Messina, siamo al paradosso: basta vetrine sporche, il Sindaco vuole il giro di vite

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L’ordinanza firmata da Renato Accorinti è rivolta ai proprietari degli immobili sfitti. Il primo cittadino chiede la pulizia delle vetrine per il decoro di Messina. E le blatte approvano

C’è un qualcosa di esilarante nell’operato di quest’Amministrazione che spesso sfugge agli osservatori distratti. Non siamo innanzi a funzionari tecnici del caos, ad assessori improvvisati che si muovono alla bell’e meglio nell’ordinario guazzabuglio cittadino. No. Siamo di fronte a poeti astratti del disordine, ad interpreti letterari dell’approssimazione.

Facciamo un riassunto delle puntate precedenti, altrimenti la notizia non rende. Messina è sommersa dai rifiuti: il celebre passaggio dall’emergenza all’eccellenza è stato relegato nell’ambito delle proiezioni oniriche e la città, come spesso accade, nei mesi estivi si è scoperta sporca e puzzolente, coi liquami che affiorano sul manto stradale e con i capannelli d’immondizia che costellano le vie del centro e delle periferie.

Come se non bastasse, tanto è il degrado che quest’anno si è deciso di lasciare campo libero a ratti e blatte: le bestiole appaiono raramente nell’orario diurno, ma al calar del sole si muovono serenamente fra negozi e boutique, con buona pace dei clienti o dei semplici cittadini che manifestano ancora una sorta di odio razziale per il nuovo vicinato. Free fogna.

In tutto questo l’Amministrazione non fa ammenda: il Sindaco non si passa una mano sulla coscienza pensando a come intervenire per sanare le criticità. Al contrario, Accorinti accusa quanti prendono atto della situazione di guardare in una prospettiva strumentale agli affari interni, ricordando l’operato di quelli che c’erano prima, i problemi finanziari del Comune, la discesa d’Annibale, l’ignavia di Ponzio Pilato, il tradimento di Bruto e chi più ne ha più ne metta.

Siccome lo zelo non manca, adesso si è registrato il salto di qualità in questa singolare vicenda: con un’apposita ordinanza il primo cittadino ha disposto l’obbligo per i proprietari di botteghe e immobili sfitti, quelli destinati ad usi commerciali e prospicienti le pubbliche vie del centro cittadino, di pulire le saracinesche, togliere i rifiuti, rimuovere le insegne degli esercizi cessati per il “decoroso ripristino dello stato dei luoghi“. Di più: bisogna smacchiare le vetrine come fossero giaguari, conservandole libere, sia sull’esterno che nell’interno, da affissioni di manifesti o da fogli di giornale. Il tutto per garantire, cito testualmente, “il decoro, l’igiene, la cura, la manutenzione e la pulizia della città e del suo patrimonio storico“.

Se la situazione non fosse drammatica, se non fossimo cioè al limite dell’emergenza sanitaria – prova ne sia il fatto che alcuni consiglieri comunali hanno invocato l’intervento dell’Asp -, verrebbe da ridere per questo eccesso di scrupolo. La distinzione fra pubblico e privato è netta. E la Tari sta lì a testimoniarlo.

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