La Corte Europea condanna l’Italia: “le villette di Punta Pellaro non erano abusive. Lo Stato non poteva confiscarle, ha violato la proprietà privata”

Storica sentenza della Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo contro lo Stato Italiano per le villette di Punta Pellaro e altre opere edilizie in Puglia e Sardegna

StrettoWeb

La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, con una sentenza non appellabile, ha stabilito che le autorità italiane non avrebbero dovuto procedere con la confisca di numerosi terreni per costruzione abusiva senza una previa condanna dei responsabili: la sentenza riguarda Punta Perotti (Bari), Golfo Aranci (Olbia), Testa di Cane e Fiumarella di Pellaro (Reggio Calabria). Per i giudici le autorità italiane hanno violato il diritto al rispetto della proprietà privata. Nella sentenza la Corte di Strasburgo definisce la misura di confisca attuata nei confronti di 4 società (Giem Srl, Hotel Promotion Bureau Srl, Rita Sarda Srl e Falgest Srl) e una persona (Filippo Gironda) come “sproporzionata“, riservandosi tuttavia di decidere in un secondo momento sull’ammontare del risarcimento, anche per dare tempo – 3 mesi – al governo e ai ricorrenti la possibilità di raggiungere un accordo sulla cifra.

La condanna per la violazione del diritto al rispetto della proprietà privata discende direttamente da altre violazioni che, secondo la Corte, le autorità italiane hanno commesso nei confronti dei ricorrenti. In particolare, nei confronti delle quattro società, tutte a responsabilità limitata, i giudici evidenziano che “queste non sono mai state imputate in alcun processo sul reato di abusivismo” in quanto la legge in vigore non lo consentiva in base al principio ‘societas delinquere non potest‘. Per quanto riguarda invece Filippo Gironda, la Corte afferma che l’Italia non ha rispettato il suo diritto alla presunzione d’innocenza. L’uomo, scrive la Corte, “è stato dichiarato colpevole, in sostanza, dalla Corte di Cassazione, nonostante il fatto che i processi per il reato imputatogli fosse finito per prescrizione“. In generale la Corte osserva anche che i fatti sembrano contraddire la tesi secondo la quale le confische in questione hanno “effettivamente contribuito alla protezione dell’ambiente“, cioè l’obiettivo dichiarato dallo Stato italiano. Infine i togati di Strasburgo osservano che l’applicazione automatica della confisca in caso di abusivismo prevista dalla legge italiana “è chiaramente inadatta dato che non permette ai tribunali di definire quali strumenti sono i più appropriati in relazione alle circostanze specifiche del caso“.

Certamente è una sentenza che restituisce giustizia alle persone ma nulla può, purtroppo, in ordine all’utilizzo degli immobili che in questi anni sono stati oggetto di gravi atti di vandalismo che comportano ingenti danni economici“. Lo ha detto Giuseppe Falduto, uno dei soci della Falgest srl e del centro commerciale ‘Porto Bolaro’ di Reggio Calabria, in relazione al pronunciamento della Corte di Giustizia europea, in composizione plenaria, che ha accolto il ricorso delle società “Falgest srl” e “Gironda” alle quali erano stati sequestrati 40 appartamenti nel 2000 in località ‘Punta Pellaro’, nella periferia sud di Reggio Calabria. Le unita’ abitative facevano parte di un residence turistico, quasi ultimato. Le imprese erano state denunciate per presunti abusi edilizi in relazione alla destinazione d’uso degli immobili, costruzioni sequestrate dal giudice di primo grado, nonostante l’assoluzione penale dei responsabili delle due aziende. In Appello, i giudici avevano non solo confermato l’innocenza degli imprenditori, ma liberato gli immobili anche dal gravame della confisca. Il Procuratore Generale, avverso l’assoluzione, aveva però avanzato ricorso in Cassazione e la Suprema Corte, ribaltando la sentenza di secondo grado, ripristinando anche la misura della confisca del bene. Da qui, i titolari delle due imprese, assistiti dall’avv. Andrea Saccucci, hanno proposto ricorso alla Corte di Giustizia europea che ha sancito adesso con la sua sentenza l’impossibilità dell’applicazione della confisca in mancanza di una condanna penale definitiva. Ma dopo 18 anni dal sequestro, il disastro di Punta Pellaro è ormai compiuto, sulla pelle dell’ambiente e dei cittadini in nome del giustizialismo.

Punta PerottiNella vicenda c’è anche Punta Perotti, a Bari, dove sorgeva quello che per tutta Italia era diventato l’emblema degli ‘ecomostri’, abbattuto nel 2006 dopo le pressioni degli ambientalisti. La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha stabilito che le autorità italiane non avevano il diritto di confiscare terreni con costruzioni abusive prima di una condanna formale dei titolari. Facendolo, hanno violato il diritto del rispetto della proprietà privata. Lo Stato già nel 2012 era stato condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo a risarcire le imprese costruttrici del complesso che sorgeva sul lungomare di Bari, e Palazzo Chigi si è rivalso sul Comune di Bari chiedendo di versare, a rate, oltre 46 milioni di euro. Conseguenza: un nuovo contenzioso, tra amministrazione e governo. La vicenda giudiziaria, iniziata nel 1997, due anni dopo l’avvio dei cantieri, a oltre dodici anni dalla demolizione sembra ancora lontana dal veder scritta la parola fine. Ma questa sentenza potrebbe ribaltare l’approccio tutto italiano alle opere edilizie viste da troppo tempo come il male assoluto del nostro Paese.

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