Reggina Calcio, la Cassazione ha accolto in toto il ricorso degli avvocati difensori Giuseppe Panuccio e Carlo Morace: annullato il sequestro delle quote societarie, che adesso tornano al legittimo proprietario Lillo Foti che seguirà da titolare l’iter fallimentare in corso
La Corte di Cassazione, con requisitoria del Sostituto Procuratore Generale dott. Pasquale Fimiani, ha disposto l’annullamento del sequestro delle quote della Reggina Calcio e delle società legate (Amaranto Service e Ares srl) perchè “non esiste il reato“, accogliendo in toto il ricorso presentato dagli avvocati Giuseppe Panuccio e Carlo Morace per conto dello storico patron amaranto Lillo Foti, alla guida del club dal 1986 al 2016 durante l’era gloriosa della società amaranto.
Il sequestro preventivo era stato disposto dalla Procura di Reggio Calabria ad inizio maggio 2016, pochi giorni prima dell’incontro decisivo per il concordato fallimentare con cui Foti stava tentando di mantenere in piedi il club con l’obiettivo di garantire i livelli occupazionali, soddisfare le esigenze dei creditori e realizzare a Reggio Calabria un prestigioso villaggio federale come centro di formazione sportiva di alto livello, da giovani calciatori a dirigenti e tecnici, con il supporto della FIGC. La Reggina Calcio aveva mantenuto l’affiliazione alla FIGC e viveva un momento chiave in cui il club tentava di ripartire con un ruolo importante nel panorama calcistico nazionale, dopo l’ultimo capitolo recitato sul campo a fine maggio 2015 con la doppia vittoria sul Messina nel derby-spareggio dei playout.
Proprio quel sequestro segnò inevitabilmente il percorso fallimentare del club: con quel provvedimento, infatti, la Procura nominò un custode che ovviamente si oppose al concordato chiedendo il fallimento della società, che poi si è concretizzato. Il reato ipotizzato dalla Procura era quello di “bancarotta concordataria“: il sequestro preventivo, infatti, fu disposto d’urgenza per evitare che si potesse continuare a chiedere il concordato ipotizzando un reato fallimentare.
La difesa della Reggina Calcio, con gli avvocati Panuccio e Morace, si è sempre detta convinta della totale illegittimità del provvedimento, sia nella forma che nella sostanza. Secondo la tesi della difesa, infatti, innanzitutto non si poteva perseguire un’ipotesi di reato sull’amministratore della società, ma semmai bisognava perseguire l’imprenditore individuale; inoltre il reato fallimentare era inesistente non essendoci stata alcuna distrazione dei beni della società. Così Panuccio e Morace hanno presentato ricorso “per saltum“, cioè hanno deciso di andare direttamente in Cassazione senza passare dal Tribunale della Libertà facendo riesame.
Oggi la Cassazione accoglie in toto il ricorso presentato dai legali di Lillo Foti, accogliendo in pieno la loro linea difensiva e smentendo le accuse della Procura. Infatti nella requisitoria si legge proprio – tra l’altro – che “manca il requisito soggettivo, perchè i fatti non sono contestati ad un imprenditore individuale ma ad organi rappresentativi di società di capitali“. Il sequestro, così, è stato “annullato senza rinvio del provvedimento“, circostanza abbastanza eccezionale che si configura soltanto in casi estremi. La Cassazione non ha riscontrato alcun reato e proprio per mancanza di reato ha annullato il sequestro disponendo il dissequestro delle quote, che adesso tornano al legittimo proprietario (cioè Lillo Foti).
Da questo provvedimento emerge che il reato di “bancarotta concordataria” ipotizzato dalla Procura reggina non esisteva, e riabilita (qualora ce ne fosse bisogno) la figura di Lillo Foti, anche da un punto di vista prettamente giuridico. Una soddisfazione morale importante per lo storico Presidente amaranto, che però solo in parte può lenire l’amarezza dei tifosi della Reggina in quanto – proprio come conseguenza di quel sequestro che oggi la Cassazione ha ribaltato – l’iter fallimentare del glorioso club amaranto è poi proseguito, e adesso le norme non prevedono che si possa revocare.
Lillo Foti torna comunque ad essere l’interlocutore di riferimento per l’iter fallimentare della Reggina Calcio, che non si è ancora concluso. Quando una società viene dichiarata fallita, infatti, il curatore si sostituisce alla società e ne diventa responsabile, ma il proprietario delle quote (che da oggi è nuovamente Lillo Foti) ha tutto il diritto di interloquire con i curatori, per coadiuvarli (come da obbligo di legge) ma allo stesso tempo per ambire alla possibile riammissione “in bonis” della società. Infatti un iter fallimentare può concludersi con l’estinzione della società per fallimento oppure con la riammissione “in bonis“, ipotesi difficile ma – almeno teoricamente – non impossibile anche per la Reggina Calcio. Qualora il fallimento dovesse chiudersi in qualche modo in attivo, la società tornerebbe a pieno titolo nelle mani del titolare delle quote, e cioè nel caso specifico di Lillo Foti.
Ma con questa sentenza della Cassazione non c’è solo la soddisfazione morale di veder riconosciuta l’onestà dell’operato dello storico patron amaranto e l’ipotesi di nuovi scenari futuri; c’è anche la rilevanza di questa sentenza per l’aspetto penale dell’iter fallimentare. C’è la Cassazione che afferma che la Reggina non andava sequestrata perchè non sussisteva il reato ipotizzato dalla Procura.
In quella maledetta primavera 2016, prima hanno sequestrato il Sant’Agata e poi le quote della Reggina. Dopo pochi mesi hanno dissequestrato il Sant’Agata e adesso anche le quote della Reggina. Il Sant’Agata non era da sequestrare e la Reggina neanche: la giustizia ha riconosciuto le ragioni del vecchio club, che però intanto è stato estromesso. La Reggina è finita e rimane un ricordo nostalgico di un passato glorioso. Chi ne risente di più, come sempre, sono i cittadini (in questo caso i tifosi) che hanno assistito inermi alla chirurgica distruzione di uno dei pochi, pochissimi (forse l’ultimo) elementi che davano lustro e soddisfazione a questa città.
Perché oggi la Cassazione ribalta tutto, e paradossalmente questo provvedimento alimenta ulteriormente l’amarezza e il dispiacere per quello che poteva essere e non è stato, per le modalità con cui si è arrivati a distruggere quel grande patrimonio che era la Reggina Calcio. Un patrimonio che invece andava salvaguardato.