Messina, l’ultimo show di Accorinti: così il sindaco vuole forzare le regole per mascherare il default

StrettoWeb

Il primo cittadino è andato in pressing sugli organi di controllo, chiedendo ai revisori indulgenza nei confronti del bilancio di previsione approvato dalla Giunta. Se l’atto non dovesse passare entro il 30 aprile, il Governo nazionale taglierebbe 70 milioni stanziati per lo Stretto, innescando un effetto domino che porterebbe inevitabilmente al dissesto. Accorinti, dopo tre rimpasti, punta ancora l’indice contro chi ha creato il buco nei conti del Palazzo. L’autocritica è solo di facciata

Foto Carmelo Imbesi – LaPresse

La situazione è grave, ma non è seria. Si potrebbe utilizzare una vecchia battuta a effetto per descrivere il caos regnante a Palazzo Zanca. Sabato sera, alle 23.30, l’Amministrazione comunale ha inviato una nota alle redazioni, anticipando la convocazione di una conferenza urgente per domenica mattina, l’occasione utile per fare chiarezza in merito all’emergenza finanziaria in cui versa l’Ente sull’orlo del dissesto. A presenziare nella sala Falcone Borsellino c’erano gli alti papaveri del governo cittadino, dal sindaco all’ultimo arrivato, Luca Eller Vainicher.

Quali novità volevano portare all’attenzione della cittadinanza? Sostanzialmente nessuna. Messina deve ancora decidere come saranno spese le risorse del 2015 (sic) e lo schema di bilancio abbozzato dalla Giunta ha alcune criticità irrisolte. Il tempo utile per apportare correttivi è scaduto: la città dello Stretto è fanalino di coda su scala nazionale e sta andando incontro, come un agile maratoneta, alla fine inevitabile della corsa, al default tecnico.

Per ovviare questo rischio, per rompere lo stallo e consentire al Comune di pagare stipendi e servizi (i creditori possono aspettare), la Giunta ha sollecitato l’oculatezza dei revisori di Palazzo Zanca, affinché comprendano le difficoltà del caso. Accorinti vuole una mezza forzatura delle regole e chiede a un organo tecnico di garanzia di compiere un ragionamento politico su basi fiduciarie per salvare la città. Questo è il punto effettivo dei lavori.

In mezzo tante chiacchiere, tanta propaganda: le responsabilità dei precedenti amministratori, gli sforzi profusi dalla Giunta, il cambiamento avviato dal nuovo corso. Materiale già buono per la campagna elettorale, se è vero com’è vero che candidandosi al ruolo di sindaco Accorinti era perfettamente a conoscenza della fragilità economica dell’ente, della “Hiroshima finanziaria“, come la ribattezzò lui stesso, che avrebbe dovuto gestire. Se dopo tre anni siamo ancora ai toni apocalittici, alle adunate emergenziali, alla chiamata alle armi degli organi di controllo, vuol dire che molto poco è stato fatto, che quella trasparenza ricercata si è smarrita nel passaggio dalla piazza al Palazzo.

Qui l’unico cambiamento dal basso registrato con una certa frequenza è stato quello dettato dal Cencelli,  un valzer di poltrone e di rimpasti degno dei più traballanti monocolori della Prima Repubblica. Che dire del ridimensionamento di Guido Signorino, accettato senza colpo ferire, quasi che il regista occulto di questa Amministrazione – il deus-ex-machina, lo Scorsese che gestiva le risorse della città – potesse diventare d’improvviso il Jerry Calà della promozione turistica, l’addetto al dialogo con gli esercenti e con le forze sindacali?

Le opposizioni hanno ovviamente tirato fuori le munizioni più grosse, sparando ad alzo zero contro “la filastrocca di buone intenzioni” (Grande Sud) e le politiche “fallimentari e dannose per la città” (Udc, Ncd). Accuse che la Giunta ha rispedito al mittente facendo spallucce. “Per andare a cercare il pelo nell’uovo si rischia di mandare a disastro la città. Qui sta saltando tutto. Servizi, pagamenti, investimenti, finanziamenti, lavoro. Siamo dei masochisti? Io ve lo dico: non capisco! E non ho paura, né che mi sparino, né della mafia, neanche quella dei colletti bianchi. Non facciamo sceneggiate napoletane. Il lavoro è chiaro e trasparente. Se il bilancio fa il suo percorso, si rimette in moto l’economia” ha affermato Eller Vainicher nel disperato tentativo di mischiare le carte.

Dario Zaccone, che si era già dimesso in passato visto l’atteggiamento tenuto dalla Giunta e che era tornato sui suoi passi – alla guida del Collegio dei revisori – in virtù della sostituzione di Signorino, ha già fatto sapere che le forme di pressione non inficeranno le serene valutazioni del suo team. Una nota dettata dal buon senso, a dispetto dell’ultimatum del primo cittadino: “La colpa del ritardo è nostra ma d’ora in avanti non avremo ulteriori responsabilità”, ha sottolineato Accorinti evidenziando come, superata la deadline del 30 aprile, Messina potrà rinunciare ai 70 milioni elargiti dal Governo a garanzia dei servizi offerti dal Comune.

Condividi