I Piloni dello Stretto: le due torri gemelle pensate per realizzare un “ponte di energia” tra la Sicilia e la Calabria
L’ispirazione veniva dal modello dei tralicci del sul fiume Elba, in Germania, ma i costruttori dovettero adattare il progetto alle caratteristiche geomorfologiche dello Stretto. I due piloni vennero progettati per resistere ad un terremoto del 10° della scala Mercalli e a raffiche di vento sino a 150 chilometri orari.
Tuttavia, durante le fasi di progettazione e di costruzione, non mancarono difficoltà e imprevisti. Particolarmente delicata fu la fase della tesatura dei conduttori: andavano stesi evitando il contatto con l’acqua e per fare ciò si dispose l’interruzione del traffico navale nell’area dello Stretto. Data l’esigenza, si decise di preferire ai normali cavi, cavi in acciaio che fossero resistenti alle impetuose raffiche di vento tipiche dello Stretto. Ma la scarsa conducibilità elettrica del materiale e l’impossibilità di impiegare cavi intrecciati, finirono per rendere ridotte, oltre che particolarmente costosa, la trasmissione di energia elettrica. L’opera dei piloni, il cui costo preventivo si aggirava su 1 miliardo e 200 milioni di lire, entrò in servizio il 27 dicembre del 1955. I due piloni riuscivano a condurre circa 190.000 terawatt in esercizio. I due tralicci vennero dismessi nel febbraio del 1992, preferendo la connessione aerea in favore di quella sottomarina. Pur non svolgendo più l’originaria funzione, i piloni non furono abbattuti, ma vennero utilizzati per altre funzioni, tra cui le misurazioni meteorologiche.
Sebbene questi “guardiani dello Stretto” appaiano a prima vista identici, alcune caratteristiche li rendono profondamente diversi: il gemello calabrese si erge su un promontorio alto ben 169 metri e raggiunge un’altezza dall’acqua pari a 394 metri. Il pilone di Messina è invece alto 225 metri, più gli otto della base di calcestruzzo che lo sostiene, per totale 233 metri di altezza. All’indomani della dismissione il pilone di Messina fu oggetto di una totale riverniciatura. Ancora oggi la struttura si presenta in uno stato di conservazione migliore rispetto a quello calabrese, che, tra l’altro di notte risulta sfornito di illuminazione. Per il Giubileo del 2000 il Comune di Messina dotò il Pilone di un impianto di illuminazione artistica. Negli anni successivi il Pilone di Torre Faro divenne oggetto di attrazione turistica: per un paio di stagioni fu consentita la visita al pubblico. La visita comprendeva la scalata di 1.250 gradini, fino a raggiungere la piattaforma più alta, sospesa a 225 metri di altezza, da cui ammirare il panorama mozzafiato dello Stretto di Messina.