Messina, la rivoluzione va in onda solo su La7. Due anni di Giunta Accorinti: manca l’autocritica

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Dal trionfo elettorale alle difficoltà quotidiane: il sindaco è chiuso nel fortino

Abbiamo realizzato una cosa impossibile“: con queste parole, due anni addietro, Renato Accorinti commentava a caldo il suo successo elettorale. Il “sindaco scalzo“, come venne immediatamente ribattezzato dalla grande stampa, sbaragliò in beata solitudine, con l’ausilio di una piccola lista civica, l’esercito di Calabrò e l’armata dell’onorevole Garofalo, due pesi massimi della politica cittadina, ben inseriti nel sistema partitico tradizionale.

Ed è curioso che l’anniversario della vittoria cada in questo preciso momento storico: ieri, infatti, è giunto dalla Corte dei Conti l’ennesimo duro monito sul consuntivo del 2013, una sorta di allarme generale sulla condizioni critiche dell’erario di Palazzo Zanca; oggi, inoltre, nella vicina Barcellona s’insedia la Giunta Materia, segnando un cambio di rotta rispetto all’Amministrazione Collica, gemellata idealmente con la Giunta Signorino, pardon Accorinti.

Il refuso è tutto di chi scrive, ma è un refuso legittimo: rispetto ai giorni di gloria, alla promessa di una trasformazione radicale e benecomunista della città, oggi qualcosa si è rotto. La testimonianza più forte viene dal Consiglio Comunale: no, non ci riferiamo a quella pletora di eletti che per l’Amministrazione cittadina ha giusto il diritto di parola, in quanto diretta emanazione di “quelli che c’erano prima“; ci riferiamo ai volti-amici del Governo cittadino, a quella Nina Lo Presti e a quel Luigi Sturniolo che entrarono nelle stanze del Comune col desiderio di spalancare le finestre e rovesciare i cassetti ma che, presto o tardi ineluttabilmente, hanno finito per iscriversi nel Gruppo Misto.

Potremmo impiegare del tempo nel discutere delle ragioni di un addio politico lacerante, ma sarebbe un vuoto a perdere. Si è semplicemente preso atto che rispetto alle premesse gettate in campagna elettorale, l’Amministrazione ha agito in direzione diametralmente opposta. Prova ne sia la scelta di puntare sul Piano di Riequilibrio per tentare di salvare le (ahinoi) dissestate casse di Palazzo Zanca.

E qui, gonfiando il petto, il sindaco ha ragione quando ricorda gli sfaceli prodotti dai suoi predecessori. Il problema, però, è che la vita non scorre sulle poltrone di La7 e con tutta la buona volontà del caso non basta una serie di slide su Facebook per convincere la cittadinanza dell’operato positivo della Giunta.

La città è sporca, le sacche di povertà sono cresciute, non un solo disegno strategico sul lavoro è stato presentato alla vasta platea di disoccupati che popola Messina. E ancora: dai servizi sociali all’ordine pubblico vige il caos, finanziariamente restiamo un’Amministrazione iper-monitorata e la famosa rivoluzione “dal basso” è diventata progressivamente una rivoluzione “dal tasso”, con la rinegoziazione dei mutui e tutto ciò che ne consegue. Resta, sullo sfondo, lo specchietto per le allodole: la foto con Richard Gere, la polemica sulla cravatta all’Ars, la cerimonia in pompa magna per il riconoscimento dello Stretto quale Patrimonio dell’Umanità.

C’è un altro dato che mi preme sottolineare, e che è quello che forse cristallizza l’immagine di una Giunta sulla difensiva. Pochi mesi dopo l’elezione, Accorinti ascoltava i suggerimenti di tutti gli elettori. Per carità, parlava sempre a ruota libera dando pochi margini all’interlocutore, ma al di là del carattere e al netto della verbosità segnava meticolosamente su un taccuino o su dei fogli improvvisati le segnalazioni più spinose. Oggi il sindaco, quando si ferma in compagnia dei messinesi scettici, una comunità crescente se è vero che nei corridoi del Palazzo qualcuno pensa alla sfiducia, è più indolente suo malgrado, trasmette il disco rotto della rivoluzione, un Avvento laico che si sta concretizzando. Non bastano le ragioni di chi gli fa notare i cassonetti pieni, le mancate scerbature, i ratti nel centro cittadino: “stiamo facendo il massimo” è la sua risposta standard, cui segue un j’accuse contro Genovese o Buzzanca. Poiché non fummo servi all’epoca, non vorremmo essere spettatori di History Channel oggi, anche perché le urne non hanno certo premiato la precedente accoppiata. Se questo è il massimo che si può fare, non resta che fare gli auguri a tutta la città, non per l’anniversario elettorale, ma per il triennio che verrà. Ne abbiamo maledettamente bisogno.

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