Le responsabilità della classe dirigente sono sotto gli occhi di tutti e Accorinti non può pagare dazio anche per le colpe dei suoi predecessori. Può, però, abbandonare gli strumenti ideologici con cui ha guidato l’Amministrazione finora e aprire ai privati in un settore strategico per la cittadinanza
La crisi idrica che ha attanagliato Messina sembra volgere al termine: l’Amam ha impegnato sul campo un gran numero di tecnici, i cui sforzi sembrano essere stati premiati. Dalle 2 di notte, infatti, si è progressivamente riempito il serbatoio di Montesanto e qualora dovesse andare tutto secondo le previsioni, tenuti in debita considerazione gli sforzi posti in essere notte e giorno da domenica 25, già in serata potrebbe essere ripristinata la normalità.
Ciò non implica che i rubinetti della città torneranno saturi e a nostra disposizione: saranno necessarie diverse ore, infatti, affinché l’acqua possa sgorgare presso tutte le utenze cittadine, con gli inevitabili ritardi che matureranno in talune realtà periferiche. Frattanto, già in mattinata, la condotta della Santissima verrà messa in moto per un paio d’ore, al fine di riempire alcuni serbatoi e non lasciare la città completamente all’asciutto. Quanti versano in condizioni di particolare difficoltà potranno sempre ricorrere alle autobotti presenti nell’ex Gazometro e all’autoparco comunale.
Resta, sullo sfondo, il problema drammatico che questa emergenza ha mostrato: compromesso l’approvvigionamento principale, la città rimane a secco, senza possibilità di uscire da una crisi che non colpisce soltanto l’igiene cittadina, cosa di per sé grave, ma che mina l’economia e qualsivoglia potenziale progetto di sviluppo. Basta girare fra gli esercizi commerciali per notare quanti locali abbiano preferito chiudere bottega in assenza di risorse idriche: il monito della Confcommercio, lanciato da Carmelo Picciotto nelle scorse ore, era una presa d’atto d’ufficio da cui è difficile divincolarsi. Al netto dell’impegno del Comune resta, pertanto, la sensazione di una città abbandonata dopo anni di cattiva gestione di un servizio centrale per la cittadinanza.
E qui termina anche la retorica benecomunista che vede nelle risorse idriche un elemento imprescindibile per la vita umana: il servizio pubblico è osceno, indecoroso e segue standard sudafricani più che euro-occidentali. Basta la cessione di una saldatura causata da una frana in periferia e una metropoli di 250mila abitanti, la famigerata “porta orientale dell’Isola”, viene costretta in un angolo, scossa e suonata come Liston quando si trovò innanzi il giovane Cassius Clay. Per testimoniare i disservizi non serve l’emergenza. I consiglieri comunali abbiano coraggio e chiedano a Leonardo Termini una relazione scientifica precisa su quante risorse perdiamo nelle nostre vecchie condutture, facciano chiarezza su Siciliacque e sul ruolo svolto da Palazzo Zanca prima della sua costituzione. Diano spunto, in altri termini, a una svolta di liberalizzazioni sensate: soltanto i privati, in concorrenza fra loro, potranno garantire ciò che il pubblico ha dimostrato di non saper gestire. Se Accorinti mostrerà assennatezza, avremo tratto il meglio da questo calvario. Se viceversa il primo cittadino resterà ancorato a posizioni oltranziste di pseudo-collettivismo, allora sarà lui a dover spiegare presto o tardi perché nulla è stato fatto durante il suo mandato.