Gli arresti di ieri non sono bastati: Piero Adamo, che ha avuto il solo torto di incalzare il sindaco sulla tenda issata a Piazza Pugliatti, è stato accusato delle peggiori nefandezze. Una folle polemica politica ha infiammato gli animi di tutti, salvo quello di Accorinti: silente e prudente
“Ogni ocasion ‘se bona par far casin” cantavano anni addietro i Pitura Freska, un gruppo che forse non aveva visitato Messina nel corso delle proprie tournée artistiche, ma che certamente aveva dipinto un tratto caratteristico di alcuni campioni cittadini. La storia della tenda montata in Piazza Pugliatti fra la Corte d’Appello e il Rettorato, ovvero nel cuore pulsante della città, è divenuta incredibilmente argomento di dibattito politico. Incredibilmente, sì, perché il disagio di una donna è stato strumentalizzato per montare una “protesta antipsichiatrica“, come l’hanno impropriamente definita gli attivisti del Pinelli.
A finire nel mirino delle polemiche è stato il consigliere comunale Piero Adamo, reo di aver incalzato il sindaco sulla vicenda: l’esponente di Vento dello Stretto, infatti, aveva chiesto al primo cittadino di prendere in mano la situazione e d’intervenire a seconda dei problemi del caso specifico: o coi servizi sociali o con la Polizia Municipale.
Apriti cielo, è venuto giù il finimondo. Nell’arco di ventiquattr’ore Adamo è stato accusato di essere un fascista più o meno consapevole, di non avere a cuore le sorti dei deboli, di voler ghettizzare il disagio col pretesto del decoro urbano, avviando una campagna populistica utile a prendere voti. Il consigliere, insomma, avrebbe predicato l’odio civile per allontanare dalla vista della società borghese i derelitti che non riescono a sopravvivere nell’economia assassina e liberista.
Inutile dire che una lettura siffatta è ideologica e strumentale, ben poco rivela sull’indole dell’esponente consiliare e molto tradisce, invece, sulla onestà intellettuale di chi spara giudizi a raffica. Adamo ha fatto una denuncia piuttosto banale, non me ne voglia se ne ridimensiono la portata. Ha detto che la legge è legge e va sì rispettata, che le aiuole dell’università non sono un bivacco, che le nostre tasse per i servizi sociali servono per rispondere a simili bisogni e sanare simili criticità.
Naturalmente poi ci sono i benpensanti, quelli che hanno l’esigenza di contestare l’universo in cui vivono perché si alienano dal mondo che li circonda in forza della propria superiorità morale. In una parola: i padreterni. Così un’osservazione ovvia, “quella tenda lì non ci può stare”, diventa il pretesto per montare la canea, il Cavallo di Troia per alimentare una battaglia di disobbedienza civile che ha tutti i tratti della vanità mediatica. Prova ne sia il fatto che dopo gli arresti di ieri, un nuovo “presidio” è sorto nella notte, con tanto di bandiera No-Muos quale elemento decorativo della tenda.
Ora, questa scena surreale parte da un presupposto logico financo condivisibile: le norme infami non vanno applicate. E giù il campionario di esempi delle misure dettate dagli Stati totalitari che imponevano o impongono persecuzioni e arresti. Tutto giusto, in linea di principio. Chi scrive, ad esempio, trova aberrante l’idea dell’ergastolo in una società democratica: pensa che una detenzione a vita sia disumana, perché all’uomo che intenda espiare i suoi mali non viene data alcuna possibilità di ritrovare il senno, di “mondarsi dai peccati” – per così dire – e rinascere a nuova vita. Nondimeno non progetto in segreto piani d’evasione per gli ergastolani: con Totò Riina ho ben poco da spartire, di là dall’umana pietà che, forse, per il suo curriculum criminale, neppure meriterebbe. La disobbedienza, insomma, ha dei confini naturali che se travalicati portano i suoi cultori a sconfinare nella sistematica illegalità.
Dire, pertanto, che alcuni scribacchini – ispirati da legge e ordine – si sono intestarditi dietro insulse campagne persecutorie è un esercizio di filosofia che lascia il tempo che trova. Va detto, a onor del vero, che in una città in cui il Sindaco invoca i diritti umani per poter entrare all’Assemblea Regionale senza cravatta, l’idea di montare una tenda dove si vuole e di avere tutto il diritto di farlo non può certo destare scalpore. A proposito: Accorinti, di questo can-can strampalato, che pensa?