Nella giornata di ieri, è stata sequestrata l’area di cantiere del nuovo Corso Garibaldi di Reggio Calabria, compresa tra piazza Duomo e via Foti: 4 avvisi di garanzia
– un’area di cantiere interessata ai lavori di “Ripristino vecchia pavimentazione e ristrutturazione cunicoli di servizio del Corso Garibaldi” porzione di Corso Garibaldi, per un’area complessiva di circa 3.000 mq.;
– una superficie dell’estensione di circa 6.000 mq. adibita a deposito ed area di stoccaggio del basolato lavico che costituiva la pavimentazione del corso, area ubicata alla via Calamizzi del Comune di Reggio Calabria.
Nell’ambito del relativo Procedimento Penale risultano indagate le seguenti persone per i reati di cui agli artt. 81 cpv, 110 c.p., 181, comma 1 bis, e 180 d.lgs. 42/2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio):
- CAMMERA Marcello Francesco, architetto, Dirigente del Settore Progettazione ed Esecuzione LL.PP. del Comune di Reggio Calabria, in qualità di direttore dei lavori;
- NERI Daniela Filomena, architetto, responsabile del Servizio – Restauro e conservazione beni architettonici e ambientali del Comune di Reggio Calabria, in qualità di R.U.P.;
- SICLARI Francesco, legale rappresentante della ditta “Siclari Agostino Costruzioni Generali S.r.l.”, impegnata in A.T.I. con la ditta “Porta Antonio” all’esecuzione dei lavori;
- PORTA Antonino, legale rappresentante della ditta “Porta Antonio”, impegnata in A.T.I. con la ditta “Siclari Agostino Costruzioni Generali S.r.l.” all’esecuzione dei lavori,
ritenute responsabili in concorso di non aver ottemperato agli ordini impartiti mediante le prescrizioni imposte dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Reggio Calabria e Vibo Valentia, in particolare di non aver proceduto al recupero accurato delle lastre in pietra lavica mediante rimozione con strumenti idonei evitando l’uso di quelli che potessero comportarne la rottura o il danneggiamento; di non aver proceduto alla rimozione del basolato in buone condizioni, che doveva essere preventivamente individuato e che, una volta portato in deposito, doveva essere accantonato e separato rispetto a quello spaccato o lesionato, procedendo a registrarne le quantità e a suddividerlo per dimensioni. Le aree di cantiere poste in sequestro, al fine di bilanciare l’interesse alla tutela dei beni di interesse storico ed artistico con quello dell’esecuzione dei lavori pubblici, sono state date in custodia con facoltà d’uso al Responsabile Unico del Procedimento, NERI Daniela Filomena, al direttore dei lavori, CAMMERA Marcello Francesco e al funzionario sovraordinato Ing. ROMANO Marcello, nonché ai legali rappresentanti delle ditte esecutrici dei lavori, SICLARI Francesco e PORTA Antonino, che avranno l’obbligo di osservare le prescrizioni già indicate dettagliatamente dalla Soprintendenza. Il progetto inerente il ripristino della vecchia pavimentazione del Corso Garibaldi vide la luce nell’anno 2007. Proprio in quell’anno, infatti, nel corso di una conferenza di servizi, ne venne approvato il relativo progetto. In quella circostanza, era però inizialmente emerso che a seguito di alcune “non meglio precisate indagini” svolte dai progettisti di concerto con il RUP, il “materiale” della pavimentazione dei marciapiedi risultava in gran parte danneggiato e che la cava da cui era stata estratta la pietra fosse ormai estinta, ragion per cui si decideva di procedere alla sostituzione del vecchio basolato con uno di nuova fattura. Successivamente, al momento dell’avvio dei lavori cominciati a distanza di ben 7 anni (luglio 2014), con l’inizio delle operazioni di scarifica dell’asfalto, la situazione della carreggiata apparse immediatamente diversa da come a suo tempo asserito dai progettisti, perché fu chiaro fin dall’inizio della loro rimozione che le lastre – almeno in quel primo tratto – non fossero affatto “irrecuperabili”. Ne conseguì, quindi, una serie di richieste ad opera della Soprintendenza, finalizzate ad avere contezza circa le quantità di materiale originale presente, per valutarne la conservazione o comunque il riutilizzo, richieste alle quali veniva risposto – senza nessuna documentazione di supporto – che solo il 10% del materiale fosse riutilizzabile. Nonostante i numerosi interventi e le numerose prescrizioni imposte dalla S.B.A.P. nel tempo, la stessa p