I numeri forniti da Foti mettono a repentaglio il piano industriale e, indirettamente, quello di riequilibrio. Si stava meglio quando si stava peggio?
“In una città di 250mila abitanti, un servizio di trasporto pubblico con 43 bus e 6 tram rappresenta il fallimento della politica comunale e aziendale”. Il giudizio non potrebbe essere più netto. Lo stato di salute dell’Atm diventa oggetto di una nota polemica, indirizzata ai vertici dell’azienda e del Comune, da parte dei Labdem e di Adis.
Le due sigle, nella loro denuncia, contestano l’operato di Foti, eccessivamente timido nella ristrutturazione societaria. Se nel quadriennio fra il 1994 ed il 1998 Messina poteva vantare circa 120 bus nel proprio parco mezzi, capaci di circolare in strada e garantire un servizio dignitoso, oggi l’efficienza dell’azienda è sotto gli occhi di tutti. “Entro fine anno sono previsti in strada 56 bus e 9 tram – evidenziano in una nota congiunta le due realtà – ma ad oggi nessun recupero è stato operato ed i mezzi continuano a marcire in deposito, anzi sono aumentate le avarie che concorrono a rinviare sia il miglioramento della produzione sia l’incremento dell’offerta del servizio. Condizioni che avrebbero dovuto consentire un maggior contributo da parte della Regione, calcolato sui chilometri percorsi. Venendo meno tali condizioni, sulle quali fa affidamento il Piano di riequilibrio decennale, il Comune di Messina subirà effetti negativi in termini di contributi regionali con una perdita di circa 1 milione e 800mila euro su 11 milioni e 828mila previsti”.
Nel mirino delle sigle finiscono anche il giro di valzer sul contratto di servizio, atteso e perennemente rinviato alle calende greche, e l’abbattimento dei costi di gestione della linea tranviaria, con una critica feroce alla sporcizia assai evidente delle vetture. Ce n’è anche per il sindaco: “Ci è apparso sopra le righe un certo linguaggio che non aveva niente di civile e democratico adoperato dal Sindaco e da qualche dirigente aziendale su possibili azioni legali contro le associazioni. In tali espressioni si è avvertita una certa difficoltà a fronteggiare le situazioni complesse e quindi una ulteriore testimonianza che per amministrare le città non ci vogliono i proclami ma fatti concreti. Il dialogo con questa amministrazione non esiste, l’Adis dopo 35 anni è stata costretta a interrompere tale attività in quanto ad ogni richiesta di incontro i vertici aziendali rispondono con il silenzio”. Insomma, un giudizio impietoso a 360°, a dispetto dei magnificat dell’Amministrazione, convinta di aver già compiuto una rivoluzione nel settore e di aver salvato dalla rovina l’azienda.