Ceccato 98 – Ricordi di guerra

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ceccato 98di Enzo Cuzzola – Mio padre, aveva fatto la campagna d’Africa e poi era stato catturato dagli Americani. Non amava raccontare del periodo ante prigionia. Raccontava spesso della prigionia, del viaggio in nave fino a New York prima, poi, attraverso il canale di Panama, sino a San Francisco, sulla sponda orientale, per finire in un campo alle Hawaii. Raccontava di come aveva conquistato gli ufficiali, che comandavano il campo, attraverso la buona cucina italiana. Raccontava di come lo trattavano bene, di come poteva far beneficiare della buona cucina, anche, i suoi compagni di camerata. Ma non amava raccontare della guerra in Africa. Avvicinandosi il 25 aprile, al telegiornale o nelle trasmissioni giornalistiche, si sentiva parlare spesso della guerra dei partigiani, delle loro gesta eroiche, delle loro vittime, dei loro sacrifici.

Il 23 aprile non eravamo andati a scuola per la festa del nostro Santo Patrono, San Giorgio Cavaliere. Il giorno prima, il maestro Zaccaria ce ne aveva narrata la leggenda. Era un grande combattente un eroe che non aveva esitato a combattere e sconfiggere il drago. Ne approfittai per stimolare mio padre al racconto. Gli chiesi di raccontarmi delle battaglie alle quali aveva assistito. Mi raccontò delle battaglie di Tobruk e di El Alamein. Mi raccontò di quanto era stata dura combattere con i carri armati finti, senza armi e senza rifornimenti. Mi raccontò della leggenda della Volpe del deserto (Rommel). Mi raccontò della sua cattura, rimasto unico superstite del suo battaglione. Aveva visto morire uno dopo l’altro i suoi commilitoni.

Mio padre sembrava un uomo burbero ed insensibile. Ma aveva un cuore grande quanto un palazzo. Una lacrima rigava il volto mentre raccontava. Gli chiesi perché e mi disse che, tutto il battaglione, aveva combattuto per la Patria, ma nessuno li ricordava più o li avrebbe mai ricordati, perché avevano combattuto a fianco dei Tedeschi. Mi disse che, in fondo, Duce o non Duce, egli quella guerra la avrebbe ricombattuta all’infinito, perché lo aveva fatto per la sua Patria. Gli asciugai la lacrima e dissi che era il mio eroe. Anche se nessuno se ne sarebbe più ricordato dei suoi commilitoni, lo avrei fatto io, almeno ogni anno, per la festa della liberazione. Non importava, come era andata la storia, erano anche loro degli eroi, perché avevano combattuto per la Patria.

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