“Montjoie! Saint-Denis!”: la Francia chiama alle armi

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Continuano i raid aerei francesi sui cieli siriani per colpire i bastioni dell’Isis: ma alla Francia non basta. Hollande chiama a raccolta tutta l’Europa

Si può dire che i recenti fatti di Parigi abbiano stravolto la situazione politica non solo europea, ma mondiale, dal momento che, negli ultimi incontri del G20, François Hollande ha espresso il desiderio di voler coinvolgere anche Russia e USA nella guerra contro l‘Isis. Appellandosi al paragrafo 7 del 42esimo articolo della sezione 2° del Trattato di Lisbona, che recita “Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”, Hollande ha fortemente chiamato in causa tutti gli Stati europei. Potrebbe essere curioso e comico immaginare il Presidente francese come un qualunque Re francese del XVI secolo, al cui grido  “Montjoie! Saint-Denis!” gli eserciti irrompevano dalle righe dirigendosi a spada tratta contro il nemico. Ma non sarà questa l’occasione in cui mostrare i denti.

L’attacco a Parigi, in cui sono stati colpiti cittadini di quindici paesi diversi non si configura esclusivamente come un attacco alla Francia, ma a tutto il mondo esterno ed estraneo alla causa dell’Isis. Tuttavia, di qualche giorno fa è la notizia (non si sa se veritiera o meno) che vorrebbe far dire alla senatrice Hillary Clinton che l’Isis sia una creazione statunitense, sfuggitagli di mano. Stando così o no le cose, la questione focale riguarda non solo il condizionamento che obbliga le nazioni facenti parte della NATO a scendere in guerra a fianco della Francia, ma le future implicazioni che potrebbero sorgere dall’entrata in guerra nello stesso schieramento di Stati Uniti e Russia. Al momento, Putin si mantiene cauto, anche se ha più volte espresso il carattere di forza che ha in programma di esprimere contro l’Isis, poiché, riguardo una possibile discesa in campo a fianco della Francia, ha dichiarato: “avevamo offerto la nostra cooperazione nella coalizione anti-Isis, ma sfortunatamente all’inizio i nostri partner americani hanno rifiutato. Ma la vita va avanti, e rapidamente, e spesso ci dà delle lezioni”. Nel suo messaggio pur criptico, Putin non lascia spazio a fraintendimenti nella prospettiva delle sue azioni future.

LaPresse/Reuters

Ciò che può emergere da questo quadro è che va sicuramente portato all’attenzione, è questa possibile, anche se vaga al momento, prospettiva di vedere Russia e Stati Uniti coalizzati contro un nemico riconosciuto come “comune”. Chi ricorda le vicende delicatissime, sottese e mai manifeste della Guerra Fredda, sicuramente guarderà con sorpresa a questa possibilità. Nella storia contemporanea, i due giganti Paesi hanno rappresentato e incarnato differenti modi vivendi et cogitandi: essi sono spesso stati contrapposti sotto tutti i punti di vista. Ci chiediamo cosa potrebbe significare, anche da un punto di vista concettuale, l’eventuale accostamento fra i due nell’annunciata guerra contro il nemico nero, l’Isis: a contrapporsi saranno adesso la maniera occidentale (in senso largo) e quella orientale (in senso anticamente nuovo)? Quella che è appena principiata è una guerra di ideologie? Una guerra ai modi di intendere la vita politica e sociale? O forse una guerra al modo di intendere l’economia e i meccanismi propri che governano i mercati?

Quanto suona amara adesso quella sarcastica battuta di una serie tv animata in voga tra i giovani e i meno giovani, che tanti di noi ha tenuto incollati alla televisione per il suo carattere irriverente: “non importa se sei nero o bianco. L’unico colore che conta davvero è il verde”. Lungi da noi l’idea di affermare che solo il vile denaro spinga gli uomini ad indossare le armi in questo preciso momento storico dell’era contemporanea: ci pare solo triste che idee, anche valide, siano travestite da orripilanti ideologie, per le quali (dove “per” ha sia carattere di mezzo che di causa) si scenda armati contro chi utilizza questi concetti come lenzuolo per proteggere vetusti mobili dalla polvere. Così, ci piace concludere con un’affermazione del saggio Woody Allen, la cui ironia fornisce sempre una risposta esaustiva a tutto: “il denaro è meglio della povertà, anche se solo per motivi finanziari”.

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