Messina, il Governo abbandona i porti meridionali e la politica locale tace

StrettoWeb

Un’analisi impietosa del Piano Strategico Nazionale rende evidente il ridimensionamento della portualità siciliana e la marginalizzazione di Messina. Eppure lo scalo cittadino produce Iva per 1,3 miliardi di euro. Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno attacca così la classe dirigente locale, a suo giudizio affetta da schizofrenia prospettica

La classe politica messinese, per paura di essere assorbita da Catania, preferisce traghettare il proprio sistema portuale verso la Calabria. Nel frattempo nessuno si sofferma a riflettere su ciò che il Governo sta facendo ormai da tempo: abbandonare il sud (da Napoli e Bari in giù) al proprio destino. Questa è la mission indicata nel Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica (PSNPL), tutto a trazione settentrionale“.

E’ forte la denuncia formulata dalla Rete Civica per le Infrastrutture nel Mezzogiorno, sulla scorta della disamina dei progetti varati dall’Esecutivo Renzi. E proprio quest’ultimo, a giudizio della sigla, compirebbe un errore prospettico. Esso, infatti, avrebbe preso spunto da una fredda analisi sull’andamento dell’attività di transhipment puro, “ovvero il trasferimento dei container da una nave grande ad altre più piccole”. Un settore  “che ha registrato negli ultimi anni un calo del traffico gestito dai porti italiani (Gioia Tauro, Cagliari e Taranto),  determinato soprattutto dalla forte competizione di infrastrutture portuali localizzate in altri Paesi mediterranei: Grecia, Spagna, Malta e Nord Africa (in particolare gli scali di Port Said e di Tangeri). Come conseguenza, nell’arco temporale 2005-2013 in cui il traffico nel Mediterraneo è cresciuto con un tasso annuo del 6,5%, gli scali italiani di Gioia Tauro, Cagliari e Taranto hanno visto la loro quota di mercato calare dal 32% nel 2005 al 17% nel 2013”.

Così facendo Messina e Milazzo sono state liquidate in poche righe dall’Esecutivo e l’intero sistema insulare è stato ridimensionato, assegnando le prospettive di crescita al traffico Ro-Ro petrolifero/energetico di Augusta. “Il Piano non si cura nemmeno del fatto che il sistema portuale di Messina e Milazzo produce IVA per oltre 1,3 miliardi di euro, pari all’8% del valore complessivo nazionale sulle importazioni di merci nei porti, posizionandosi così al terzo posto nella graduatoria delle 24 Autorità portuali, dietro Genova e la stessa Augusta”.

Secondo  la Rete, la colpa del  mancato riferimento all’Area dello Stretto è da attribuirsi interamente alla governance di Messina. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva infatti ufficialmente chiesto alle istituzioni competenti di essere edotto sulle prospettive di sviluppo e sulle proposte di organizzazione innovativa dell’intermodalità nell’area di competenza. La risposta fu un assordante silenzio: “l’Autorità portuale ha inviato il POT (Piano Operativo Triennale)  andando fuori tema, il Comune ha risposto con una inutile traghettata con il sindaco di Reggio Calabria. Infine i politici locali si sono ben guardati dal disturbare il Governo, salvo poi urlare allo scippo quando sarà ormai troppo tardi, fatta salva la sceneggiata sulla costruzione del nuovo porto di Tremestieri”.

Su quest’ultimo punto, la Rete fa le pulci al bilancio. Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Presidente della Regione Siciliana e il Presidente dell’Autorità portuale hanno firmato il passaggio della gestione delle aree del futuro porto dalla Regione, che ne rimane proprietaria, all’Autorità portuale. Su questo aspetto, però, la Rete tiene a precisare come la costruzione resti in capo al Comune di Messina, stazione appaltante. “E’ l’unica amministrazione deputata a reperire i fondi disponibili e i finanziamenti. In ogni caso l’unica cifra di cui si ha certezza sono i 15 milioni dell’Autorità portuale di Messina (finché non verrà accorpata) che erogherà a stati di avanzamento e dopo che il Comune avrà esaurito le altre quote di finanziamento, in merito alle quali però non si hanno certezze. Poiché il mutuo di 35 milioni di euro finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è prossimo alla scadenza – dopo 10 anni dalla stipula – tale quota di finanziamento andrà persa, qualora non vengano attivati gli strumenti di tecnica contabile finalizzati al recupero dei residui. Inoltre, i fondi ministeriali ex delibera CIPE del 2009, pari a 6,5 milioni di euro, sono stati cancellati in una delle manovre di finanza pubblica”. Durissima, pertanto, è la conclusione:  “la Regione Siciliana, la Grecia d’Italia, ha promesso a parole 18 milioni di euro. Intanto ogni giorno che passa il costo dell’opera lievita. Insomma, nessuna certezza ma tante belle parole”.

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