Inaugurata lo scorso 14 luglio, la bella Piazza Italia di Reggio Calabria si mostra ai turisti in tutti i suoi limiti: lampioni nuovi spenti e scavi chiusi senza cartelli informativi
C’era una volta Piazza Italia, la grande piazza affacciata sul Corso Garibaldi e delimitata da edifici storici come Palazzo San Giorgio, sede del Comune di Reggio Calabria, Palazzo Foti, sede della Provincia di Reggio Calabria e il Palazzo del Governo, sede della Prefettura.
C’era e finalmente c’è di nuovo la grande Piazza in pieno centro storico, in cui una donna di marmo, da quasi 150 anni ormai, vigila dall’alto del suo basamento su Reggio: quella raffigurazione dell’Italia che, con una spada e una corona d’alloro in mano, chiede al Paese di unificarsi.
Trovati nel cantiere aperto nel 2000 e chiuso nel 2012, gli scavi Ipogei sono poi stati messi in condizione di poter essere visitati, oltre che osservati dai lucernari che affiorano dalla piazza. Si creava così non solo un’esposizione di storia e cultura, ma anche una location suggestiva per mostre ed eventi che per un po’ di tempo vi sono stati organizzati, suscitando il plauso dei reggini e dei turisti che non esitavano a recensire positivamente Reggio Calabria grazie alla bella sorpresa di quel museo sotterraneo in pieno centro.
Un anno di cammino a denti stretti e riecco nuovamente la piazza, finalmente ultimata, con la nuova pavimentazione coerente con quella del Corso Garibaldi (ancora cantiere) senza più gli antiestetici quadrati di prato sintetico verde, tanto criticati tre anni prima. Peccato, però, per le modifiche progettuali che hanno rimosso l’eleganza del marmo del precedente progetto, sostituito adesso con pietra grezza.
Grande festa per l’inaugurazione con l’immancabile taglio del nastro, concerto dell’orchestra del Teatro Cilea, bellissimi discorsi e parole importanti.
Peccato che gli scavi oggi risultino chiusi per “consolidamento” e che nulla si sappia riguardo una potenziale data di riapertura, né si abbia traccia di addetti ai lavori in loco.
Peccato che passeggiando di sera nella penombra del Corso Garibaldi, facendo slalom fra transenne e scarafaggi, si possano ammirare i nuovissimi lampioni a led che la sera dell’inaugurazione illuminavano i bordi della piazza, rigorosamente spenti.
E così non è strano incontrare turisti stranieri con facce perplesse che si affacciano sugli scavi, cercando invano un modo di scendere a visitarli o un qualche cartello informativo, per poi allontanarsi scoraggiati facendosi strada tra le transenne del Corso, andando verso altre mete, come magari la meravigliosa Piazza Duomo (ancora cantiere). Ancora una volta, una risorsa artistica importante viene ridotta alla stregua di un cumulo di pietre vecchie, sulle quali si è aperta una specie di finestra che consente di guardarle scomodamente dall’alto per motivi non del tutto chiari.
Per mesi gli scavi di fronte alla stazione sono stati al centro dell’opinione pubblica, radunando esperti, curiosi, provocando dichiarazioni, conferenze, previsioni eccezionali per la valorizzazione dei saggi. Adesso di Piazza Garibaldi se ne parla molto meno, per ovvi motivi. Bisogna aspettare che gli esperti identifichino i reperti, che si discuta del loro futuro, che si realizzino dei progetti, che se ne scelga uno, che vada approvato e poi che si inizi a realizzarlo. Un altro iter che potrebbe richiedere ulteriori 12 anni, col rischio di ridurre anche quei sensazionali ritrovamenti a pietre vecchie da guardare attraverso un vetro.