Ceccato 98 – Quante ne buscavamo: il braccio rotto

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di Enzo Cuzzola – La strada provinciale aveva da qualche anno soppiantato la comunale che, da San Paolo alla Rotonda, conduceva fino al paese, passando da Spirito Santo, San Cristofaro e Prumo. Dopo il ponte sul torrente Prumo, la strada, che per alcuni tratti si sovrapponeva alla vecchia comunale, giungeva al Paese, costituito da tre borghi, Riparo, Cannavò e Riparo Vecchio, ormai fusi in una unica frazione, anche se le dispute, le rivalità, gli antagonismi, continuavano, ormai sfogandosi nelle partitelle di calcio ovvero a biliardo.

La strada provinciale era stata asfaltata l’estate prima, fu così che vedemmo le prime ruspe e le prime “macchine bombolone”. Delle strane macchine che al posto delle ruote avevano giganteschi cilindri metallici per appiattire il bitume.

Le bici senza freni, o forse senza niente, erano la regola della mia infanzia, ma anche la provinciale senza parapetti era la regola. Quel pomeriggio avevamo deciso di lanciarci a tutta birra dalla discesa di Campolo, per verificare chi arrivava primo alla fontana della chiesa di Riparo, ma è dura frenare con i soli piedi… così Mimmo finì nella scarpata. Nel buio di quel tardo pomeriggio di inverno non lo vedevamo, sentivamo solo il pianto, ma quello ci guidò, saltammo giù e lo trovammo raggomitolato che si teneva stretto al torace, con il sinistro, il braccio destro. Capimmo quel pianto, o forse pensavamo di aver capito, per questo in coro formulammo la retorica domanda: ti fa male?…Certo che si rispose… Lorenzo il più esperto di noi in queste cose ( mica per niente poi si è laureato in medicina) disse: non piangere adesso ti portiamo a casa dai tuoi e poi magari mio padre (era fra i pochi in paese ad avere a quel tempo una macchina) ti accompagna in ospedale così ti “ngessano” e non ti farà più male. Mimmo rispose tra un singhiozzo e l’altro: non piango per il dolore, ma perché penso a quante me ne darà mio padre… All’epoca “botte e pannelli facevano i figghioli belli”

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