L’Italia viaggia a due velocità e si spacca sempre di più: il Nord continua a crescere intorno a Milano che assume sempre più una dimensione internazionale grazie a una classe dirigente locale capace e lungimirante mentre il Sud rimane isolato, periferico e abbandonato con amministratori che celebrano la pulizia delle spiagge, la raccolta dei rifiuti o la convocazione dei tavoli tecnici. Cioè il nulla
La Padania italica si gode, con giustificato entusiasmo, l’assegnazione dei Giochi Olimpici invernali 2026.
Milano-Cortina, un tandem forse atipico ma un brand terribilmente vincente, straccia Stoccolma, si assicura l’evento degli eventi sportivi internazionali ed impartisce l’ennesima lezione di caparbietà e volontà al resto della nazione, prevalentemente logorroica ed improduttiva.
Per il Nord Italia è la seconda Olimpiade in venti anni. Nessuno Stato del Mondo è riuscito in tanto.
Se a questo ci aggiungiamo che Milano, in meno di dieci anni, è riuscita ad accaparrarsi un Olimpiade e l’organizzazione di Expo 2015, comprendiamo come la città meneghina sia diventata un punto di riferimento internazionale senza precedenti, asfaltando ormai di gran lunga la capitale Roma e distaccandosi (indipendenza indiretta) dal resto delle città italiane costantemente in affanno.
Il Nord Italia, sull’asse lombardo-veneto, viaggia ad una velocità irraggiungibile per due semplici motivi: visione e prospettiva politica, capacità e celerità dell’apparato burocratico-amministrativo che, il cui potere in Italia è ai massimi storici. E mentre il Nord è già impegnato a valutare costi-benefici dei giochi invernali, il Sud Italia è ormai vittima di un’incapacità cronica della classe politica, subordinato alle volontà della burocrazia e alla sola esigenza elettorale/clientelare. Mentre la Padania si prepara ad organizzare il terzo evento internazionale in venti anni, nel Sud Italia ci sono amministratori locali che si esaltano per una semplice e ordinaria pulizia delle spiagge(!), per un ascensore riparato, consumando il proprio tempo tra tavoli tecnici, protocolli, riunioni e aperitivi.
Lo studio commissionato dal Governo all’Università La Sapienza di Roma, carte che hanno convinto anche gli scettici politicamente ad appoggiare la candidatura italiana con convinzione dopo il passo indietro su Roma 2024, stima in 1,9 miliardi di euro il costo totale dell’organizzazione delle Olimpiadi del 2026.
Gli investimenti in infrastrutture – come riporta Panorama- sono stimati in 346 milioni di euro, una cifra non elevatissima, anche perché si utilizzerà molta impiantistica già esistente e “spalmata” sui diversi territori coinvolti nell’organizzazione.
Ed i guadagni?
2,3 miliardi complessivi di impatto positivo sul Pil italiano nel periodo dal 2020 al 2028 con un picco nel biennio dal 2025 di 350 milioni per anno. Benefici a caduta sui territori coinvolti e non solo. Esistono due studi dell’Università Bocconi e della Ca’ Foscari che addirittura alzano le stime relative alla Lombardia e Veneto.
“I Giochi porteranno un aumento medio di 5.500 posti di lavoro a tempo pieno, con un picco di 8.500 nell’anno del loro svolgimento. Le entrate fiscali stimate sono di 601,9 milioni di euro, in ogni caso superiori ai 415 che l’amministrazione centrale conta di spendere soprattutto sul capitolo sicurezza. Il dossier del Coni stima incassi dagli sponsor per 415 milioni di euro, con gli effetti economici diretti destinati a svanire a partire dal 2028, il lascito infrastrutturale invece sarà più a lungo termine”.
Tutto questo avverrà mentre le Regioni del Sud Italia – costrette all’angolo da posizioni storicamente divisorie e mai unitarie – continueranno ad alzare bandiera bianca sui temi fondamentali per un potenziale sviluppo economico. Nessun cenno dunque all’Alta Velocità ferroviaria che, di fatto, divide in due plasticamente lo stato Italiano, aumentando il divario economico, sociale e commerciale, magari mentre si suderà faticosamente per sfruttare fondi Europei per il rifacimento delle piazzette e il ripristino del decoro urbano. Cioè mentre il Nord guarda al Mondo da protagonista, dettando tempi, palcoscenici e brand, la classe dirigente del Sud Italia continuerà a spacciare per “miracoloso” la concessione dell’acqua nelle case o la raccolta dei ritiufi e resterà silente dinanzi ad una circolazione ferroviaria a binario unico (nel 2019!), a Comuni della stessa Regione tra loro irraggiungibili per tempi di percorrenza e condizioni infrastrutturali carenti, a livelli di investimento imprenditoriali lacunosi (per restare ottimisti).
E le responsabilità non possono essere addebitate solo alla classe politica o burocratica. Una cittadinanza attiva e cosciente, infatti, non avrebbe permesso tutto questo. Non avrebbe concesso ai propri rappresentanti l’insolenza e l’arroganza, avrebbe preteso dalla Stato e dalle sue diramazioni il rispetto dei doveri e dei servizi minimi, che qui, purtroppo, da tempo ormai non sappiamo nemmeno cosa siano.
La Questione Meridionale a dispetto di alcuni intellettuali che la definiscono “inesistente”, è invece più attuale che mai: è rimasta un’esigenza purtroppo dimenticata nelle Aule dei Palazzi romani; se per inerzia o apatia della classe politica del Sud poco importa. Servirebbe un moto civico reazionario, culturalmente controcorrente, che spinga il popolo del Sud a chiedere solamente il RISPETTO.