Risale a ieri la notizia del fermo di un uomo, ad opera della Polizia Giudiziaria del Commissariato di P.S. di Polistena (RC), che ha tentato di uccidere la madre per ottenere la sua quota di eredità. Ingaggiando un algerino come sicario, voleva ottenere tale scopo. Fino a questo punto si spingono l’ignoranza e la malvagità umana
Solo ieri, infatti, nel reggino, un uomo, un figlio, è stato arrestato per aver ingaggiato un algerino, un vero e proprio sicario, che si doveva occupare di uccidere la madre. Un figlio che vuole uccidere la madre: già questo porta ad una riflessione non moralistica, perché di moralistico qui c’è e ci deve essere ben poco. Come già detto in riferimento ad altre notizie di cronaca sconcertarti come questa, come ad esempio la “vendita” di bambini a famiglie che non possono averne, è divenuto ormai normale sentire parlare di simili disgrazie, ma lo si vuole ancora sottolineare, di normalità non si tratta, e tanto meno non si deve considerare tale storia alla pari delle tante storie che ogni giorno ci vengono trasmesse. L’eccezionalità, il clamore di una data notizia non devono essere presi sempre per “buoni”, perché le eccezioni, come in questo caso, figurano in qualcosa, in un evento, rifacendoci al significato proprio della parola, che esula dalla normalità.
Il male, la cattiveria, non sono la normalità. E allora ci si deve spingere a chiedersi, perché accadono ancora oggi fatti del genere? Un figlio che tenta di uccidere la madre per procurarsi la sua quota di eredità: no, non è un vecchio film, non è uno scenario risalente ai secoli scorsi, siamo ai nostri giorni in Calabria, dove tale avvenimento si è sviluppato. Una ricostruzione dei fatti, ad opera del personale della squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato di P.S. di Polistena, che ha evidenziato la progettualità dell’atto.
Un omicidio, fortunatamente sventato, ma pensato, ragionato sulla base di un sentimento di puro opportunismo. Ma si ripete, di notizie come queste, purtroppo, se ne sentono ormai da anni: persone, familiari, spinti da raptus mentali ad uccidere i loro stessi consanguinei. Ma il raptus non può essere preso sempre a giustificazione dell’atto in sé. L’ignoranza, la mancanza di amore, non solo verso gli altri, ma anche verso sé stessi, è ciò che spesso spinge gli uomini a commettere tali atrocità. E nel caso preso in esame, l’atrocità ci tocca da vicino, in una terra in cui l’amore per la famiglia, il sentimento di unione, la solidarietà tra i familiari sono da sempre messi in cima alla scala dei valori. Ed è proprio per questo che la gente si interroga, non riuscendo a capacitarsi di simili azioni.
Dietro ogni fatto di cronaca, lo si deve ricordare, ci sono le persone, quelle stesse persone che recepiscono le notizie, che ci ragionano sopra, e ai loro pensieri è giusto dare una voce, una voce di “normalità” che ancora e sempre tuona contro simili episodi.
“Foto di repertorio”