Messina, emergenza idrica: ma in che mani siamo? Dovrebbero gestire la crisi e non sanno neppure comporre un numero telefonico

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I vertici dell’Amam crocifiggono il sindaco di Calatabiano per partito preso. Dopo la replica, la partecipata tace. Ma fingere che non sia successo nulla è a dir poco vergognoso

Alle prime luci del mattino del 5 ottobre uno smottamento all’altezza di Letojanni interrompeva i collegamenti fra Messina e Catania, segnando l’ennesima emergenza in terra sicula. Fu proprio in quel contesto che dalle autorità regionali vennero le rassicurazioni del caso: l’utenza stia tranquilla, la cittadinanza stia serena, in 30 giorni l’impasse sarà rotta, il sindaco avrà il supporto delle istituzioni e i collegamenti torneranno ad essere funzionali. Come no. Siamo arrivati all’11 Novembre e di dati di fatto se ne sono visti ben pochi. In compenso utenti e cittadini, tutti insieme appassionatamente, hanno potuto assistere a un pietoso scaricabarile di natura olimpionica. Il Consorzio Autostrade Siciliane ha rivelato, nelle scorse ore tramite il presidente Rosario Faraci, che per quanto concerne la loro attività i lavori potrebbero iniziare anche domani, ma non avendo l’ente alcuna competenza a mettere in sicurezza il tratto, il personale si guarda bene dall’assumere simili oneri nell’attesa che la Protezione Civile indichi il da farsi. E così tutto resta come prima.

Foto Andrea Di Grazia/LaPresse

Questo antefatto è utile per capire quanto la situazione di Calatabiano stia diventando tremendamente seria, al netto della calma predicata da Roma a Palermo: in Italia, nel cuore dell’Europa mediterranea, c’è una città da 250mila abitanti cui manca l’acqua da 19 giorni. E’ allora indispensabile ricostruire la pantomima di ieri alla luce di una lettura più ampia dei fatti.

Nella prima mattinata di martedì si è diffuso un rumor, un’indiscrezione: il sindaco di Calatabiano avrebbe arrestato i lavori concordati dalla Protezione Civile e dal commissario all’emergenza. Giuseppe Intelisano, secondo le voci raccolte dal Comune etneo, avrebbe firmato un’ordinanza restrittiva: in assenza del Piano di Sicurezza, la Giunta del paese interessato dallo smottamento si è detta indisponibile a cedere il passo innanzi al pressapochismo dell’Amam.

Foto Andrea Di Grazia/LaPresse

Fosse rimasta una storiella circoscritta, smentita dopo poche ore, non sarebbe accaduto nulla di grave. Invece le conferme indirette arrivano proprio dai vertici della partecipata messinese, dove il presidente – Leonardo Termini – più arrabbiato che allibito, tuona contro il primo cittadino del catanese e rileva l’assurdità del caso: c’è un progetto del Governo che viene arrestato per l’opposizione preconcetta di un sindaco, in barba alle esigenze di uno stato d’emergenza riconosciuto direttamente dal Consiglio dei Ministri. Una situazione scandalosa di cui l’Amam non può considerarsi responsabile. Naturalmente Termini dribbla le accuse: sul perché il Piano di Sicurezza non ci fosse, sul perché in loco – a difendere l’onorabilità aziendale – non fossero presenti i vertici della società, su tutti questi rilievi Termini non dice nulla. Indica il colpevole, lo prende di mira e lo addita al pubblico ludibrio.

Passano poche ore e il sindaco di Calatabiano replica per le rime: contro di me, spiega Intelisano, è in atto una campagna barbarica. Il primo cittadino rivela di non aver firmato alcuna ordinanza, anzi, di non aver proprio bloccato i lavori: sarebbero stati gli agenti della Forestale a chiedere al personale Amam la documentazione opportuna e, in assenza di riscontri, ne sarebbe nata una discussione circoscritta, non tale comunque da arrestare gli interventi considerati indispensabili. Da qui l’intimazione: o Termini ritratta quanto detto a mezzo stampa o la faccenda finisce in Tribunale.

A questo punto si interrompono le comunicazioni: l’Amam non rilascia alcuna dichiarazione, il sindaco etneo – ovviamente offeso – non ritiene di dover aggiungere altro. Interviene, a margine, il commissario delegato Calogero Foti. Questi spiega, con una scrollatina di spalle, che i lavori sono iniziati e il cronoprogramma è stato rispettato puntualmente: il sindaco di Calatabiano, dunque, non si è minimamente opposto all’esecuzione degli stessi e la polemica non ha ragione d’esistere.

La confusione regna sovrana, ma nelle fasi concitate nessuno si è interrogato su un aspetto. Come mai Termini ha preso un granchio così assurdo? Una domanda che riguarda l’opinione pubblica perché mette in mostra come la famosa “sinergia istituzionale” per superare la crisi idrica sia in realtà uno specchietto per le allodole, un mito da sfatare, venduto tanto al chilo con estrema noncuranza.

Usiamo per un attimo l’immaginazione: i lavori a Calatabiano iniziano in mattinata e, inspiegabilmente, il presidente dell’Amam ritiene che la sua presenza a Messina sia più utile. Valutazione discutibile? Forse, ma non perdiamo il punto. Qualcuno entra nel suo studio, lo contatta telefonicamente o gli manda un segnale di fumo: gli viene detto che c’è un problema alle pendici dell’Etna, che quella gran “camorria” d’Intelisano ha bloccato i lavori. Ragion vuole che il presidente dell’Amam prenda il cellulare o un maledetto telefono fisso, componga il numero e chieda spiegazioni. Questo invece non avviene, altrimenti il cortocircuito comunicativo sarebbe rientrato in men che non si dica, attestata l’infondatezza dell’indiscrezione. Termini, in compenso, sollecitato da abili colleghi, tuona contro il sindaco zelante, lo accusa implicitamente di ostruzionismo strumentale e lancia strali a destra e manca. Parla, cioè, senza aver contezza dei fatti, come potrebbe fare l’uomo della strada o il cittadino in fila alle poste.

E’ normale tutto questo? In che mani è l’Azienda Meridionale Acque Messina? In che mani sono i contribuenti assetati da 19 giorni? Il sindaco Accorinti non sente l’esigenza di far chiarezza? E cos’altro aspetta la magistratura prima di appurare le responsabilità penali legate all’interruzione di pubblico servizio?

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