Reggina, ecco le carte che sbloccano il Centro Sportivo Sant’Agata: ok al dissequestro, ma c’è ancora tanto da fare (a breve, medio e lungo termine)

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Reggina, situazione ancora ingarbugliata per il Sant’Agata ma si vede la luce in fondo al tunnel

Negli ultimi mesi ne abbiamo viste e lette di tutti i colori. Il Centro Sportivo Sant’Agata, eccellenza calcistica nazionale, autentico gioiello che ha rappresentato per la città di Reggio Calabria negli ultimi 25 anni non solo un volano di straordinari successi sportivi, ma anche di ben più importanti traguardi economici e sociali, è stato definito uno “scempio” ed è rimasto mesi abbandonato dopo il sequestro dello scorso febbraio. La Procura aveva posto i sigilli perchè la struttura della Reggina Calcio, su terreni della Provincia di Reggio Calabria, sorgerebbe in “zona urbana a rischio geomorfologico R4“, che significa “livello di rischio molto elevato”.

Ecco l’imbuto

Ma in realtà è dal 2009 che, grazie ai lavori opportunamente realizzati dal Comune e voluti dall’allora sindaco Scopelliti con la realizzazione dell’imbuto a monte della fiumara Sant’Agata, tutta l’area dell’Aeroporto, del Centro Sportivo Sant’Agata e della foce del torrente è stata svincolata a “R2“, senza più alcun vincolo per il rischio idrogeologico. Ma, a causa di una mera formalità burocratica, il passaggio da R4 a R2 non è stato ancora oggi formalizzato, nonostante nei fatti da 7 anni l’area sia stata messa in massima sicurezza.

Adesso sono passati quasi 7 mesi dal sequestro del Centro Sportivo, e in questi giorni finalmente sembra si riesca a vedere la luce in fondo al tunnel. Il Sant’Agata non è più lo “scempio” di qualche mese fa, ma è tornato oggetto del desiderio, centro d’eccellenza da rivalutare e valorizzare. Giudizi e considerazioni “a convenienza” a parte (su cui sarebbe meglio stendere un velo pietoso), cerchiamo di fare luce su quanto sta accadendo in queste ore (per quanto sia possibile, di fronte ad una situazione particolarmente ingarbugliata).

Finalmente è arrivato l’ok per il dissequestro, seppur molto parziale, di una parte del Centro Sportivo. Ma Procura l’ha concesso su istanza della Provincia, e non dei curatori della Reggina Calcio. Anzi. Nei mesi scorsi la curatela fallimentare del club aveva già chiesto il dissequestro, che però era stato rigettato dal gip tanto che i curatori hanno impugnato la decisione in Tribunale. Poi, però, per evitare di dover affrontare i tempi biblici della giustizia italiana, e uno scontro in aula che sarebbe stato davvero paradossale, tra due organi dello Stato, i curatori Condemi e Giordano hanno lavorato duramente per fare incontrare la Provincia, titolare del terreno su cui sorge il Centro Sportivo, e la Procura. Così la situazione si è finalmente sbloccata.

Ma da qui al “ritorno a casa” della Reggina ci sono ancora svariati passaggi: nel corso di questi mesi, infatti, una Reggina è morta e adesso ce n’è un’altra che già dallo scorso anno è nata ereditando il blasone e il “titolo” amaranto di squadra della città, ritrovando adesso (così come ampiamente annunciato, e come previsto dalle norme federali) anche il nome formale. E’ la nuova Reggina che anche dal punto di vista delle strutture è ripartita da zero. Per avere il Centro Sportivo Sant’Agata, ha fatto un’offerta alla curatela fallimentare (che ha assoluto bisogno di recuperare qualche denaro) ma siamo quasi a metà settembre e ancora la storica struttura realizzata dalla Reggina Calcio è off-limits. Dopo il dissequestro, che con ogni probabilità verrà formalizzato in queste ore, bisognerà aspettare ulteriori passaggi: innanzitutto devono essere circoscritte le zone che rimangono sequestrate e quelle che invece si potranno utilizzare, perchè il Sant’Agata è molto vasto e abbiamo già scritto che non è stato dissequestrato completamente. Bisognerà inoltre realizzare un impianto di videosorveglianza, e comunque il dissequestro è nei confronti della Provincia, che prima di tutto dovrà rimodulare la concessione nei confronti della curatela fallimentare, perchè adesso la concessione non può essere piena, annoverando anche alcune porzioni di immobili, il campo 6 e gli spogliatoi dei bambini che rimarranno sotto sequestro, così come anche due stanze degli uffici, una parte degli spogliatoi della prima squadra e la sala stampa.

