Referendum Costituzionale, le domande/risposte che nessuno ha il coraggio di fare: apriamo gli occhi in vista del voto

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Referendum Costituzionale, pochi giorni al voto: domande e risposte, cerchiamo di capire…

di Kyrieleison – Tra pochi giorni ci sarà  il referendum. Mai come stavolta la competizione ha assunto toni così aspri. Qualcosa di simile accadde solo quando ci fu il referendum per il divorzio. Allora, quelli contro il divorzio, paventavano sfasci nelle famiglie e deriva sociale. Ma l’Italia scelse di andare avanti a dispetto dei bigotti e della destra conservatrice, adeguandosi al resto dei paesi civili.

Il problema oggi è diverso, ma inquadrabile comunque nel contesto di un adeguamento a quanto già accade in tanti altri paesi  civili, cioè consentire all’esecutivo di governare senza che le leggi vengano rimpallate per tempi indefiniti tra Camera e Senato, come accade oggi a causa di una Costituzione bellissima ma nata nel ricordo ancora caldo del Fascismo e per questo farcita di disposizioni che evitassero poteri concentrati.

Questo è il motivo per cui ci troviamo (e siamo i soli  tra i Paesi con  cui ci confrontiamo), con due camere (la camera dei deputati ed il Senato) aventi gli stessi poteri, rendendo lenta e farraginosa, se non talvolta impossibile, l’attività legislativa, come di fatto è stato finora.

Ognuno si sarà potuto fare un’idea sulle motivazioni “tecniche” che entrambi i fronti del referendum hanno fatto proprie. Ma al di là delle disquisizioni tecniche, è opportuno mettere in risalto una serie di “ragioni” per il No che appaiono alquanto deboli, se non pretestuose. Vediamone alcune.

Con la riforma ci sarà un risparmio sui costi della politica. Tutti sono d’accordo, ma quelli del No lamentano che il risparmio non sarà poi tanto. Se così fosse, è meglio poco o è meglio niente?

La coalizione del No fa notare che il nuovo Senato non sarà eletto dal popolo. Ma chi lo ha detto? I Sindaci delle città metropolitane, che diventeranno senatori, non sono eletti dal popolo? E i consiglieri regionali, non vengono forse anch’essi eletti dal popolo? E inoltre,  le regioni potranno far stabilire proprio agli elettori quali consiglieri dovranno sedere in Senato.

Come faranno i senatori del nuovo Senato a svolgere il loro compito se avranno anche un altro incarico (sindaci e consiglieri regionali)? Ma non dicevano tutti che i politici lavorano poco? Perché questa preoccupazione quindi?

LaPresse / Roberto Monaldo

Altro appunto che  viene mosso da quelli del No è il timore “di una deriva autoritaria”. Gli esecutivi forti, cioè in grado di governare, sono quelli di Paesi come Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Vi sembrano autoritari? Ma la cosa che sa di strabiliante è il fatto che il più preoccupato di tutti sulla possibile “deriva autoritaria” pare che sia giusto quello che, quando era al Governo, si lamentava (giustamente) del fatto che l’Italia non sia governabile con l’attuale costituzione, al punto che nel 2005 aveva approvato una Riforma Costituzionale che dava molti più poteri al premier, poi bocciata dal Referendum del 2006.

Arriviamo poi al titolo 5°. In parole povere alcuni competenze passeranno dalle regioni allo Stato. Quelli del no gridano allo scandalo. Ma non è sotto gli occhi di tutti lo sperpero di denaro pubblico cui le Regioni ci hanno fatto assistere in questi anni?

La riforma propone inoltre la soppressione del CNEL – fino a ieri nessuno sapeva cosa fosse questo comitato elefantiaco e tuttora la quasi totalità della gente ignora cosa sia. State certi che se sarà soppresso nessuno lo rimpiangerà!

Non si può non notare quanto sia eterogenea la coalizione di quanti stanno sotto la bandiera del No: dai neo fascisti ai comunisti doc, dai notabili della prima repubblica ai puri della politica gridata sui social, dai sindacalisti del “sempre No a tutto” ai partigiani novantenni (questi non li ho capiti proprio).  Ma cosa li potrà mai accomunare? A mio parere il  comune denominatore sembrerebbe essere la paura del cambiamento (qualsiasi esso sia). Una paura che però,  al di là  delle  connotazioni di appartenenza del passato, li confina tutti nella parte più conservatrice della Società.

Riguardo a come vedono il referendum gli stranieri, c’è da dire che sono per il Si la quasi totalità dell’opinione pubblica estera e la quasi totalità dei giornali autorevoli. Ciò vorrà pur dire qualcosa? O qualcuno pensa che vogliono che l’Italia sia debole perché  ne temono la potenza militare?

Tornando in Italia, non si può non notare come tra i favorevoli al Si vi siano gli imprenditori, quelli cioè che trainano l’economia. Se votano Si, evidentemente ciò significa che ritengono che la riforma possa essere positiva per l’economia. Anche questo, vorrà pur  dire qualcosa?

LaPresse/Palazzo Chigi/Tiberio Barchielli

Sul fronte del No c’è chi, pur consapevole che la riforma potrebbe essere utile, si rifiuta di entrare nel merito e giustifica la propria scelta con il fatto che Renzi sarebbe  antipatico.  Senza stare a disquisire su chi sia simpatico o no, mi domando:  quanta gente  rinuncerebbe ad acquistare un antibiotico perché il farmacista  gli  è antipatico?

Infine, a sostegno del No è diffusa la tesi che bisogna mandare Renzi a casa. Allora mi chiedo: per avere cosa o chi? Improbabilissime elezioni immediate? E con quale legge elettorale? E con quali prospettive politiche? O più verosimilmente l’ennesimo governo tecnico o di “larghe intese” destinato a durare nella migliore delle ipotesi un solo anno, giusto il tempo di buttar giù una nuova legge elettorale appositamente pensata per le politiche 2018? Eppure un Paese civile e sviluppato non dovrebbe scrivere le regole del gioco prima di ogni partita: bisognerebbe stabilire le regole e basta.

Come 40 anni fa, davanti al desiderio di  bigotti e conservatori di abolire il divorzio, l’Italia scelse di non tornare indietro, così Domenica, votando Si, gli italiani potranno decidere di andare avanti accettando quelle modifiche alla Costituzione che, in una situazione diversa da quella in cui si dimena lo scontro politico in Italia, sarebbero state con ogni probabilità accolte con sollievo da una larghissima maggioranza. Grillo compreso: perchè siamo pronti a scommettere che dopo pochi mesi da un’eventuale ascesa al Governo del Movimento 5 Stelle, sarà il comico genovese ad asserire che “con questa costituzione non è possibile governare“.

Ma a prescindere da ogni interesse personale, partitico e politico, Domenica c’è in gioco il futuro dell’Italia: da un lato quella parte del Paese che non vuole fermarsi, che vuole progredire e guardare con ottimismo al futuro. Dall’altra, quella dei “No” a prescindere, contro tutto e contro tutti, ma priva di soluzioni o valide alternative. Cosa vogliamo fare?

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