Il premier Conte torna apparentemente vincitore in patria dopo le trattative con gli altri membri dell’Unione Europa in merito alla questione migranti
Questa mattina ci siamo risvegliati gridando al miracolo: “Sui migranti l’Italia non è più sola!“. Il premier Conte torna apparentemente vincitore in patria dopo le trattative con gli altri membri dell’Unione Europa in merito alla questione che più scalda gli animi e più sta a cuore agli italiani negli ultimi tempi. Ma si tratta davvero di una vittoria così schiacciante? E’ davvero una grande conquista quella ottenuta dal primo ministro al tavolo delle trattative europee? Al di fuori degli spot tipici della comunicazione di certa parte politica sono necessari un approfondimento e un’analisi minuziosa di quanto ottenuto e di quanto invece ci si aspettava di ottenere. Perché un motivo ci sarà se il ministro dell’interno Matteo Salvini, al quale la questione preme particolarmente, ha ritenuto opportuno precisare: “Non mi fido delle parole, vediamo che impegni concreti ci sono perché finora è sempre stato ‘viva l’Europa viva l’Europa, ma poi paga l’Italia“.
I fatti. Le conclusioni del Vertice Ue hanno affermato “il principio di un nuovo approccio che riguarda i salvataggi in mare: d’ora in poi si prevedono azioni basate sulla condivisione e quindi coordinate con gli stati membri”. Lo dice il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, il quale ha confermato che “è prevista la possibilità di costituire dei centri di accoglienza per consentire lo sbarco e se necessario il transito dei migranti anche in paesi terzi con Unhcr e Oim“. “Altro principio è quello per cui in Europa si possono creare dei centri di accoglienza ma solo su base volontaria – ha proseguito – i paesi che vogliono attrezzarsi per farli potranno fare dei centri basati su una gestione collettiva europea. Ancora, sara’ rifinanziato il fondo fiduciario per l’Africa. Avevamo chiesto che fossero intensificati i rapporti con i paesi da cui hanno origine i migranti e i paesi di transito. Infine la necessita’ di riformare Dublino e le regole della Sar. E’ stata una lunga negoziazione, ma siamo soddisfatti“, ha spiegato il premier che si è espresso anche in merito alla realizzazione di centri di accoglienza per migranti a gestione europea in Italia: “è una decisione che ci serberemo a livello governativo, collegiale. Direi che non siamo assolutamente obbligati a farlo“.
Di concreto, dunque, c’è il fatto che l’Italia e tutti gli altri stati membri dovranno contribuire all’aumento del fondo fiduciario per l’Africa, nell’ottica di un “aiutiamoli a casa loro”, ma di respiro internazionale. Per il resto, questa vittoria tanto decantata dal nostro primo ministro sul quale avevamo riposto grandi speranze, ricorda un po’ la “vittoria mutilata” portata a casa dagli italiani con la fine del primo conflitto mondiale. Considerando che l’Italia chiedeva l’apertura dei porti di tutta Europa ai barconi e la distribuzione di tutti i migranti tra i Paesi dell’Unione, obbligatoria ovviamente, il risultato portato a casa è alquanto deludente, sebbene lo si voglia far passare per un fruttuoso colpaccio. “Vediamo che principi, che soldi e che uomini ci sono“, ha precisato Matteo Salvini, fermo restando che i “principi fondamentali sono e continuano ad essere la protezione delle frontiere esterne, non lasciare sola l’Italia, un investimento vero in Africa e non a parole. Vediamo che impegni concreti ci sono su principi, soldi e uomini – ha concluso – perché ad esempio nell’operazione Themis, che dovrebbe essere un’operazione europea, su 32 imbarcazioni 30 sono italiane“. Salvini aspetta i fatti perché non si fida delle parole e a noi italiani non resta che fare altrettanto: per le parole ci sono le campagne elettorali, e del fumo senza arrosto ormai ce ne facciamo ben poco.