Il Capo della Polizia ha parlato della tragedia di Scarponi e dell’incidente di Hayden, svelando che tutto questo può essere evitato con… l’educazione
La centesima edizione del Giro d’Italia è anche l’occasione per festeggiare i 70 anni della Polstrada, corpo che si occupa della sicurezza della corsa rosa dalla prima tappa fino all’ultima. Nella giornata di ieri, il Capo della Polizia Franco Gabrielli si è presentato al via della tappa di Firenze, congratulandosi con i 40 agenti che stanno seguendo la carovana fin dalla partenza di Alghero. “Qui si respira la bellezza dello sport e la grande tradizione. Per me esserci è un piacere e mi fa tornare ragazzo – commenta Gabrielli ai microfoni della Gazzetta dello Sport – il Giro è una sorta di parentesi onirica nelle vite di tutti noi ed è uno dei simboli intorno ai quali è possibile rafforzare, se non ricostruire, il senso identitario del nostro Paese. Io che sono stato identificato come colui che, per un certo periodo, ha messo le barriere negli stadi, amo constatare come il ciclismo sia uno sport senza barriere, ti arriva sotto le finestre di casa e non è legato ai campanilismi. Non ha Curve, non ha ultrà. Il Giro d’Italia dà un senso di ancoraggio ai valori nell’epoca del mordi e fuggi”. Per quanto riguarda le vicende di Scarponi e Hayden, Gabrielli ha la sua ricetta: “sensibilizzare sia chi usa la bici sia chi è alla guida al rispetto. Ogni anno, in Italia, muoiono 3400 persone, di cui oltre 250 ciclisti, per incidenti stradali. Spesso per errori banali di distrazione. L’uso del telefonino per chi è alla guida, ad esempio, risulta catastrofico. C’è una parola magica che aiuterebbe a diminuire le vittime della strada: educazione“.