Grecia, l’ombra della resa: il piano di Tsipras sbugiarda il referendum

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Il leader di Syriza innanzi al bivio. Deve scegliere se essere statista o capopopolo

Alexis Tsipras - foto LaPresse
Alexis Tsipras – foto LaPresse

I capisaldi dell’offerta greca indirizzata ai creditori appaiono, ad una prima analisi, coerenti con gli sforzi richiesti. Ad incedere in un cauto ottimismo è Jeroen Dijsselbloem, già guida dell’Eurogruppo. Valutando il piano promosso dall’Esecutivo ellenico, questi ha parlato di una proposta “accurata e completa“, lasciando intendere quanto diverso sia il dettato rispetto alle richieste passate.

Alexis Tsipras, dopo aver giocato avventatamente l’arma referendaria, è tornato dunque sui suoi passi e, liquidato Varoufakis, ha potuto presentare un accordo di ampio respiro nel tentativo di preservare la Grecia dal fallimento.

Fronte del No al referendum greco - foto LaPresse
Fronte del No al referendum greco – foto LaPresse

Dalle urne, come vi abbiamo raccontato nei giorni scorsi, era uscito un verdetto contraddittorio: il no alle intese raggiunte non rappresentava una soluzione possibile; semplicemente sgomberava il campo da una sintesi a portata di mano, compromettendo ulteriormente il processo di rientro del paese. Un’ipotesi, questa, nefasta per l’economia nazionale, perché la mancata attivazione di un prestito immediato non salverebbe la Grecia dalla spirale dell’austerità, ma ne accelererebbe il processo, rendendolo probabilmente più gravoso ed irreversibile.

Tsipras, dicevamo, è tornato sui suoi passi: sembra aver messo da parte l’idea di ristrutturare il debito – cioè di tagliarlo, con buona pace dei contribuenti stranieri – e ha chiesto l’attivazione del fondo Salva Stati, condizionando però tale beneficio ad una serie di misure rigorose. Sul documento redatto da Tsakalatos, la Troika – chiamatela un po’ come volete, la sostanza non cambia – si pronuncerà stasera, dopo la riunione imminente fra Draghi, Juncker, Lagarde e lo stesso Dijsselbloem.

Creditori Grecia - foto LaPresse
Creditori Grecia – foto LaPresse

Si va verso una ricomposizione della frattura comunitaria? E’ difficile dirlo. Un segnale incoraggiante c’è, ed è costituito per l’appunto dal mutato atteggiamento di Atene, di là dai toni di sfida usati dal premier a Strasburgo. I problemi, però, permangono e possiamo riassumerli schematicamente in due punti: 1) entrando nel dettaglio bisognerà vedere se la proposta greca è tecnicamente percorribile, cioè se le gravose misure ipotizzate dall’Esecutivo porteranno realmente un incasso tale da garantire i creditori, ormai poco propensi a scommesse fiduciarie, stante la perdita di credibilità della controparte; 2) andrà valutata l’incognita della tenuta politica del Governo stesso.

Sì, perché fra le tante motivazioni per cui la scelta referendaria è stata controproducente, c’è l’aver alimentato una folle speranza: l’idea che l’epoca dei sacrifici fosse conclusa, archiviata, relegata al passato o ai documentaristi. Un’idea malsana, questa, che ha trovato piena legittimità nella base di Syriza, ormai convinta che la ragion di Stato non potrà far premio sulla sovranità invocata.

Euclid Tsakalotos - foto LaPresse
Euclid Tsakalotos – foto LaPresse

A questo punto la proposta varata da Tsakalatos dovrà passare dal Parlamento: e qui i nodi potrebbero venire al pettine, perché sulla carta il piano odierno ha un valore complessivo di 12 miliardi, a fronte degli 8 miliardi previsti dal “percorso Juncker”.

Tsipras è impazzito? Ovviamente no: le decisioni sciagurate dell’Esecutivo hanno ulteriormente danneggiato le proiezioni di crescita del paese, laddove nel 2014 l’economia dell’area aveva chiuso con un dignitosissimo +0,8%.

Da qui la decisione inevitabile di sposare, almeno in grossa parte, le rimostranze dei partner comunitari: ecco così apparire nel testo la riforma delle pensioni, l’innalzamento dell’Iva, l’incremento della corporate tax. C’è perfino il piano di privatizzazione degli aeroporti regionali, del porto del Pireo e degli scali di Salonicco e Hellinikon. Insomma, una radicale revisione degli assunti che fino ad oggi avevano guidato il premier nel confronto coi vertici della Comunità. Un giro di valzer che potrebbe sì salvare la Grecia, compromettendo irreparabilmente l’immagine dura e pura della sinistra. Tsipras è al bivio: sarà uomo di parte o uomo di governo?

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