Riscopriamo la storia di Via Giulia, storica strada del centro città di Reggio, il cui toponimo trae origine a partire dall’età augustea e cela al suo interno vicende di intrighi di palazzo e di matrimoni combinati
Passando, a piedi o in macchina, per il centro storico della città, incappiamo certamente in molte strade di cui conosciamo probabilmente solo il nome, ma delle quali disconosciamo il perché che inerisce ad esso: una di queste potrebbe essere via Giulia, la quale è specificamente riconoscibile, tra le altre ad essa limitrofe, dal momento che fiancheggia la celeberrima e bellissima Villa “G. Zerbi” e poiché in essa sorgono, tra le altre cose, anche un noto ristorante cinese e vari negozi, (peraltro tuttavia molto frequenti in questa zona del centro città). Ben pochi, sicuramente, si saranno tuttavia interrogati sulla vera e propria origine di tale toponimo: ed esso, andando a compiere un’analisi filologicamente accurata, si scopre risalga alla presenza in passato, nelle vicinanze di essa, di un’antica costruzione, oggi demolita che peraltro, secondo una tradizione, sarebbe stata la dimora di Giulia I (o Giulia Maggiore, che dir si voglia), figlia dell’imperatore Ottaviano Augusto, durante i suoi ultimi anni di vita trascorsi proprio nella città della fata morgana. Ma sorge spontanea, a questo punto, l’esigenza di approfondire le informazioni che potremmo conoscere riguardo a costei: essendo infatti figlia del primo imperator che Roma ebbe nel corso della sua storia, Iulia Caesaris filia o Iulia Augusti filia (come le fonti anche ce la citano) era una matrona Romana appartenente alla nobilissima ed antichissima gens Iulia che, giova ricordarlo, affondava le proprie radici, secondo la leggenda, al divo Enea e, pertanto, alla guerra di Troia. La sua figura è tuttavia di significativa rilevanza storica anche a causa di molteplici fattori: va innanzitutto menzionato il fatto che essa fu l’unica figlia naturale di Ottaviano Augusto (che la ebbe peraltro da un’altra celebre nobildonna Romana, Scribonia), ma poi anche la sua grande notorietà dovuta a rilevanti caratteristiche della sua personalità, quali furono il suo fascino, la sua intelligenza e la sua vivacità, che contraddistinsero pertanto sempre lo svolgersi della sua vita. Ma il corso vitale di questa povera donna era tuttavia segnato in principio già dalle circostanze nelle quali costei vide la luce: nata infatti nel 39 a. C., nello stesso giorno della sua nascita il padre, l’allora solo illustre generale Romano Gaio Giulio Cesare Ottaviano, divorziò dalla sua prima moglie (nonché madre di parto di lei, Scribonia appunto); di certo tutto ciò non prometteva dunque nulla di buono per la giovanissima bambina, ma le disgrazie erano ancora solo all’inizio per lei: già all’età di soli due anni fu infatti promessa in sposa al giovane Marco Antonio Antillo, figlio del celebre generale generale Marco Antonio (che di anni, invece, ne aveva solo 10), e nel 37 a. C. era tutto pronto perché i bambini convolassero a nozze; la guerra civile tuttavia, che proprio in quegli anni prendeva le sue mosse, fece in modo che questo matrimonio non venisse mai celebrato, e che il padre si allontanasse da Roma per prendere parte a quelle innumerevoli campagne e spedizioni militari, che si conclusero poi con la battaglia di Azio del 31 a. C., dove la vittoria arrise il padre di Giulia e dopo la quale cadde anche la repubblica in Roma e si istituì l’impero. La giovinetta, ad ogni modo, nel 25 a. C., dopo essere scampata ad un altro matrimonio combinato, sposò il cugino Marco Claudio Marcello, che aveva tre anni in più di lei; il marito, riguardo al quale girava la voce che fosse stato designato erede di Augusto, organizzò per l’occasione degli splendidi giochi, finanziati