Verso un “Governo di Minoranza” per la coalizione di Centro/Destra con Salvini premier: ecco le ultime ipotesi da Palazzo Chigi
La soluzione per formare un Governo ed evitare la paralisi istituzionale dopo le elezioni politiche del 4 marzo sembra sempre più quella del “Governo di Minoranza“, cioè un Governo della maggioranza relativa (e non assoluta). In parole semplici, governerà chi ha preso più voti e ha eletto più parlamentari, anche se non supera la metà dei seggi nelle camere del parlamento. E’ un Governo della minoranza più numerosa, e si tratta ovviamente del Centro/Destra che ha superato il 37% dei consensi e ha vinto le elezioni (il Movimento 5 Stelle ha raggiunto il 32%, la coalizione guidata dal Pd il 22%).
Alla Camera, infatti, il Centro/Destra ha eletto 266 deputati contro i 221 del Movimento 5 Stelle e i 126 della sinistra (Pd + Liberi e Uguali).
Al Senato il Centro/Destra ha 135 senatori, il Movimento 5 Stelle si ferma a 112 e la sinistra appena 61.
Per dare il via a questo governo, sarà necessario che una parte delle opposizioni – pur non dando la fiducia quindi non stringendo alcun accordo e non entrando nell’esecutivo – si astengano dal voto, senza neanche votare la sfiducia. Uno scenario democratico, previsto dalla Costituzione non solo italiana ma di tutte le principali democrazie mondiali. In Italia i precedenti sono due: il primo governo di Giovanni Leone nel 1963 e il terzo governo di Giulio Andreotti nel 1976, che nonostante fosse un Governo di Minoranza, rimase in carica addirittura un anno e 7 mesi, un vero record per quei tempi in cui era solito rinnovare l’esecutivo ogni tot. di mesi. Eppure quel governo ottenne la fiducia del Senato con appena 136 voti e alla Camera con 258 voti. Numeri uguali o addirittura inferiori rispetto a quelli del Centro/Destra di oggi. Decisiva fu l’astensione del Partito Comunista di Berlinguer che diede vita al cosiddetto “Governo della non sfiducia“.
L’unica alternativa alla crisi istituzionale, per l’Italia, sembra questa soluzione, ad oggi molto più verosimile rispetto a un improbabile accorto politico Movimento 5 Stelle – Pd che da un lato andrebbe a formare un Governo non si sa su cosa sarebbe basato, vista la distanza di idee e programmi dei due partiti, e dall’altro rischierebbe di annullare il consenso di entrambi. Un consenso che nasce proprio dalla profonda divisione tra chi ha governato l’Italia negli ultimi cinque anni e rivendica la bontà delle proprie scelte, e chi invece si è proposto per rompere rispetto al passato. Il risultato sarebbe quello di tornare presto a votare con un Centro/Destra a cui verrebbe consegnato il Paese con un clamoroso exploit elettorale. Uno scenario che a sinistra non piace a nessuno.
Ovviamente il destino del Movimento dipenderà da quello che il Centro/Destra riuscirà a fare al Governo: se inizierà un’altra stagione di scelte distanti dalle esigenze del popolo, alla fine della legislatura saranno i grillini a raccogliere maggior consenso. Ma se il Governo dovesse davvero abbassare le tasse, favorire il lavoro, regolare l’immigrazione, garantire più sicurezza e quindi rilanciare il Paese, allora la “protesta” grillina non troverebbe più sponda. Le ultime Regionali di Lombardia e Lazio confermano che in caso di buon governo il Movimento 5 Stelle si scioglie come la neve al sole: è un contenitore vuoto che raccoglie il malcontento e sui territori è riuscito a vincere soltanto lì dove gli altri avevano lasciato disastri.
Adesso al Centro/Destra che, comunque, ha vinto le elezioni, tocca l’onere e l’onore di cogliere la sfida di annullare questo disagio e, contestualmente, il consenso a cinque stelle.