C’è chi perora la causa dell’accorpamento con Catania e Augusta, chi guarda a Reggio e chi preferisce Gioia Tauro. Tanta confusione nell’attesa dei disegni del Governo
Continua a tenere banco, a Roma, la riforma della portualità e della logistica italiana, una riforma che coinvolge in presa diretta gli interessi di Messina, se è vero com’è vero che il ministro Delrio – rivedendo i piani del suo predecessore Lupi – avrebbe dato il via libera alla creazione di un’Authority della Sicilia Orientale (Messina, Catania, Augusta) in luogo di quella siculo-calabrese che avrebbe unito la realtà peloritana a Gioia Tauro, ipotesi – questa – caldeggiata dall’Amministrazione Accorinti.
Il decreto dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei Ministri entro il fine settimana, ma sui contenuti dello stesso non c’è accordo fra le forze politiche cittadine. Vincenzo Garofalo, vice-presidente della Commissione Trasporti alla Camera e parlamentare del Nuovo Centro Destra, ha insistito parecchio sull’importanza di riconoscere le potenzialità del porto messinese, uno scalo che già oggi, insieme a quello di Milazzo, rappresenta di fatto il principale polo attrattivo per i crocieristi. Il consigliere comunale Carlo Cantali, in forza a Felice Per Messina, pur condannando l’opzione Gioia Tauro, ritiene tuttavia che una partnership fra Calabria e Sicilia sarebbe auspicabile. Da qui l’invito a creare un’Authority dello Stretto che da Messina e Reggio tocchi Villa San Giovanni e Milazzo, innescando una fusione virtuosa fra realtà accomunate dai problemi e dal medesimo affaccio sul mare, inserendo il percorso di riforma nell’ambito del rilancio dell’Area Integrata. L’ipotesi di Gioia Tauro, invece, resta cara ai LabDem. Giuseppe Fera, coordinatore provinciale, ha evidenziato come l’opposizione a questo progetto sia figlia della logica spartitoria del manuale Cencelli, una logica che va respinta se davvero s’intende puntare sulla crescita di Messina e su un ampliamento delle sue prospettive di sviluppo.