La morte, un ritorno alla dimora del Creatore? Quando il drammatico destino umano diventa destinazione

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orazioni_crVorremmo ravvisare che vivere o esistere – per l’uomo – significa rispondere ad una chiamata fatta da Dio mediante la sua parola creatrice. La parola di Dio, oltre ad essere creatrice, rimane intrinsecamente legata alla realtà creata, assumendo la funzione etico-sociale, cioè indirizzando la persona umana verso il bene da fare ed il male da evitare per sé e per gli altri. Essa suggerisce alle persone la via giusta da seguire per realizzarsi nella storia e oltre la storia. Inoltre, la parola assume anche la funzione profetica risolvendo casi o situazioni-limiti, che in qualche modo, tendono a schiacciare gli uomini nel loro percorso di vita terrena. Ora si tratta di tratteggiare un’altra funzione rivelativa della parola. Questa, dopo aver svolto le funzioni, di cui sopra, risuona inevitabilmente dentro ogni uomo e, chiama questi a fare ritorno alla sua origine che coincide con la propria destinazione finale. Ed è proprio qui che accade un distacco doloroso, soprattutto per chi rimane ancora nella storia. Un distacco che non è privo della grazia di Dio. Gli uomini, per esprimere o annunciare il suddetto distacco, ricorrono a degli eufemismi del tipo: Caio non è più tra di noi, Dio l’ha chiamato a sé, è tornato alla casa di Dio, oppure si sostiene che ci ha preceduti. La parola, che inesorabilmente chiama gli umani a tornare alla dimora del Creatore, rivela a tutti gli uomini una verità che li accomuna: «siamo tutti in cammino verso Dio, rispondendo alla sua chiamata. Non ci rimane che attendere ed arrivare al più presto presso di Lui a secondo di quando sopraggiungerà l’appello finale». Dobbiamo essere, però, consapevoli che Dio che fa quest’appello finale è, ed ha la vita in sé e chiama gli uomini a passare dalla vita alla vita attraversando la porta della morte. L’uomo, nella storia, è alle prese con tante incertezze ed imprevedibilità. Egli, nella sua avventura terrena, sperimenta la sua esistenza come qualcosa di fugace che oggi c’è e domani non ci sarà più. La persona umana vorrebbe la certezza e la pienezza di vita in maniera definitiva, ma la sua esistenza si rivela come voltata tremendamente e inevitabilmente alla morte. La suddetta morte non sempre dà degli avvisi, ma sopraggiunge sorprendendo piccoli e grandi, cattivi e buoni indistintamente. Ciò nonostante l’esistenza dell’uomo non deve essere intesa come una contraddizione o qualcosa di insensato, proprio perché Dio è sempre vicino all’uomo pur essendo e rimanendo, nei confronti degli umani, un mistero non manipolabile. Di riflesso, la volontà di Dio, riguardo i segreti dell’esistenza umana e della morte come appello finale, non si lascia possedere pienamente da nessuno. Occorre tuttavia, continuare a credere nel senso della vita vittoriosa sulla morte rimanendo sempre e comunque sulla soglia del mistero. Ciò significa uscire dalla logica della verificabilità come criterio di conoscibilità dell’azione, della veracità e della bontà di Dio.

Sac. Alain Mutela Kongo (Parroco di Armo e Dottorando in Teologia Dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana).

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