Reggio Calabria, arrestate 10 persone appartenenti o contigue alla cosca di ‘ndrangheta “Cordì” di Locri
Nella notte i militari dei Comandi Provinciali Carabinieri e Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con il supporto in fase esecutiva dei Carabinieri dello Squadrone Eliportato “Cacciatori Calabria”, dell’ 8° Nucleo Elicotteri Carabinieri e della Sezione Aerea della Guardia di Finanza di Lamezia Terme, hanno eseguito un fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal dott. Giovanni Bombardieri, nei confronti di:
- Gianfranco Alì, nato a Locri l’1 agosto 1982, ivi residente;
- Cosimo Alì, nato a Locri il 29 marzo 1957, ivi residente;
- Vasile Iulian Albatoaei (alias “Giuliano”), nato in Romania il 18 luglio 1986, residente a Locri;
- Guido Brusaferri, nato a Lodi (MI) il 18 marzo 1965, residente a Locri;
- Domenico Cordì, nato a Locri il 7 febbraio 1979, ivi residente;
- Domenico Cordì, nato a Locri il 6 maggio 1991, ivi residente;
- Antonio Cordì, nato a Locri il 3 giugno 1997, ivi residente;
- Salvatore Dieni, nato a Locri l’8 agosto 1971, ivi residente;
- Emmanuel Micale, nato a Locri il 3 luglio 1985, ivi residente;
- Gerardo Zucco, a Locri il 15 novembre 1970, ivi residente.
L’esecuzione dell’odierna misura costituisce l’epilogo dell’unificazione di tre distinte e convergenti attività d’indagine condotte dalla Sezione Operativa della Compagnia Carabinieri, dalla Stazione Carabinieri e dai militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Locri che, coordinati dal Procuratore Aggiunto Giuseppe Lombardo e dai Sostituti Procuratori Giovanni Calamita e Diego Capece Minutolo, ed ha permesso di ricostruire l’attuale operatività di gruppi criminali facenti capo alla storica cosca locrese dei “CORDÌ”, ai cui partecipi vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), estorsione (art. 629 c.p.), danneggiamento seguito da incendio (art. 424 c.p.), illecita concorrenza con minaccia o violenza (513-bis c.p.), violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale (art. 75 l. n. 159/2011), detenzione e porto in luogo pubblico di armi (art. 23 co. 1, 3 e 4 l.n. 110/1975), con l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1, avendo agito per favorire gli interessi della ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale nota come cosca “CORDÌ”.
L’associazione mafiosa e le condotte estorsive (Indagine “RISCATTO”)
I Carabinieri, in particolare, partendo da alcuni iniziali episodi delittuosi di tipo estorsivo, hanno sviluppato un’articolata attività d’indagine su alcuni sodali, collegati per diretti vincoli di sangue o da certificati vincoli associativi. Il variegato contesto delittuoso su cui si è poi operato ha permesso di poter delineare una serie di estorsioni consumate e tentate facendo leva sulla forza intimidatrice che deriva dal blasone ‘ndranghetista del sodalizio d’appartenenza (“Non c’è bisogno che parliamo…c’è bisogno solo che ci vedono…”) al fine di convincere le vittime a “mettersi a posto” e per garantire loro “protezione e sicurezza”.
In particolare, le indagini hanno permesso di ricostruire le pretese estorsive rivolte – con il coinvolgimento, a vario titolo, degli indagati Gerardo Zucco, Domenico Cordì cl. ’79 e Bruno Zucco – in danno di un imprenditore edile, affidatario di alcuni lavori banditi dal Comune di Locri (“lavori di realizzazione di un teatro in regione Moschetta”, per un valore di 600.000 euro, “ristrutturazione dell’edificio scolastico Maresca”, per 210.000 euro, subappalto “valorizzazione di Palazzo Nieddu Del Rio”, per 150.000 euro, nonché la manutenzione idraulica dei valloni che attraversano il territorio comunale, per 48.450 euro) e di appalti privati (lavori per la ristrutturazione della “Casa Bennati” di Locri, commissionati dalla Diocesi di Locri-Gerace), con richieste variabili dai 1.500 ai 18.000 euro in relazione al valore del lavoro. In un caso, gli estortori hanno tentato di imporre all’imprenditore anche la cessione in subappalto ad una ditta locrese priva dei requisiti di legge poiché non inserita nella white list prefettizie.
