Molti reggini vi abitano o lo conoscono comunemente come il quartiere di “sbarre”, ma pochi, sanno perchè è chiamato con questo toponimo: tante le ipotesi avanzate nel corso degli anni, eccone alcune verosimili davvero curiose
Qualunque abitante della città calabrese dello stretto di Messina conosce senza ombra di dubbio alcuno il grande quartiere di Sbarre: sito nella zona centro-meridionale di Reggio, esso è strutturato in tre strade principali, recanti sempre il toponimo di “Sbarre”, e che si distinguono tra loro in base alla collocazione spaziale nell’ambito della stessa città in “Superiori”, “Centrali” ed “Inferiori”. Ma raramente, senza dubbio, ci saremo chiesti il vero ed arcano motivo per il quale tale quartiere possiede questa denominazione: andiamo pertanto a vedere, per mezzo della seguente disamina, le ragioni di tutto ciò. A riguardo, ad ogni modo, c’è chi in passato ha asserito che esso abbia tratto la propria origine a partire dal vicino carcere di “San Pietro”, e dalle sue “inferriate”, dalle sue “sbarre”; ma l’ipotesi non è accettabile, come non è neanche verosimile l’ipotesi, comune a molti, che riconduce l’etimo di tale toponimo alla rivolta di Reggio del 1970 dovuto, a riguardo, all’utilizzo, in essa, di “corpi contundenti” quali verghe o spranghe: tali supposizioni non sono tuttavia accettabili dal momento che tale denominazione del quartiere è indubbiamente anteriore sia alla costruzione del carcere reggino (1932) sia, pertanto, ai “moti di Reggio” (1970). Va allora ricercata un’altra origine, che la toponomastica ha come sempre individuato nelle etimologie greche e latine che permeano ogni aspetto ed ogni ambito della tradizione letteraria e culturale delle nostre terre: il nome “Sbarre” trarrebbe infatti la propria origine, secondo questa tradizione, dalla voce tardo-latina di origine mediterranea “Barra“, atta ad indicare gli “accumuli sabbiosi o detritici formati dalla corrente marina o dallo scorrere di fiumi o torrenti nei pressi di una foce“; tale termine è stato pertanto adoperato al fine di rendere l’idea di qualcosa che impedisce o rallenta il decorso, il libero scorrimento o il fluire di qualcosa o di qualcuno e, specificamente, in geografia, è stato utilizzato per qualsiasi agglomerato naturale o manufatto artificiale che ostacola il normale passaggio, rappresentando in concreto un effettivo “sbarramento“. Nel caso specifico, dunque, vista la collocazione geografica tra le fiumare Calopinace e Sant’Agata, il nome troverebbe giustificazione a partire dalla difficoltà di un tempo nel guadare questi corsi d’acqua per raggiungere le proprietà private o per il semplice attraversamento a causa della presenza di “formazioni arenose” lungo il loro corso e fino all’estuario o da resistenti “staccionate” costruite appositamente dall’uomo. L’espressione latina di età successiva “Ex Barrae” (da cui forse “Sbarre”), usata con funzione privativa al fine di indicarne una peculiarità passata, sarebbe stata invece adottata nel periodo in cui l’attraversamento del Calopinace e del Sant’Agata non costituì più un problema e fu agevolato dalla realizzazione delle prime solide strutture per il transito o da percorsi sicuri e carrabili.