Scoperta esopianeti, la scoperta pubblicata sulla rivista Nature, segna un ulteriore passo avanti sul fronte della caccia agli esopianeti potenzialmente abitabili
La stella oggetto dello studio è un corpo celeste già noto agli astronomi: si tratta di TRAPPIST-1, una nana rossa ultrafredda situata a una distanza relativamente vicina a noi, in termini astronomici. Da lei ci separano ‘appena’ 40 anni luce. Ad oggi, nel sistema di TRAPPIST-1 erano stati individuati tre pianeti.
Grazie alle osservazioni combinate effettuate da telescopi a terra, quali TRAPPIST-South, all’Osservatorio di La Silla e il Very Large Telescope al Paranal entrambi dell’ESO, e dallo spazio con Spitzer della NASA, gli astronomi hanno potuto confermare la presenza di almeno sette piccoli mondi in orbita attorno alla nana rossa, oggetti dalle dimensioni paragonabili a quelle della Terra o di Venere.
Per scovarli – spiega l’Agenzia Spaziale Italiana – gli scienziati si sono serviti del metodo del transito: misurando i piccoli cali di luminosità della stella madre al passaggio dei pianeti in orbita attorno ad essa, è stato possibile dedurre il numero dei corpi celesti appartenenti al sistema e ricavare informazioni, per ciascuno, su dimensioni, composizione e orbita.
Secondo il team di astronomi, tutti e sette i mondi potrebbero avere acqua liquida in superficie, anche se le distanze orbitali rendono alcuni candidati più promettenti di altri. Modelli climatici suggeriscono che i pianeti più interni, TRAPPIST-1b, c e d, siano probabilmente troppo caldi per ospitare acqua liquida, tranne forse su una piccola frazione della superficie.
La distanza orbitale del più esterno, TRAPPIST-1h, non è confermata, ma il corpo celeste è probabilmente troppo distante e freddo per l’acqua liquida, sempre che non vi siano in corso altri processi di riscaldamento. TRAPPIST-1e, f e g rappresenterebbero quindi il “Sacro Graal” degli astronomi alla ricerca di esopianeti abitabili, poiché orbitano nella cosiddetta Goldilocks zone e potrebbero quindi ospitare acqua liquida in superficie.
I pianeti presentano orbite molto strette, posti nel nostro sistema solare li vederemmo ruotare all’interno di Mercurio. Tuttavia, le dimensioni ridotte di TRAPPIST-1 – la stella presenta una massa pari all’8% del nostro Sole – e la sua bassa temperatura, implicano che l’energia che irradia i pianeti sia simile a quella ricevuta dai corpi interni del nostro Sistema Solare. TRAPPIST-1c, d e f ricevono quantità di energia simili, rispettivamente a Venere, Terra e Marte.
TRAPPIST-1, situata nella costellazione dell’Acquario, è una nana rossa molto piccola in termini stellari – solo marginalmente più grande del pianeta Giove – e anche se vicina a noi appare molto debole. Gli astronomi si aspettavano che stelle come questa – nane rosse estremamente fredde – potessero ospitare pianeti di dimensione terrestre in orbite molto strette, rendendole obiettivi promettenti per la caccia alla vita extraterrestre, e TRAPPIST è il primo di questi sistemi a essere stato scoperto.
Il sistema TRAPPIST-1, sotto la lente anche di Hubble che ne sta studiando le atmosfere planetarie, sarà oggetto di osservazione anche degli osservatori di nuova generazione quali l’Extremely Large Telescope dell’ESO e il telescopio spaziale James Webb di NASA/ESA/CSA, grazie ai quali, secondo Emmanuël Jehin, membro della collaborazione, “saremo presto in grado di cercare acqua su questi mondi e, forse, anche eventuali evidenze di vita”.