Fondi Europei, Andrea Cozzolino a StrettoWeb: “importante gestione condivisa con il Governo di queste risorse. E sull’Europa il rischio reale è la paralisi”

StrettoWeb

L’Unione Europea, i fondi europei e le elezioni della prossima primavera: Andrea Cozzolino fa il punto della situazione ai microfoni di StrettoWeb

Andrea Cozzolino è un veterano dell’Euro-Parlamento: eletto per la prima volta nel 2009 con quasi 137 mila preferenze (il più votato del Partito Democratico) e confermato nel 2014 con oltre 115 mila voti, adesso è stato nominato relatore del regolamento sul Fondo di sviluppo regionale (Fesr) e Fondo coesione, che insieme valgono oltre 320 miliardi di euro: è la prima volta che un italiano ha un incarico così importante nel settore dei fondi comunitari. “Tutti i fondi europei dei prossimi anni – spiega Cozzolino ai microfoni di StrettoWeb – passeranno dai regolamenti che stiamo modificando e riscrivendo. Il fatto che io sia il primo italiano a ricoprire quest’incarico, la dice lunga sull’esigenza di avere uomini e donne italiani che scelgano di impegnarsi in politica in Europa con continuità, perché per raggiungere questi traguardi serve tempo, pazienza, lavoro, sacrificio, confronto, ascolto. Non ci si può improvvisare in Europa: l’Italia ha bisogno di processi di riforma molto importanti, e io cercherò di fare il meglio possibile per il nostro Paese e soprattutto per il nostro Mezzogiorno“.

56 anni, napoletano, Cozzolino ci tiene molto a fare una precisazione importante: “Le risorse che l’Europa ci mette a disposizione sono risorse limitate. Non possiamo pretendere dalle risorse comunitarie la risoluzione dell’antica questione meridionale. Se poi le risorse sono le uniche che mettiamo a disposizione del Mezzogiorno – cioè non sono accompagnate da un contesto più ampio di investimenti, provenienti da amministrazioni dello Stato, Ministeri e, in generale dalla politica economica dei governi nazionali – non vedo davvero come esse possano risolvere i problemi e le tare storiche di dipendenza e di ritardo di sviluppo che il mezzogiorno ha accumulato nel costo di questi anni. Secondo me è decisivo il contesto in cui vengono utilizzati: è un’illusione che la politica di coesione dell’Unione Europea possa risolvere tutti i problemi del mezzogiorno“.

Una riflessione più ampia, che non vuole nascondere il problema dell’utilizzo delle risorse. Cozzolino ne è pienamente consapevole: “se Bari ha già utilizzato il 38% dei fondi Pon-Metro 2014-2020, e Napoli invece solo lo 0,01%, è evidente che ci sarà una differenza ed è una differenza di indirizzo politico. Purtroppo i Sindaci e i governatori, spesso e volentieri, non hanno chiaro quanto siano importanti queste risorse e quanto debbano metterci la testa e la faccia nell’impegno e nell’utilizzo dei fondi comunitari. Spesso, oltre ai Sindaci, c’è un grande problema di macchina organizzativa, perché queste risorse richiedono una pubblica amministrazione in grado di leggere e interpretare i programmi e di spendere concretamente queste risorse con progetti realizzabili. È decisivo l’impegno politico e la capacità politica, ma al tempo stesso c’è bisogno di una macchina amministrativa efficiente e produttiva: sono due punti non sempre posti al centro del lavoro politico che s’è svolto nel mezzogiorno. I fondi comunitari sono comunque importanti: senza quelli saremmo in una situazione ancor più pesante. Ovviamente risultano decisive, come sempre le scelte di politica nazionale“.

A me piacerebbe – prosegue Cozzolino ai microfoni di StrettoWeb – che si facesse informazione importante su questo tema, in modo serio. Creiamo una mobilitazione intorno ai fondi comunitari: sono le risorse più importanti che abbiamo a disposizione. È bene che i cittadini sappiano sempre come vengono utilizzati e programmati, come sono indirizzati, esercitando così un controllo sociale molto forte. Servirebbe una mobilitazione intelligente e continua dei cittadini per coglierne le novità: è molto importante da questo punto di vista l’opinione pubblica, il lavoro di controllo che può fare un giornalismo aperto e intelligente, entrando nel merito delle spese e degli impegni: il turismo, il welfare, i beni culturali, l’energia sostenibile, la mobilità, la riqualificazione dei centri cittadini e delle periferie. Sono temi decisivi e attuali. Serve una concreta progettualità che però non è fatta solo da esperti: serve il pieno e consapevole contributo delle comunità locali, delle opinioni pubbliche“.

