La figura dello psicologo nel mondo dello sport: intervista al Dottor Marco Italiano

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Marco ItalianoLa figura dello psicologo è sempre più diffusa nel mondo dello Sport e gli esempi a tal proposito, anche recenti, sono tanti. Per questo motivo abbiamo deciso di saperne di più, intervistando il Dottor Marco Italiano, specialista nel settore, che ci ha fornito dei ragguagli molto importanti al riguardo. Marco Italiano, 32 anni, è nato a Milazzo ed è laureato in psicologia. Ha dalla sua anche un master in psicologia dello sport e numerose specializzazioni nel mental training. Attualmente lavora nel sociale ed è il responsabile del coordinamento di varie strutture residenziali per pazienti disabili.

Cosa può dirci della sua esperienza professionale maturata in questo specifico ambito? “Ho avuto la fortuna ed il privilegio di svolgere una collaborazione molto importante con la Reggina dal 2012 al 2014. In questo mio cammino è stato fondamentale Nicola Amoruso, a quel tempo responsabile del settore giovanile, che mi ha espressamente voluto al suo fianco. Amoruso è un dirigente sportivo all’avanguardia, una figura di spicco anche dal punto di vista umano, cosa non certo comune in un mondo, come quello del calcio, in cui spesso determinati valori vengono meno a favore di aspetti di carattere più materialista. Gli sono molto grato per la possibilità concessami. Nel mio primo anno a Reggio sono stato a fianco della Primavera guidata da Mister Antonio Venuto, che quell’anno svolse un lavoro straordinario, portando la Reggina a classificarsi settima nel campionato nazionale di categoria, firmando uno dei risultati più importanti di sempre nella storia del club amaranto. Questo dato, se possibile, testimonia ulteriormente la bravura che ha contraddistinto Venuto, un tecnico molto preparato che ha sempre fatto parlare i risultati anziché gli sponsor, cosa che al giorno d’oggi, con le crisi finanziarie in essere, non è sempre di aiuto. Venuto meriterebbe palcoscenici assai importanti, ricordo che si tratta di un allenatore molto abile, che ha conseguito anche il Master a Coverciano per allenare in Serie A e B e che in carriera ha sempre abbinato professionalità, correttezza, preparazione teorica e praticità sul campo. A dimostrarlo l’abilità messa in mostra in ogni categoria in cui ha adoperato, con risultati che gli hanno consentito di conquistarsi il mondo dei professionisti in maniera totalmente autonoma. Venuto farebbe bene in qualunque società, dato il suo alto spessore morale e tecnico. Anche al secondo anno abbiamo fatto cose egregie. Ricordo con grande soddisfazione il Corso di Psicologia dello Sport organizzato al centro sportivo Sant’Agata, in cui ho svolto la funzione di relatore. Un progetto fortemente voluto dal Presidente Lillo Foti, il quale si è sempre distinto per la sensibilità dimostrata nei confronti del settore giovanile, e nato con il contributo fondamentale di Gaetano Gebbia, responsabile dell’Accademia Amaranto e scopritore, tra l’altro, di Manu Ginobili. Foti credo sia una figura cui la città di Reggio Calabria deve molto, parliamo di un Presidente capace di fare la storia del calcio reggino. Tornando a prima, il corso ha visto la partecipazione di illustri personaggi del mondo dello sport ed ha goduto anche della benedizione di Andrea Abodi. Dei miei anni vissuti a stretto contatto con l’ambiente reggino, mi preme ricordare il sostegno ricevuto dalla Signora Fazzari, sempre molto attenta alle dinamiche della foresteria ed ai percorsi scolastici dei ragazzi del settore giovanile di Reggio. Cito con piacere anche mister Condemi, Bepi Pillon, Roberto Cevoli, Emilio Belmonte ed Angelo Gregucci “.

Con sempre maggior frequenza, ormai, le società sportive e gli stessi atleti sono soliti appoggiarsi ad uno psicologo: “E’ vero, al giorno d’oggi la pratica dello psicologo nel mondo del calcio e assai diffusa. Non tutti, però, sono a conoscenza del fatto che il primo ad immettere una figura del genere in ambito calcistico fu Arrigo Sacchi che, nel 1994, si avvalse dell’aiuto di uno psicologo mentre guidava la Nazionale italiana. Da lì in poi stata una lenta ma costante escalation, fino ad arrivare ai tempi attuali, dove l’utilizzo di uno psicologo è ammesso un po’ da tutti, mentre un tempo rappresentava una sorta di tabù. Credo che tutto ciò testimoni la bontà e l’importanza del lavoro che io ed i miei colleghi applichiamo con grande rigore “.

Torniamo a lei. Dopo l’esperienza alla Reggina non ha più lavorato con altre società: “Devo essere sincero, a seguito di quel proficuo periodo di collaborazione ho ricevuto offerte importanti da qualche società professionistica. Ho però scelto di declinare, per motivi familiari, logistici e personali. Il fatto che io sia stato contattato è l’ennesima dimostrazione di come la figura dello psicologo dello sport sia molto attenzionata e diffusa“.

Cosa l’ha indotta a scegliere questo tipo di percorso professionale?: “Prima di svolgere questa professione, tra le altre cose, ho fatto l’istruttore nei settori giovanili calcistici della mia zona. A quel punto, dopo qualche anno, ho deciso di conferire un indirizzo più specializzato al mio percorso, considerato anche l’indirizzo di studi da me scelto. Ho riflettuto sul calcio di oggi, su quanto stress esso produca e sulle pressioni con cui gli atleti devono quotidianamente avere a che fare. Il mio credo professionale è basato su un lavoro motivazionale e gestionale del singolo e del gruppo“.

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