‘Ndrangheta: Alvaro Giuseppe era tra i latitanti più longevi della Piana di Gioia Tauro
– delitto di cui agli artt. 110, 648 bis, aggravato dall’art. 7 della Legge 203/91 perché, in concorso con altri soggetti, procedeva all’acquisizione di denaro estero, prevalentemente del tipo dinaro Croati, won Coreani e dollari Coreani di provenienza illecita, ovvero al trasferimento di tale valuta, compiendo operazioni finanziarie, quali transazioni o versamenti, finalizzate ad ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa, il tutto al fine di agevolare la cosca ALVARO;
– delitto di cui agli artt. 81, 1 comma, 110 c.p., 10, 12 e 14 della Legge 497/74 e art. 7 della Legge 203/91, per avere, in concorso con SCHIMIZZI Paolo (nel frattempo scomparso), nell’ambito di un medesimo contesto temporale di azione, detenuto e portato in luogo pubblico una pistola calibro 6.65 con relativo munizionamento e due ordigni esplosivi che ALVARO Giuseppe, ALVARO Nicola cl. 1986, ALVARO Nicola cl. 1982 e CARUSO Rocco cedevano allo SCHIMIZZI ed al BORRUTO, esponenti della ‘ndrina denominata TEGANO di Archi, frazione di Reggio Calabria;
– delitto di cui agli artt. 110 c.p., e 23, commi 1, 3 e 4 della Legge 110/1975, per avere, in concorso con altri soggetti, detenuto e portato in luogo pubblico la pistola sopra indicata da considerarsi clandestina perché recante la matricola abrasa.
Il ricercato è stato catturato all’esito di prolungati servizi di osservazione svolti in un’ampia zona rurale. Al momento dell’irruzione eseguita in un frantoio, l’ALVARO ha tentato la fuga lanciandosi da una finestra, ma poco dopo è stato raggiunto dal personale operante che lo ha bloccato ed ammanettato. Dopo le rocambolesche fasi della cattura, l’arrestato è stato trasportato presso l’ospedale di Vibo Valentia per essere sottoposto ad intervento chirurgico, poiché, cercando la fuga dal frantoio, ha riportato la frattura scomposta della caviglia. Il provvedimento restrittivo sopra indicato compendia i risultati acquisiti durante l’attività investigativa che aveva svolto la Squadra Mobile di Reggio Calabria per la cattura di ALVARO Carmine cl. 1953 (padre dell’odierno arrestato), rimasto latitante dal 9 giugno 2003 al 18 luglio 2005, condannato dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 18.11.2002, per associazione mafiosa, quale promotore, organizzatore e capo dell’omonima famiglia mafiosa. In tale contesto era emerso un ruolo di assoluto rilievo dell’ALVARO Giuseppe nell’organigramma della cosca. I vari accoliti, infatti, non esitavano ad eseguire puntualmente ed immediatamente le direttive da lui impartite anche, perché, probabilmente, ne riconoscevano il ruolo di portavoce del padre boss. Gli incontri con il padre, dunque, non erano semplici incontri tra padre e figlio, ma vere e proprie riunioni per stabilire le attività illecite della cosca e per ricevere le direttive del boss latitante.
L’ALVARO Giuseppe era ricercato sin dall’inizio della propria latitanza, allorché riusciva a sottrarsi alla cattura insieme al cugino ALVARO Paolo, nato a Sinopoli il 05.06.1965, catturato in data 20.11.2015 a Melicuccà (RC) da militari dell’Arma dei Carabinieri. Egli annovera diversi precedenti penali e di polizia per associazione mafiosa, ricettazione, furto, rapina, truffa, riciclaggio, violazioni della legge sulle armi, favoreggiamento personale e procurata inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità. In relazione all’Ordinanza di custodia cautelare in carcere per la quale l’Alvaro risultava ricercato, in data 07.04.2010 il predetto è stato condannato, all’esito del rito abbreviato, alla pena di otto anni di reclusione ed euro 8.000 di multa dal GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria. La sentenza di condanna è stata confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria in data 20.04.2010.