Prostitute e case chiuse a Messina e Reggio Calabria: liberare o no i marciapiedi? [FOTO E DETTAGLI]

StrettoWeb

A quasi sessant’anni dall’entrata in vigore della legge Merlin con cui venivano aboliti i bordelli, a seguito del crescente numero di prostitute presenti nel centro abitato di Reggio Calabria, divampano anche in città i dibattiti sulla riapertura o meno delle case chiuse

Se oggi potessi parlare col la Merlin, la prima firmataria dell’omonima Legge, la prima cosa che mi verrebbe da dirle è che tutti i suoi utopici propositi non si sono ancora realizzati; infatti, la chiusura delle case chiuse, non solo non ha abolito la prostituzione, non solo non ha salvato la donna dalla mercificazione del proprio corpo, ma ha altresì relegato questa pratica storica nell’illegalità e nella clandestinità, riversandola sulle strade. Come diceva più di 50 anni fa Benedetto Croce, «Eliminando le case chiuse non si distruggerebbe il male che rappresentano, ma si distruggerebbe il bene con il quale è contenuto, accerchiato e attenuato quel male».

Negli anni novanta infatti, in seguito alla globalizzazione, l’Italia è stata invasa da un grandissimo numero di donne straniere (la maggior parte minorenni) riuscite ad arrivare nella nostra penisola a patto di dover esercitare questa attivita?, che nelle maggior parte delle città italiane, tra le quali Messina e Reggio Calabria, è diventato un vero e proprio problema non solo di ordine etico, sociale, sanitario e di sicurezza ma anche e soprattutto di ordine pubblico; infatti sempre più commercianti lamentano la presenza di prostitute anche in orari diurni in luoghi non consoni a tale attività, che ha per fino spinto, recentemente, il sindaco di Messina a proporre un quartiere a luci rosse al fine di ripulire le strade.

La mancanza di una adeguata regolamentazione ha finito per generare quindi una serie di problematiche estremamente rilevanti tra le quali il commercio del sesso nelle città e il degrado delle stesse. Molte quindi, le proposte avanzate dai politici italiani con l’intento di seguire le orme di altri Paesi europei come la Germania, l’Olanda, l’Austria e la Svizzera (diventate ormai mete del turismo sessuale per molti uomini italiani) per abrogare parzialmente la Legge Merlin, con lo scopo di togliere dalla strada le “passeggiatrici” non più solo notturne.

Ma cosa prevede la Legge 75/58 meglio conosciuta come Legge Merlin dal nome dell’omonima firmataria e soprattutto perchè fa così tanto discutere un’eventuale legalizzazione delle case chiuse? Tale Legge, che venne considerata da molti una conquista della civiltà e un importante passo per l’affermazione della dignità femminile, abolisce la regolamentazione della prostituzione in Italia e prevede la chiusura delle “case chiuse” e di conseguenza il reato di sfruttamento della prostituzione e quello di favoreggiamento. Quest’ultimo, di fatto, impedisce alle lavoratrici e ai lavoratori del sesso di lavorare al chiuso insieme, e anche di frequentare locali pubblici per cercare clienti.

La prostituzione è considerata da sempre il mestiere più antico del mondo, atto a soddisfare l’istinto fisiologico dell’uomo, che lo spinge a cercare di accoppiarsi il più presto possibile con il numero più alto possibile di donne, poiché la realtà vuole che gli uomini abbiano bisogno di un maggior numero di rapporti sessuali rispetto alle donne. Per questo scopo, come valvola di sfogo per molti uomini ma soprattutto per motivi di igiene e per cercare di limitare la trasmissione di malattie veneree, furono create le case di “Tolleranza”, che prima dell’adozione di tale legge, in Italia erano ben 714: 102 di prima categoria, una ventina addirittura di lusso, 204 di seconda categoria e 411 di terza categoria.

Cosa comporterebbe quindi legalizzare la prostituzione e riaprire il postribolo? Legalizzare significherebbe innanzitutto riconoscere la prostituzione come professione pari alle altre, regolata da precise norme e meccanismi e di conseguenza chi fa la prostituta potrebbe iscriversi all’Inps, pagare regolarmente le tasse sui guadagni, versare i contributi e perchè no un giorno avere anche una pensione e soprattutto avere un luogo adibito a svolgere questo mestiere, igienico e con tutti i confort necessari alla pratica; evitando che le ragazze siano lasciate in strada in balia di molestie da parte dei “magnacci” o di clienti poco gentili, offrendo inoltre la possibilità di denunciare senza temere ripercussioni. Ciò renderebbe più semplice anche il lavoro delle forze dell’ordine che gestirebbero meglio il controllo ai fini di evitare lo sfruttamento di quelle donne che vogliono prostituirsi o minorenni. Legalizzare significherebbe soprattutto mettere in sicurezza interi quartieri, migliorando la vita delle famiglie residenti e delle stesse prostitute.

Sono in molti ad essere contrari alla legalizzazione della prostituzione e a sostenere che la prostituzione offenda la dignità della donna e affermi un modello maschilista, a farlo sono soprattutto le così dette perbeniste che oltre a giudicare malamente l’uomo che decide di passare una notte con una prostituta, faticano ad accettare che una donna possa scegliere liberamente e consapevolmente di  lavorare usando il proprio corpo per generare un reddito (anche sostanzioso). Eppure a ben pensare, non ci sarebbe poi cosi tanto da scandalizzarsi se una donna scegliesse consapevolmente questo mestiere, per lo meno le prostitute scelgono di darla a pagamento e non come tante altre donne che la danno a destra e manca gratis ogni giorno! Quante donne conosciamo che fidanzate tradiscono i loro ragazzi? Quante donne sposate attendono che il proprio marito vada al lavoro per sfogarsi con l’amante? Quante desiderano l’uomo di un’altra e si inventano l’impossibile pur di averlo? Quante “brave”ragazze con buoni titoli di studio vanno a letto con gli uomini per fare carriera e occupare ruoli politici? Quante comuni ragazze decidono di “regalarla” come se non ci fosse un domani, mandano foto e video nude ai quattro venti, corteggiano uomini impegnati e non si fanno problemi a distruggere famiglie per la smania di sesso o solo per sentirsi importanti, belle, desiderate, o come spesso dicono “più Donne“? Consideriamo più “Puttane” coloro che scelgono di farlo per lavoro (possibilmente regolarizzato dalla legge), o coloro che lo fanno ogni giorno per mero piacere? Che differenza c’è tra la puttana dichiarata e la zoccola celata?

 

Condividi