La Provincia, quindi, deve rimodulare la concessione per la curatela fallimentare. Successivamente potrà consegnare la struttura alla curatela della Reggina Calcio, che in questo momento non ha ancora alcun diritto da far valere sul Centro Sportivo. Soltanto dopo questo sblocco, la curatela potrà formalizzare l’affitto già concordato per un anno (adesso sono già diventati 10 mesi) con la nuova Reggina di Praticò, ma anche qui bisognerà sedersi ad un tavolo e ritoccare un contratto che ovviamente andrà rivisto al ribasso in quanto il nuovo club non ha potuto godere della struttura almeno fino a metà settembre (e ci auguriamo non oltre). 

Il dissequestro sta avvenendo su istanza della Provincia (non della curatela), e se in generale è senza ombra di dubbio una buona notizia, è un dettaglio non da poco per la sostanza perchè i tempi si allungheranno ulteriormente. A proposito: la Provincia, da un punto di vista istituzionale, avrà ancora qualche mese si di vita (fino a febbraio 2017), poi le sue funzioni verranno assorbite dalla neonata Città Metropolitana. Che intenzioni ha il Sindaco Falcomatà per il Sant’Agata? 

L’esperienza dell’ultimo anno e mezzo per lo Stadio Granillo insegna che l’ente pubblico non è in grado di gestire in modo adeguato gli impianti sportivi rispetto a come possa farlo il privato. Adesso in tanti stanno rivalutando la tanto vituperata concessione del Granillo che Scopelliti aveva firmato per la Reggina una decina di anni fa, prendendo due piccioni con una fava: consentendo da una parte a Palazzo San Giorgio di risparmiare tanti soldi per la manutenzione e la gestione dell’impianto (e addirittura di avere un canone d’affitto) e dall’altra alla città di usufruire di una struttura di alto livello come soltanto il club poteva garantire.

Adesso, invece, il Comune si sta ritrovando a spendere tanti soldi per un impianto fatiscente che a fatica riesce ad ottenere in extremis l’agibilità per una partita di Lega Pro, con tante limitazioni e un terreno di gioco degno dei peggiori impianti dilettantistici. Sia per il Sant’Agata che per il Granillo, se vogliamo che in questa città si lavori in modo serio, urge una totale concessione (anche gratuita!) ai privati che si dimostrino in grado di garantire standard di alta qualità per quelle che fino a due anni fa erano le uniche strutture sportive cittadine degne di questo nome, e che adesso siamo costretti ad osservare in condizioni di degrado crescente per la (mala) gestione pubblica.

Mentre tanti club calcistici in tante città si stanno attrezzando, sulle orme dell’esempio Juventus e Udinese, per uno stadio di proprietà su terreni appositamente concessi dal Comune, a Reggio Calabria siamo ancora ai tempi dell’assessore che si accerta del funzionamento dei riflettori, proprio come nel Vecchio Comunale di 30 anni fa.

Ecco, intanto, le carte che sbloccano il Sant’Agata: un fiore all’occhiello lì dove prima della Reggina Calcio c’era soltanto una vasta discarica, e che in 25 anni ha regalato opportunità e professionalità, ha operato nel sociale letteralmente strappando alla strada (e alla criminalità) migliaia di ragazzini, ha lanciato nel calcio professionistico centinaia di calciatori, alcuni dei quali diventati vere e proprie stelle internazionali (addirittura Campioni del Mondo). Se questo è uno “scempio“…

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