Reggio, domani riapre il Castello Aragonese: storia e curiosità di un simbolo cittadino [FOTO]

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Domani, la riapertura del Castello Aragonese. Dopo anni, infatti, i visitatori potranno ritornare a calpestare i locali dell’antica fortezza cittadina, soggetta, nei secoli, a diversi interventi di restauro e a demolizioni

È’ considerato uno dei luoghi “simbolo” della città di Reggio Calabria: il Castello Aragonese, sito nel “cuore” della città, ha una storia tutta da essere ricordata e raccontata, una storia a cui ci sarà presto da aggiungere un tassello. Domani, 8 novembre 2015, infatti, come trasmesso qualche giorno fa dall’assessore comunale alla Cultura, Patrizia Nardi, le porte del Castello riapriranno al pubblico dopo anni di chiusura dovuta a lavori di ristrutturazione: proprio per tale ragione, ricordiamo la storia, di cui parlano libri, testimonianze, del “maniero” di Reggio fin da tempi antichi, strumento di difesa ancora prima di essere pensato come Castello vero e proprio.

LA STORIA – In epoca bizantina, tra il IX e il XI secolo sulla collina dove adesso è edificato, oggi molto meno visibile, si creò un vero e proprio centro fortificato (kastron), derivante dall’ampliamento del nucleo difensivo bizantino già esistente.

Più avanti, sotto il dominio dei Normanni, venne costruita una torre fortezza appoggiata alle mura della città; la motivazione era principalmente sempre di carattere difensivo. Il Castello vero e proprio, invece, si fa risalire all’età sveva, considerato che la sua struttura richiama l’architettura militare dell’epoca. Purtroppo, non esiste alcuna traccia che documenti come era in origine e quando fu costruito; si crede, come stiamo ricostruendo, che venne ampliato e restaurato dai vari sovrani che si susseguirono in città.

Uno di questi restauri risale alla metà del ‘300, sotto il regno di Giovanna I; nel 1458-59, poi, Ferdinando d’Aragona fece fortificare diversi punti del regno, ed aggiunse al Castello le due torri merlate ancora oggi esistenti.

La funzione difensiva del Castello Aragonese si faceva sempre più evidente: si facilitava il lancio di pietre sui nemici, si mettevano a riparo le sue mura tramite ingegni e “aggiustamenti” strategici: il basamento a scarpa, per esempio, garantiva il rimbalzo delle pietre, mentre la cornice a profilo arrotondato impediva la risalita di invasori.

Altri restauri si susseguirono nel corso del XVI e del XVII secolo, anni in cui si ricordano le incursioni dei Saraceni. Ma una tremenda minaccia per Reggio furono senza dubbio i Turchi: nel Castello, che poteva contenere circa mille persone, vi si rifugiavano i reggini. L’ampliamento della struttura si deve al vicerè di Toledo, don Pietro. Nel 1543 il Castello fu espugnato dai Turchi, che fecero prigionieri i suoi difensori e molti cittadini.

Durante la guerra tra Spagna e Francia, Reggio Calabria fu dichiarata piazza d’armi, così al Castello si aggiunsero nuove opere esterne. Da qui in avanti i lavori di restauro subirono una battuta d’arresto, fino al 1712, quando Carlo III di Borbone adattò l’interno a caserma e ripristinò il fossato. Proprio sotto Carlo III, la città conobbe un lungo periodo di pace.

Negli anni seguenti, dopo il terremoto del 1783, sempre più in linea con le idee francesi, il Castello venne adibito a carcere. Molti furono gli indiziati incarcerati a seguito dell’uccisione del generale Pinelli, governatore militare e civile della piazza di Reggio. Con il sopraggiungere della proclamazione della Repubblica, la città di Reggio, e quindi anche il Castello, rimase obbediente al governo monarchico. Nel 1806, dopo la sconfitta di S.Eufemia, i francesi, battuti dagli inglesi, tentarono in tutti i modi di scappare dalle popolazioni insorte contro di loro; si rifugiarono per ben due volte all’interno del Castello Aragonese, cacciati, l’ultima volta, dagli stessi inglesi.

All’interno delle possenti mura del Castello vi si rifugiò, nel 1847, anche il Principe generale Jaci. Dopo il 1848, continuarono i lavori: uno degli interventi si rifà all’edificazione di una caserma per 500 uomini.

21 agosto 1860: questa data viene ricordata come il giorno in cui i garibaldini espugnarono il Castello. Rimasto in piedi dopo due terremoti, quello del 1783 e del 1908, il Castello subì, però, dei seri danneggiamenti: la parte vecchia fu in seguito demolita per consentire l’apertura alla via Aschenez.

All’interno del Castello Aragonese, a partire dal primo dopoguerra fino al 1986, vi era l’Osservatorio Nazionale di Geofisica, dotato di un centro sismico e di uno meteorologico.

Poi, la chiusura per diversi lavori di restauro. E la storia arriva ai giorni nostri.

CURIOSITA’:

-Specialmente sotto la minaccia dei Turchi, le mura del Castello Aragonese dovettero essere fortificate come meglio si poteva. Le grosse torri erano necessarie all’utilizzo delle nuove artiglierie con polvere da sparo. Per la costruzione di nuove torri, e per le mura di raccordo vennero usate tecniche innovative: si realizzò la struttura inglobando nella muratura crini di cavallo per renderla più leggera ed elastica.

– Durante la demolizione delle torri settentrionali, si ritrovarono delle monete, poi disperse. Molti bronzi rinvenuti risalirebbero all’epoca agatoclea, alla fine del IV sec. A.C.. Tali esemplari, ritrovati anche nella fortezza di San Niceto in comune di Motta San Giovanni, pongono agli esperti degli interrogativi sull’epoca più antica della fortezza.

– Un principe di stirpe regale, il Conte Enrico di Canosa, fu fatto prigioniero nel Castello all’epoca della dominazione normanna; venne, poi, liberato per una sommossa del popolo messinese.

Giovanna I decise di fortificare il Castello e le mura della città di Reggio per i suoi intrighi: i suoi amori scatenarono le vendette di Luigi, re d’Ungheria, e di Carlo di Durazzo della Pace, rimasto deluso dalla regina.

– L’uffiziale Diego Spanò fu creduto autore dell’omicidio del generale Pinelli: per questo, dopo un tentativo di fuga nelle acque dello Stretto, fu catturato e rinchiuso in un sotterraneo del Castello, legato alla gola con un collare di ferro. Solo dopo si scoprì il vero assassino e furono liberati gli altri detenuti: ad uccidere il generale Pinelli fu Francesco Trapani, che confessò il suo reato.

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