In un altro caso, sono state compiutamente documentate analoghe condotte criminali poste in essere dall’indagato Emmanuel Micale che, facendo leva sul timore indotto dalla sua vicinanza alle note famiglie di ‘ndrangheta dei Cordì e Alecce, ha ripetutamente tentato di costringere il titolare di una rivendita di tabacchi a “mettersi a posto” consegnando euro 1.500 al mese al fine di garantirsi “protezione e sicurezza per sè e per il proprio locale”, non riuscendo nell’intento a causa delle difficili condizioni economiche dell’imprenditore, già sottoposto ad estorsione da un altro indagato, Salvatore Dieni.
L’ingerenza nelle attività economiche afferenti al cimitero di Locri
I militari dell’Arma hanno appurato anche diversi episodi delittuosi verificatisi a Locri, apparentemente estranei a contesti di criminalità organizzata, in realtà ragionevolmente imputabili ad un’unica matrice delittuosa riconducibile a componenti della famiglia Alì di Locri che da anni esercitava un’incontrastata egemonia delle attività riconducibili alla gestione dell’area cimiteriale, come le onoranze funebri e la vendita al dettaglio dei fiori proprio nei pressi del cimitero di Locri.
A seguito del susseguirsi di gravissimi eventi chiaramente collegati agli interessi economici sul cimitero di Locri, le indagini dei Carabinieri hanno infatti permesso di validare l’ipotesi che elementi della famiglia Alì (in particolare Gianfranco Alì) abbiano acquisito il controllo del settore delle attività cimiteriali locresi, imponendo un regime di fatto monopolistico attraverso gravi azioni intimidatorie e danneggiamenti in danno di ditte concorrenti, privati cittadini e amministratori pubblici.
In particolare, nel periodo compreso tra il 29 maggio 2017 ed il 27 giugno 2019 si sono verificati nel comune di Locri una serie di episodi delittuosi accomunati dal contrapposto interesse economico, nella gestione delle attività cimiteriali, tra tutte le vittime e gli Alì: con una tempistica che non lascia margine di incertezza, coloro che svolgevano attività concorrenziale agli Alì o gli amministratori pubblici che avevano adottato atti volti a contrastare o, comunque, ad attenuare quel monopolio, subivano danneggiamenti e minacce gravi arrivate fino all’incendio dei mezzi di lavoro, al posizionamento di un ordigno dinanzi all’abitazione di un funzionario comunale e, da ultimo, alla minaccia rivolta al Sindaco Giovanni Calabrese, esponente di Forza Italia, di non fargli più ritrovare le spoglie dei suoi parenti sepolti nel cimitero di Locri (“Giovannoni domani dirò dov’è sepolto qualche tuo parente da tantissimi anni”). La ditta di onoranze funebri è stata sottoposta a sequestro dai Carabinieri.
Contesto operativo “MILLE E UNA NOTTE”
Le indagini, avviate dalla Guardia di Finanza di Locri, hanno tratto origine dal fenomeno dell’assenteismo degli impiegati comunali di Locri, segnalato anche dallo stesso sindaco Calabrese (nella foto con il ministro Salvini), tramite numerose interviste pubblicate sui giornali locali e nazionali. L’esponente del centro/destra, eletto nel 2013 e riconfermato nel 2018, ha sempre combattuto una battaglia di legalità sin dal suo insediamento e all’esito delle investigazioni delle forze dell’ordine è emerso come i “Cordì”, con l’ausilio di una fitta rete di associati ed affiliati, effettui il controllo criminale su tutto il territorio del comune di Locri, anche tramite intimidazioni e vere e proprie perlustrazioni con cadenza quasi giornaliera, finalizzate a monitorare le diverse attività commerciali insistenti nel territorio di riferimento.
È stato inoltre documentato, grazie all’attività svolta dal Corpo, come la cosca eserciti un potere incontrastato nell’intero territorio comunale nel settore della consegna e della vendita del pane, che viene imposto senza possibilità di reso ad ogni singolo esercente del settore, così come in quello dell’organizzazione delle onoranze funebri.
La pericolosità ed il pregnante controllo del territorio della cosca Cordì è anche manifestato dalla disponibilità di armi e munizioni, così come è emerso dalle attività investigative svolte dal Corpo, tramite le quali è stato possibile sottoporre a sequestro, in pregiudizio della ‘ndrina, abilmente occultati all’interno di due tubi di cemento siti in un fondo pubblico ed avvolti in dei sacchi di plastica, 3 fucili semi-automatici e con canne mozzate, tutti con matricola abrasa, unitamente a cospicuo munizionamento. All’esito delle operazioni, gli arrestati sono stati condotti presso la Casa Circondariale di Locri a disposizione dell’Autorità Giudiziaria distrettuale.