reggio Calabria, fino ad oggi in uso alla Guardia Costiera, nell’ambito del fenomeno dei flussi migratori; la struttura servirà, in particolare, ad accogliere i minori non accompagnati prima di trovare loro una sistemazione.

Anche oggi, sabato 16 maggio 2015, si parla di immigrazione: a Reggio è avvenuto l’ennesimo sbarco, e tra i migranti giunti al porto ci sono 191 bambini.

L’immigrazione di per sé è un’esperienza terribile per chi la vive, e di questo la Calabria ed i calabresi, memori delle esperienze migratorie del passato, sono e devono esserne consapevoli; come devono esserlo anche nei confronti dei bambini, quei bambini che forse anche più degli adulti sono destinati a vivere ulteriori difficoltà dovute alla difficile integrazione, alla discriminazione che in un modo o nell’altro purtroppo subiranno.

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