Il cortometraggio “Timballo”, diretto da Maurizio Forcella, è stato girato in queste settimane a Campli, in Abruzzo. Tanti gli attori coinvolti, tra cui la messinese Mariagrazia Cucinotta che, all’interno del corto, interpreta per la prima volta se stessa. Vi presentiamo la nostra intervista al regista
Si sono tenute a Campli, in provincia di Teramo, e nello showroom delle cucine Aran a Silvi, le riprese del cortometraggio ‘Timballo’, diretto da Maurizio Forcella. Prodotto da Officina Azzurra, Associazione Itaca, con la partecipazione di Bro Company e il patrocinio del Comune di Campli. Protagonista, per la prima volta nei panni di se stessa, l’attrice messinese Mariagrazia Cucinotta. “Timballo” racconta la storia di un gruppo di migranti che, improvvisandosi cuochi, riescono a risollevare le sorti di un ristorante in rovina reinventando, a modo loro, un piatto tipico della tradizione teramana: il timballo.
Abbiamo rivolto qualche domanda al regista, Maurizio Forcella, il quale, oltre a raccontarci la particolare storia della nascita del cortometraggio, ci ha condotto verso nuove strade del cinema e ci ha fatto scoprire come spesso questo diventa una grande funzione sociale se associato a grandi temi di attualità, come, ad esempio, l’integrazione e l’accoglienza nei confronti dell'”Altro“.
Da dove nasce l’idea di “Timballo”?
“Timballo nasce dopo una chiacchierata con lo sceneggiatore Pietro Albino Di Pasquale. Mentre si parlava di cinema, di integrazione e di amici lontano Pietro, guardando l’ora, mi ha detto: “Mi è venuta fame”“.
Com’è nata la decisione di dedicare la sua opera ad un piatto culinario, e perché proprio il Timballo abruzzese?
“Il cibo è cultura e in quanto tale può essere un eccezionale strumento di integrazione. Io sono estremamente legato all’Abruzzo, dopo anni di sacrifici e di progettazioni artistiche lontano, ho scelto di tornare dove sono nato. Il timballo è un piatto affascinante, mi viene da dire un opera d’arte composta, un piatto unico“.
La scelta della città di Campli come location del corto è stata dettata da qualche motivo particolare? Qual è stata la reazione degli abitanti?
“Abbiamo scelto Campli perché l’associazione Itaca, coproduttore del progetto, ha un rapporto di collaborazione con il comune stesso. Inoltre Campli è una cittadina affascinante, con un patrimonio artistico davvero importante. Gli abitanti sono stati piuttosto distanti, la macchina cinematografica è capace di incutere un certo timore reverenziale, questo spesso non aiuta nei rapporti con la gente. Abbiamo comunque incontrato tante persone disponibili che ci hanno sostenuto con le proprie attività professionali. Voglio ricordare anche che l’amministrazione è stata ben contenta di accogliere la nostra iniziativa supportandola con molto interesse e dedizione“.
La collaborazione con l’attrice Mariagrazia Cucinotta è nata in corso d’opera o aveva già pensato a lei durante la scrittura?
“La collaborazione con Mariagrazia nasce in corso d’opera. Avevamo bisogno di una personalità forte, di un’attrice conosciuta in tutto il mondo e con la produzione ci è venuto in mente il suo nome. Lei è una donna estremamente sensibile, sempre in prima linea a favore di battaglie sociali e umane. Abbiamo pensato fosse il volto giusto per raccontare una storia fatta di integrazione e di solidarietà“.
La figura dei migranti all’interno del corto è servita ad abbattere i pregiudizi? Ha portato un valore aggiunto all’opera?
“Non so se un lavoro di circa venti minuti sia capace di abbattere pregiudizi così ben radicati nella nostra società, certamente opere di questo tipo aiutano a far riflettere chiunque. Per quanto riguarda il valore aggiunto credo che sia indiscutibile, il cinema è un opera corale, un grosso ingranaggio che ha bisogno anche della più piccola vite per poter girare. Se parte di questo automatismo è lubrificato da esperienze di uomini che hanno dovuto abbandonare tutto per poter ricominciare a vivere, allora non si fa più semplicemente “CINEMA” ma ci si incanala in un’esperienza forte e indimenticabile“.
Esiste qualche assonanza tra “Come fosse per sempre” (di Maurizio Forcella) e “Timballo”?
“Entrambi i progetti sono stati girati in Abruzzo. Come fosse per sempre è una storia estremamente personale, mentre in Timballo abbiamo provato a raccontare il macro mondo attraverso la quotidianità di un piccolo paese. Credo che in entrambi i lavori sia evidente l’amore che nutro nei confronti della mia terra“.
Dove sarà possibile vedere il cortometraggio?
“Con la produzione stiamo già individuando dei probabili distributori, sia italiani che internazionali. Una volta ultimato il lavoro di post-produzione insieme a loro capiremo su quali festival puntare“.
Qual è il messaggio finale che vuole inviare attraverso il cortometraggio?
“Questo è un progetto a cui sono particolarmente legato. L’integrazione e dell’accoglienza sono due temi a me molto cari, già nel 2011 ho realizzato “Stranieri sono gli altri” un breve spot sociale a favore di tutte quelle persone che ogni giorno si mettono in mare per raggiungere terre più sicure. L’essere umano si contraddistingue dall’animale per poche ragioni, una di queste è la capacità di amare l’altro volendo il suo bene e cercando di realizzarlo. Forse questo non dovremmo mai dimenticarlo“.