Reggio Calabria, l’emergenza rifiuti non si limita alla città: scoperta enorme discarica sui fondali della città, ci sono auto, barche, plastica e persino un forno [FOTO]

  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
  • rifiuti stretto di messina
/
StrettoWeb

Se non bastassero le pessime condizioni della città per quanto riguarda i rifiuti, ora un nuovo studio mette in risalto anche lo stato pietoso dei fondali marini davanti Reggio Calabria e in generale nello Stretto di Messina, che appare come una vera e propria discarica

“L’inquinamento marino è una delle alterazioni più diffuse e crescenti degli oceani del mondo, che è stata documentata in tutti gli ambienti marini, dalle acque superficiali costiere alle aree più remote come i poli e le isole oceaniche”. E ora anche nello Stretto di Messina, come evidenziato dallo studio di 3 ricercatori del CNR-IGAG e della Sapienza di Roma, pubblicato sulla rivista Nature.

“Mentre grande attenzione viene data alla plastica e alle microplastiche, sia sulle spiagge che negli oceani, la distribuzione dei macro-rifiuti sul fondale marino (i cosiddetti rifiuti bentici), soprattutto per le acque profonde, è ancora poco conosciuta. E si tratta di un grande divario di conoscenza, considerando che i fondali marini sono il posto in cui si accumulano tutti i detriti provenienti dalle fonti terrestri, che li trasformano nel più grande “centro di raccolta” dei rifiuti sulla Terra. Soprattutto il Mediterraneo, un mare semi-chiuso con grandi concentrazioni urbane e industriali lungo le sue coste, forte traffico marittimo e limitato scambio d’acqua attraverso lo Stretto di Gibilterra, è considerato come uno dei siti con la più alta densità di rifiuti marini bentici di tutto il mondo”, scrivono gli esperti.

I ricercatori Martina Pierdomenico e Daniele Casalbore (entrambi del CNR-IGAG,Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria) e Francesco Latino Chiocci (dell’Università La Sapienza di Roma), che avevano iniziato un progetto per realizzare la carta geologica del fondale a mille metri di profondità nello Stretto di Messina, una delle aree più geologicamente attive del Mediterraneo centrale, si sono imbattuti in qualcosa di incredibile: rifiuti urbani in enormi quantità a diverse centinaia di metri di profondità. La particolare impostazione geomorfologica dello Stretto di Messina è caratterizzata da una ripida catena montuosa molto vicina alla costa, drenata da fiumare in grado di trasportare detriti e spazzatura durante gli eventi di piogge torrenziali ma anche da canyon sul ripido fondale. L’ambiente appena descritto, abbinato alle aree costiere densamente popolate e alle scarse pratiche per lo smaltimento dei rifiuti, particolarmente evidenti nella città di Reggio Calabria, sempre più abbandonata al degrado ambientale, rappresentano un laboratorio naturale per lo studio del trasferimento dei rifiuti urbani solidi marini alle acque profonde.

Dalle analisi delle video osservazioni di veicoli controllati a distanza, dei dati dei sonar a scansione laterale e dei dati morfo-batimetrici, i ricercatori sono stati in grado di descrivere una sorprendente quantità di rifiuti bentici in queste aree. Sono stati ritrovati quasi 4.000 oggetti su una distanza lineare di 6.420 metri in quattro punti dello Stretto, due di fronte a Reggio Calabria e due sul versante siciliano. La distribuzione dei rifiuti è eterogenea, con concentrazioni più alte all’interno dei canali siciliani rispetto a quelli calabresi. Un generale aumento nell’abbondanza dei rifiuti è osservato all’interno di ogni singolo canale con maggiore profondità. Per quanto riguarda la composizione dei rifiuti, la plastica morbida, rappresentata essenzialmente da sacchetti e confezioni di plastica, è la categoria di gran lunga più diffusa, rappresentando il 52,4% di tutti i rifiuti, seguita da plastica rigida (26,1%), materiali edili (3%), legno (2,5%), vestiti (2,4%). La tipologia degli oggetti osservati suggerisce che la maggior parte dei detriti antropogenici nello Stretto di Messina si origini da fonti terrestri.

Per esempio, i comuni oggetti di plastica rigida includono bottiglie e bicchieri, ma anche giocattoli, assorbenti, grondaie, tubi per innaffiare e persino serrande. Sono abbondanti anche i materiali da costruzione, come mattoni e cumuli di cemento, soprattutto sul margine calabrese. Il materiale in legno lavorato è prevalentemente rappresentato da tavoli e frammenti di mobili, mentre i rifiuti metallici includono grandi oggetti come lastre e barili. Tra l’enorme quantità di rifiuti in fondo allo Stretto di Messina anche un forno, un albero di Natale di plastica, scarpe, cucchiai, stivali, palloni e giocattoli di ogni tipo, canne fumarie, secchi di vernice con pennello, cassette musicali, copriwater e scopettoni, materassi, tappetini di auto, vestiti, pneumatici. Per quanto riguarda le dimensioni, il 53% dei rifiuti osservati è più grande di 10cm, generalmente a causa della frammentazione di oggetti più grandi, mentre il 41% ha dimensioni comprese tra 10 e 50cm. Diversi oggetti più grandi di 50cm sono prevalentemente presenti all’interno dei canali di Tremestrieri (Sicilia) e San Gregorio (Calabria).

Ma ciò che emerge da un quadro già preoccupante, è l’auto ritrovata a 510 metri di profondità nel canale di San Gregorio, mentre 4 piccole imbarcazioni sono state ritrovate nel canale di Tremestrieri tra 580 e 520 metri di profondità. L’auto sembra essere partita da Reggio Calabria e aver percorso ben 2km in fondo al mare: arrivata a 510 metri di profondità si è ribaltata ed ora giace lì, piena di fango e detriti, fin quando le correnti non decideranno cosa fare di lei. Una delle imbarcazioni, invece, è stata identificata come appartenente ad una struttura turistica della costa siciliana. Inoltre, l’abbondanza di rifiuti è molto più irregolare sul lato siciliano (da 1 a 200 oggetti ogni 10 metri) rispetto al lato calabrese. I rifiuti sono spesso disposti in grandi accumuli formati da centinaia di oggetti mescolati a detriti a grana grossa, che indicano una collocazione da flussi sedimentari. Questi accumuli sono più diffusi nei canali di Tremestrieri, mentre sul lato calabrese sono presenti solo piccoli accumuli di qualche decina di oggetti.

Questa impressionante quantità di rifiuti “può essere spiegata solo dalla sovrapposizione di un efficiente trasporto sedimentario e di una forte urbanizzazione dell’area costiera”, riportano i ricercatori. Già Reggio Calabria soffre pesantemente del problema rifiuti, come evidenziato anche dal comico Enrico Brignano che l’ha paragonata alla sua Roma, e ora uno studio sull’importante rivista internazionale Nature mette in luce anche lo stato pietoso dei fondali marini dello Stretto, un tempo spettacolo di biodiversità, ora enorme discarica di rifiuti di ogni tipo. “Quel che accadrà, immagino, è che lentamente i rifiuti saranno ricoperti da fango o da altri rifiuti e un mio collega li ritroverà fra migliaia di anni. Così la nostra epoca verrà ricordata come l’epoca della geo-monnezza“, ha commentato Chiocci.

Condividi