dall’imperatore in persona, ma morì ben presto, già nel settembre del 23 a. C.: per di più la coppia non aveva neanche avuto figli, probabilmente perché Giulia, che all’epoca della morte del marito aveva sedici anni, era ancora molto giovane. All’età di 18 anni poi, nel 21 a. C., Giulia sposò Marco Vipsanio Agrippa, che aveva ben venticinque anni in più di lei: questo matrimonio tra la figlia di Augusto ed il suo più fidato amico e generale diede alla luce cinque bambini, e si concluse nel momento in cui la morte colse il marito, nel 12 a. C., cui seguì peraltro un suo nuovo fidanzamento, questa volta con Tiberio, il futuro imperator successore di Ottaviano: le nozze si celebrarono l’anno successivo, ma non ebbero un corso positivo: il figlio che ebbero morì infatti già durante l’infanzia, ed alla scarsa opinione che il marito aveva del carattere della moglie Giulia rispondeva considerando il figlio adottivo di Augusto non alla sua altezza, essendosi lamentata di questo fatto persino in una lettera, scritta da Sempronio Gracco e destinata all’imperatore; nel 6 a. C., infine, i due avevano già divorziato. E qua arriviamo ai fatti che ci interessano maggiormente: nel 2 a. C. la protagonista della nostra storia venne infatti arrestata per adulterio e tradimento, e Augusto le fece recapitare una lettera a nome di Tiberio in cui il loro matrimonio veniva dichiarato nullo; l’imperatore stesso in seguito affermò in pubblico che Giulia fosse colpevole di aver complottato contro la vita di suo padre; ed egli, inoltre, si dice abbia anche tentennato sull’opportunità di mandare a morte la propria figlia, decidendo poi per l’esilio.
Giulia fu pertanto confinata sull’isola di Pandateria (la moderna Ventotene), dove venne accompagnata dalla madre Scribonia, sulla quale però le condizioni di vita erano disagevoli: sull’isola, di meno di due kilometri quadrati, non erano infatti ammessi uomini, mentre eventuali visitatori dovevano essere prima autorizzati da Augusto, dopo che l’imperatore fosse stato informato della loro statura, carnagione, segni particolari o cicatrici; non le era inoltre concesso di bere vino. L’esilio di Giulia causò ad Augusto rimorso e rancore per tutto il resto della sua vita: ogni qual volta veniva infatti fatto riferimento a lui e alla figlia, diceva, citando l’Iliade, «Vorrei essere senza moglie, o essere morto senza figli»; inoltre, raramente faceva riferimento a Giulia senza chiamarla come uno dei suoi tre ascessi o cancri. Cinque anni dopo le fu tuttavia permesso di tornare sulla terraferma ma Augusto, che non l’aveva perdonata, ordinò che fosse trasferita nella nostra cara Reggio Calabria, in una torre appositamente costruita, la “Torre Giulia” appunto, e decretò che le ceneri della figlia non sarebbero state inumate nel mausoleo di famiglia, come la tradizione avrebbe invece prescritto. Quando Tiberio divenne poi imperatore, nel 14 d. C., tolse a Giulia le sue rendite, ordinando che fosse confinata in una sola stanza e che le venisse tolta ogni compagnia umana: Giulia morì poco dopo. La morte potrebbe essere stata causata dalla malnutrizione, se Tiberio la volle morta come ritorsione per aver disonorato il loro matrimonio; è anche comunque possibile che Giulia si sia invece lasciata morire dopo aver saputo dell’assassinio del suo ultimo figlio, Agrippa Postumo, affetto peraltro da numerose menomazioni psicofisiche (fatti, ricordiamolo, narratici dallo storiografo Romano Tacito nei suoi Annales). Ecco spiegato, pertanto, il perché di tale toponimo; la torre, infine, rimase in piedi fino all’anno 1783, anno in cui essa cadde in seguito ad un grande sisma che scosse lo stretto proprio in quell’anno, successivamente al quale si perse inoltre quasi ogni traccia di questa bellissima storia della nostra terra.