È stato presentato ieri, nel corso di un incontro al Palacultura di Messina, il nuovo volume di Giuseppe Giaimi “Il secondo flagello di Messina” che ripercorre le principali catastrofi avvenute in città nel corso dei secoli
Un interessante incontro si è svolto ieri al Palacultura di Messina, durante il quale è stato presentato il nuovo volume di Giuseppe Giaimi, “Il secondo flagello di Messina”. Moderata dal giornalista Marcello Mento, la presentazione ha visto l’intervento di professionisti quali il prof. Giuseppe Restifo, la prof.ssa Elina Gugliuzzo e il dott. Giovanni Molonia. Un volume che secondo i presenti dovrebbe diventare un manuale da seguire e consultare per non rischiare di trovarci nuovamente in situazioni di pericolo. La nuova opera di Giaimi, edita da Nicolò Edizioni, tratta infatti di scenari catastrofici di cui Messina, nel corso degli anni, è stata principale spettatrice: alluvioni, terremoti, territori dissestati. Situazioni che hanno messo a serio rischio gli abitanti, ma per le quali non sono state mai prese serie e durature precauzioni. Messina è tra le città più a rischio, sia per la sua posizione geografica, sia per il territorio che la circonda, ma nonostante la consapevolezza, si sono sempre costruite case, edifici vicino i margini dei torrenti. È da qui che prendono vita le catastrofi.
Il volume di Giaimi racconta, attraverso 4 importanti capitoli, le principali tappe della storia di Messina, in riferimento alle sue caratteristiche fisiche, al regime pluviometrico, ai mutamenti urbanistici dell’ultimo secolo, per poi proseguire con la ricerca delle principali alluvioni avvenute in città tra il XVIII e il XXI secolo che raggiungono quota 61. La costante delle alluvioni nella città dello Stretto è ormai sapere comune, le zone più colpite da sempre sono, di fatti, Galati, Giampilieri e Tremestieri. Nonostante le evidenti difficoltà e la consapevolezza di abitare in un territorio ad alto rischio alluvioni, nel corso degli anni è stato fatto ben poco: Messina è una città costruita sui torrenti, molti dei quali ancora oggi vengono viste come vere e proprie discariche a cielo aperto che rendono la vita dei cittadini difficoltosa ma, soprattutto pericolosa per la loro incolumità.