Reggio Calabria, alta tensione con i migranti nel silenzio delle istituzioni: dov’è finita l’accoglienza?

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Lunedì si è tenuta a Reggio Calabria una protesta pacifica da parte dei migranti ospitati al centro d’accoglienza di Archi. Tantissime polemiche ma nessuna soluzione da parte delle istituzioni

Lunedì 18 luglio il quartiere di Archi di Reggio Calabria ha vissuto qualche ora di tensione fuori dalla struttura adibita come centro d’accoglienza temporaneo per minori. Forze dell’ordine, stampa, curiosi, attivisti, non mancava nessuno. Tutti col naso rivolto ai protestanti, guardando e commentando uno “spettacolo” di cui si conosce appena la trama.
Il problema principale si chiama sempre “ignoranza“. Non nell’accezione di mancanza di cultura ma nel significato base di mancanza di informazioni. I cittadini non sanno cosa c’è oltre quei cancelli, possono basarsi solo su quanto vedono e sentono passando per la strada o dalle proprie abitazioni. I “migranti”, che poi non sono altro che persone come tutte le altre, non sanno dove sono, cosa li aspetta, cosa dovrebbero fare e soprattutto come.

Sono costretti a stare da mesi in un posto in cui dovevano rimanere soltanto qualche giorno, senza possibilità di uscire, darsi da fare, decidere del proprio futuro. Letteralmente ghettizzati in un centro d’accoglienza temporaneo per minori, allestito alla meno peggio nella palestra di una struttura abbandonata, loro che, in tanti, minori non lo sono più da un pezzo. Hanno pochi cambi di vestiario, molti meno di quelli che richiederebbe un livello minimo di igiene. Qualunque sia la temperatura e le condizioni climatiche, devono indossare infradito e felpe, spesso insieme. Abbiamo visto coi nostri occhi e mostrato i lavandini da cui non scende acqua, gli scaldabagni guasti, le brande e i teli a terra.

Queste persone scappano dai loro paesi per fuggire alla guerra, allo sfruttamento, alle condizioni di povertà in cui le loro famiglie stagnano. Investono tutto in biglietti per viaggi su gommoni stracolmi che sfidano le acque e le leggi della fisica per rimanere a galla, accettano di fronteggiare la morte piuttosto che rimanere a casa loro, mettendosi nelle mani di approfittatori e mercanti di uomini che neanche secoli fa trattavano le persone allo stesso modo, toccano terra, ringraziano per il miracolo e poi scendono in un altro limbo che apparentemente promette l’inferno.
E ovviamente non ci stanno e si ribellano. Ma chi accetterebbe di essere sopravvissuto al peggio per trovare situazioni altrettanto dure in una terra completamente sconosciuta, dove nessuno spiega cosa succede e dove viene impedito ogni slancio di voglia di fare? Ma soprattutto, quale genitore accetterebbe di non avere notizie del proprio figlio diciassettenne, arrivato in un paese lontano di cui non conosce nemmeno la lingua, per mesi? Eppure perfino utilizzare un telefono per chiamare è una pretesa inaccettabile e ingrata.
Per cui cercano di distrarsi giocando, ridendo e facendo baldoria, per poi essere accusati di leggerezza e menefreghismo, di irriconoscenza nei confronti di chi li ha accolti e gli ha dato un tetto sulla testa, oltre che di furti e vandalismo.

Una linea congiunge Stato, Regione e Provincia: i vertici istituzionali locali e nazionali sono tutti del Partito Democratico, da Falcomatà a Renzi passando per Oliverio. Figure che hanno affermato più volte come quello dei migranti non sia un problema bensì un’occasione: “Gli immigrati non sono un peso, ma una risorsa“. Tanti bei discorsi sull’accoglienza, sul multiculturalismo, sulla solidarietà. Ma adesso quell’accoglienza che fine ha fatto? Dove sono i fatti? A Reggio Calabria il centro di accoglienza di Archi è una bomba ad orologeria, un serio problema sociale e umano, e le istituzioni rimangono silenziose e indifferenti, da mesi, fortemente distaccate da questo dramma.
Così, il verme del dubbio si insinua e viene da chiedersi se poi non abbiano ragione quanti affermano che ci sono interessi secondari, che lontano dai microfoni diventano primari, per i quali queste persone devono stare in quel determinato posto, a quelle determinate condizioni, per quel determinato periodo di tempo e non muoversi da Reggio Calabria, non uscire dall’Italia come vorrebbero. Forse ha davvero ragione chi parla di “business immigrati“…

Qual è altrimenti il senso di questo stallo? Possibile che le istituzioni non sentano il campanello d’allarme che questi fenomeni sociali fanno scattare? È una domanda che tutti si pongono, dai diretti interessati ai “vicini di casa”, dalla stampa all’opinione pubblica. E gli unici che hanno le risposte, nonché la possibilità concreta di fare qualcosa preferiscono voltarsi dall’altra parte e far finta di nulla, optando per l’indifferenza (in)civile.
E la domanda che sorge spontanea è: chi si comporta peggio tra una fazione politica che, indignando i più, dichiara apertamente di essere contro l’accoglienza, i migranti, l’apertura delle frontiere, e una o più fazioni politiche che si riempiono la bocca di belle parole pur di ricevere voti e applausi senza poi agire per concretizzare fatue proposizioni?
Quella di Archi è soltanto una delle tante realtà che ribolle come un pentolone sul fuoco, un problema sociale che potrebbe portare conseguenze non volute, ma piuttosto che agire si preferisce tacere e tagliare nastri, sfilare davanti alle telecamere ben lontani dalle zone calde, inaugurare strutture di svago e impianti ultramoderni, rincorrendo il futuro lasciando da parte il presente e i suoi problemi.

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