Ceccato 98 – Fatevi i fatti nostri

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ceccato 98di Enzo Cuzzola – Di fronte casa nostra era venuta ad abitare una coppia di sposini. Erano entrambi molto giovani e belli. Lui faceva l’operaio stagionale al Consorzio irriguo del Calopinace. Chiamava con molto rispetto mio padre “compare ciccio”. Si intrattenevano spesso in conversazione. Ogni sera prima di rientrare a casa, Pepé (Giuseppe) passava a salutare mio padre. Si capiva che anche mio padre nutriva tanto affetto e rispetto, per quel giovane.

Casa loro era molto piccola, una sola camera con annesso bagno e cucinino molto piccolo. Ma mia madre diceva che per i due giovani sposini bastava, dato che si vedeva lontano un miglio quanto si amavano. Pepé aveva comprato un braciere e la moglie, tutti i pomeriggi, lo accendeva in compagnia di mia madre, che provvedeva a curare il nostro fuoco, nello spiazzo antistante le due abitazioni.

 Una sera stavamo per metterci a cena, quando mio padre ci chiese se per caso fosse passato Pepé a salutarlo. Rispondemmo tutti di no. Mio padre si disse preoccupato di questo. Voleva andare a bussare a casa sua per capire se era già rientrato o meno. Mia madre lo dissuase abbozzando un sorriso, secondo lei i due sposini stavano cenando assieme, magari non volevano essere disturbati. Cenammo con mio padre che guardava spesso la sveglia posta sopra la credenza.

Dopo cena, malgrado il freddo pungente, uscì nello spiazzo antistante casa e guardò in casa di Pepé. Le luci erano accese. Tornò dentro e disse a mia madre “vado a bussare, magari non è ancora tornato e la sposina e sola ed ha bisogno di qualcosa”. Mia madre cercava di dissuaderlo, rispondendo che la signora se avesse avuto bisogno di qualcosa non si sarebbe fatta alcun problema nel chiedere aiuto. Mio padre insisteva  “magari non è come dici tu, perché è una donna riservata”.

Quella santa donna di mia madre, che conosceva mio padre benissimo, capì che non c’era nulla da fare. Aveva deciso e niente lo poteva fermare. Disse allora “se ritieni vai a bussare, vai a disturbare quei due colombini … va pure a farti i fatti degli altri”.

Mio padre bussò insistentemente. Nessuna risposta. Dovevano essere dentro con tutte le luci accese, anche quella sulla porta di ingresso. Bussò ancora. Nulla. Malgrado fosse un uomo minuto, buttò giù la porta con una spallata. I due sposi erano per terra privi di sensi. Aprì tutte le finestre, portò il braciere fuori e poi corse a chiedere aiuto a cugino Nino che abitava accanto.

Il giorno seguente Pepé e la moglie vennero a trovarci. Pepé ringraziò affettuosamente mio padre, dicendo “grazie compare Ciccio che vi siete fatti i fatti nostri”

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