Più in generale, Cozzolino approfondisce il tema dell’europeismo nei tempi del populismo: “viviamo un clima nazionale e immaginiamo che siamo quasi all’apertura di una nuova stagione in cui i populisti e i sovranisti possono conquistare la maggioranza nelle principali istituzioni europee. Mi pare che questo obiettivo sia lungo, e oggi non sia alla loro portata. Innanzitutto perché il fronte populista e sovranista non è unito: in Italia ad esempio ci sono le posizioni della Lega con Marine Le Pen e le posizioni dei Cinque Stelle che votano contro Orbán, quindi anche questo fronte non è così unito e compatto come lo si vuole far sembrare. Non c’è dietro l’angolo delle elezioni europee una maggioranza nazionalista, sovranista e populista che può mettere in discussione il progetto europeo fino al punto di disgregarlo. Può succedere quello che è già in corso da qualche anno, cioè il prevalere di meccanismi legati a egoismi nazionali che possono rendere le istituzioni europee totalmente incapaci di prendere una decisione, bloccate. Non saremo di fronte alla disintegrazione dell’Europa, ma all’incapacità dell’Europa di prendere decisioni. Io vedo questo rischio, più che altro. Vedo un rischio, di una non decisione, che potrebbe minare profondamente le istituzioni europee. Noi siamo già dentro un meccanismo inter-governativo, dove prevale l’indirizzo del consiglio europeo, quindi del vertice tra i capi di stato e di governo. Siamo già nella stagione della prevalenza degli egoismi nazionali rispetto agli interessi generali europei. È stato così negli ultimi anni, gli stessi in cui abbiamo affrontato la drammatica crisi economica e sociale; è stato così nella vicenda immigrati quando andava modificato subito Dublino senza lasciare l’emergenza solo nei paesi di prima ospitalità come l’Italia, la Grecia e la Spagna, invece occorreva il concorso di tutta l’Europa“.

Se il voto dovesse ratificare la conferma di questa dimensione intergovernativa e nazionalista – prosegue Cozzolinoè del tutto evidente che le decisioni sarebbero solo alla portata dei più forti, quindi il peso del nostro Paese si ridurrebbe proporzionalmente e ci ritroveremmo sempre più lontani dai forti. Potremmo giocare un ruolo decisivo tra Francia e Germania, invece questa politica balbettante e arrogante di sfida continua sul nulla, sta mettendo in condizioni la Spagna di svolgere quella funzione. Così l’antico desiderio della Spagna di giocare un ruolo di parte fondamentale e di guida dello schieramento europeo rischia di realizzarsi a scapito dell’Italia. Altro che “interessi nazionali”, noi stiamo facendo di tutto per alimentare un gioco puramente elettorale a somma zero, anzi, con rischi enormi per il Paese. Noi rischiamo di rimanere totalmente fuori e di colpire profondamente i nostri interessi“.

Cozzolino, così, entra nel merito delle ultime scelte economiche del Governo: “ci stiamo presentando in Europa con due misure che fanno a cazzotti tra loro, una finta flat tax e il reddito di cittadinanza. Ci presentiamo ancora in Europa con un “condono” e con assistenzialismo generico, che è ben lontano dalla proposta avanzata dai 5 Stelle in campagna elettorale. Al contrario, basterebbe invece insistere sulle misure di contrasto alla povertà già esistenti come il reddito di inclusione usando le risorse disponibili per incrementarlo. Con questo Governo non abbiamo alcuna politica di crescita e sviluppo. Mancano gli investimenti e il Governo fa politiche che non faranno né aumentare i consumi né l’occupazione. In Europa si sta lavorando al contrario, per assicurare il futuro dei giovani, invece qui stiamo dando un colpo definitivo a ragazzi e ragazze che non avranno coperture pensionistiche nei prossimi anni. Un peso pazzesco sulle giovani generazioni: sappiamo che chi oggi entra nel mercato del lavoro, farà fatica ad uscire con un sistema pensionistico degno. C’è un misto di assistenzialismo, condoni, giovani penalizzati e l’Europa avverte tutto questo con allarme e preoccupazione. Sono esattamente le scelte politiche che hanno prodotto la crisi del 2011, è come se noi tornassimo all’indietro. Anche al netto di quello che accadrà con i mercati: gli investitori privati che hanno nelle mani il nostro debito pubblico determinano i problemi legati allo Spread. Sarà un aumento continuo che peserà sulla prossima manovra finanziaria nell’ordine di 18-20 miliardi, augurandoci che non ci sia un ulteriore incremento. Sono soldi che paghiamo in più, che ci costa in più. E chi lo paga tutto questo? Di Maio? Salvini? Prima o poi anche l’opinione pubblica comprenderà come si stanno generando questi danni.”

L’Europa – spiega Cozzolinonon ci impone nulla. L’Italia ha fatto un accordo con tutti gli altri Paesi: l’accordo prevede che ogni anno bisogna rispettare dei parametri. Il Governo italiano ha presentato i propri parametri a inizio luglio, e adesso sta smentendo quei parametri concordati e stabiliti insieme agli altri Stati. Lo può fare, ma ne assume responsabilità, paga dei prezzi e ha una procedura di infrazione. Anche la Francia si è fatta carico di pagare le conseguenze di una sua deviazione, senza dichiarare guerra all’Europa: lo può fare perché ha un debito pubblico molto inferiore al nostro, sotto il 100% (noi siamo al 132%), e ha un avanzo di amministrazione significativo, non ha una situazione come quella dell’Italia in termini di welfare e di istituzioni pubbliche. Non ha distorsioni tipicamente italiane con un Nord, un Centro e un Sud che hanno differenze di sviluppo molto marcate, e non ha un tasso di disoccupazione giovanile come il nostro. Quindi la Francia può consentirsi, per brevi fasi, di deviare dagli accordi con l’Europa e di pagarne le conseguenze. Noi, invece, abbiamo conseguenze più significative. Ma quello che voglio dire è che anche gli altri Paesi che non rispettano gli accordi ne pagano le conseguenze. L’Europa non proibisce nulla, ma è chiaro che se non vengono rispettati gli accordi, si attivano le procedure di infrazione stabilite dagli stessi Capi di Stato“.

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