È stato attestato: le Università del Sud hanno subito un notevole calo degli iscritti. Reggio e Messina tra i primi posti a livello nazionale. La parola ai ragazzi
“Tra il 2011 e il 2015 l’università italiana ha perso nel suo complesso il 6,8% di immatricolati e la flessione si concentra quasi integralmente nel Mezzogiorno”. Ecco quanto attestato da Il Sole 24 Ore e trasmesso ieri anche da Strettoweb. Un dato allarmante per il Sud Italia, dove inevitabilmente si trovano le nostre Università, i nostri studenti, i nostri giovani.
Una “flessione” che è stata attestata, altresì, pochi giorni fa in occasione della conferenza stampa di presentazione della decima edizione del Salone dell’Orientamento, quest’anno presente in entrambe le sponde dello Stretto (solo a Reggio Calabria, si ricordi, l’Università Mediterranea ha avuto un calo degli iscritti del 40%; l’Università di Messina del -28,1%): Reggio e Messina, infatti, e finora con riscontrato successo, si impegnano nel coinvolgere i ragazzi, laureati, laureandi, matricole, in un percorso di informazione, formazione ed orientamento, affinchè possano scegliere al meglio il loro percorso di studi e di vita.
Particolare attenzione è stata rivolta anche ai “neet”, ossia a quelle persone non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione.
Una situazione di stallo, però, si attesta in riferimento a tutti questi giovani; alcuni di loro decidono comunque di rimanere, non potendo o non volendo andar via, altri si muovono nella direzione contraria.
“Gradisco i tentativi di orientamento e coinvolgimento messi in campo delle Università – afferma uno studente – ma la situazione rimane invariata: dopo la laurea rimaniamo fermi, costretti a trovare qualche lavoretto per andare avanti o ad emigrare per riuscire a realizzare i nostri sogni”.
È un percorso post-laurea quello che descrive lo studente in questione, uno studente che ha deciso di studiare qui, di rimanere, ma che comunque non trova altra alternativa che andare via per continuare a fare ciò che più gli piace.
Ma ancor prima di questo, subito dopo la scuola, sono ormai in pochi che decidono di rimanere e frequentare un percorso di studi al Sud, e lo fanno chi per problemi economici, chi per comodità, chi per ostinazione. Un’ “ostinazione” che contraddistingue parecchi di coloro che decidono di restare: “non posso andare via – attesta un’altra studentessa – se ce ne andiamo tutti, chi rimane qui? Non possiamo far morire la nostra terra”.
Un’ostinazione, come detto, che però risulta essere affiancata dalla placida attestazione delle esigue opportunità che vengono date ai talenti “nostrani”.
Fermo restando questo, cos’è che spinge i ragazzi a scegliere un’università del Nord? Le risposte sono tante e oggi più che mai ovvie: “libertà e possibilità di scelta; crescita personale; sbocchi lavorativi assicurati; più alta considerazione degli Atenei del Nord”. Tutto ciò influisce sulla scelta degli studenti, che molte volte spinti anche dalle famiglie, si apprestano a cambiare casa, terra, vita, per poi avere un futuro assicurato. Sogni o realtà..? qualcuno si può domandare, vedendo che altrettanto spesso quegli stessi che se ne erano andati, ritornano, dopo aver studiato e fatto sacrifici, in quella terra da cui sono “scappati”. E così facendo si apre un altro recente scenario, che attesta ancora di più i dati di cui parla Il Sole 24 Ore, ma aggiunge a questi un altro tassello.
“Ormai non si può più rimanere in Italia. Anche le università più prestigiose, al termine degli studi, ti indirizzano all’Estero”: questa un’altra testimonianza che fa riflettere sul come si, è vero, che gli Atenei del Nord sono più “frequentati” rispetto a quelli del Sud, ma anche vero che poi quella stessa formazione viene sfruttata da altri Paesi. E si ritorna nuovamente a parlare di “fuga di cervelli”, una problematica che attanaglia ancora una volta e con maggior risalto il Sud Italia, dove a detta di molti giovani laureati, e disoccupati, le risorse ci sono: “abbiamo l’arte, abbiamo la cultura, abbiamo bellezze paesaggistiche da fare invidia, abbiamo la storia, ma tutto questo non ci viene messo a disposizione”. E con “non ci viene messo a disposizione”, quest’ultima ragazza intende un ulteriore aspetto che emerge anche nelle statistiche nazionali, anzi rappresenta un fattore determinante nell’emigrazione giovanile: la sfiducia nelle istituzioni. Una sfiducia che riguarda un po’ tutti: diplomati laureati, neet, a cui si rivolgono anche diversi progetti, rimasti poi bloccati o incompiuti; una sfiducia ad ampio spettro, a livello nazionale, che spinge ancora di più i ragazzi a lasciare l’Italia.
Ed infine, come si diceva anche ieri sul nostro giornale, è giunta davvero l’ora di dire basta a questi continui “esodi”, e di trovare delle soluzioni concrete, che diano soprattutto fiducia ai giovani: fiducia nelle proprie possibilità, ma soprattutto nelle opportunità che vengono loro offerte, dopo anni di sacrifici o di impossibilità di ogni sorta. Che i giovani vengano rassicurati da ogni punto di vista, dallo studio, al lavoro, alle opportunità di vita che possono avere rimanendo a casa loro, dove si spera non debbano più restare “accontentandosi” di quello che c’è, ma soddisfatti di ciò che si sono riusciti a conquistare.