Un pomeriggio mio padre rientrando da Reggio, dove era andato a fare ordini per il rimpiazzo in bottega alla ditta Tripodi di piazza Carmine, disse che c’era la lupa.
Non capivo di cosa stesse parlando. Pensai alla squadra, perché mi resi ovviamente conto che la città romana non si era potuta spostare dalle nostre parti. Chiesi subito lumi. Mi disse che la lupa era la nebbia. Peggio ancora, cosa era la nebbia?
Decise allora di farmi costatare di persona. Mi invitò a salire sul sellino posteriore della ceccato 98, in fondo a mio padre piaceva andare in moto e piaceva portarsi dietro anche me. Scendemmo in città. Mi portò sul lungomare.
Sorpresa e stupore mi assalirono. La Sicilia era scomparsa, al suo posto si vedevano solo mare e nuvole.
Mio padre mi spiegò che la Sicilia era al suo posto, semplicemente non si vedeva per quello strano fenomeno meteorologico. Mi raccontò anche che con quel fenomeno, nello Stretto, era pericolosa anche la navigazione.
Mi spiegò anche come il venticello del Calopinace impediva alla lupa di spingersi fino al paese. Avevo molto apprezzato l’esperienza . Lui lo capì e promise che appena possibile, oltre alla lupa, mi avrebbe fatto conoscere anche la Fata Morgana. Volevo conoscerla subito. Mi spiegò che non era possibile, perché sia la lupa sia la fata decidevano esse quando farsi vedere.
In compenso passammo da Liconti dove mi comprò un panino al burro buonissimo, quasi un dolce.