Si è discusso moltissimo, molto più che per qualsiasi altro referendum degli ultimi decenni e, visto che per la sua validità non è richiesto il superamento di alcuna soglia numerica di votanti, l’astensione (diversamente da quanto valeva per le precedenti consultazioni referendarie), sarà ininfluente al fini del risultato. In parole povere gli astenuti con contano nulla.
Fermo restando che ognuno può liberamente decidere di non andare a votare, sarebbe opportuno puntualizzare che chi ha sempre pensato che “tanto non cambia mai niente”, stavolta potrebbe invece avere l’opportunità di contribuire ad una svolta nella politica nazionale.
Sia vinca il Si e sia vinca il No, molto probabilmente da lunedì 5 Dicembre non sarà più tutto uguale a prima.
Se vince il No, si dovrà prenderà atto che l’opinione pubblica preferisce non “rischiare” e lasciare le cose come stanno. Ciò per convinzione effettiva o per spirito di appartenenza ad una delle numerose frange di partiti e movimenti, anche molto distanti tra di essi, che si sono espressi per il No e che utilizzano a giustificazione della scelta le più disparate motivazioni. O, ancora più semplicemente, per motivi ideologici a prescindere dai contenuti.
Se vince il No il cambiamento consisterà nel fatto che potremo essere definitivamente certi che per il prossimo futuro in Italia, non cambierà nulla né in termini di governabilità e né come organizzazione della politica e soprattutto riduzione dei costi della stessa. Infatti per la seconda volta in dieci anni dopo il “No” al Referendum Costituzionale del 2006, gli italiani voteranno contro le proposte di modifica che prevedono una netta riduzione dei tanto discussi costi della politica, dando adito ai futuri poteri forti vogliosi di ribadire la volontà popolare quando qualche altro Governo tenterà di diminuire il numero dei parlamentari.
Se vincerà il Si, si potrà prendere atto invece che l’opinione pubblica preferisce “rischiare” ritenendo che una riforma in senso semplificativo, pur non completamente condivisa, sia tuttavia meglio che non far nulla, e che, allo scopo, è possibile mettere da parte qualsiasi motivazione ideologica o di pancia.
Probabilmente, se vince il Si, potrà darsi che si tornerà a parlare nel merito delle cose. Ed a ciò la politica dovrà adeguarsi, invertendo il trend attuale e tornando ad esprimersi per concetti e non per slogan.
Se vincerà il No, probabilmente passerà l’idea che l’opinione pubblica, ai messaggi basati sul merito, preferisce ormai quelli “urlati”, anche se espressi unicamente in ottica distruttiva e anche se privi di soluzioni alternative.
Ed anche in tal caso, la politica dovrà adeguarsi.
Lunedì sapremo quale delle due alternative si spalancherà per l’Italia.