Il crocifisso nelle scuole oltre la Religione: caro ministro Fioramonti, i simboli sono cultura, civiltà, storia e identità

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Il ministro Fioramonti e l’idea di abolire il crocifisso dalle scuole: ecco perchè sarebbe un gravissimo omicidio culturale

Nell’attuale epoca caratterizzata dall’integralismo “buonista” che ci costringe a giustificare ogni tipo di stupro, materiale ed immateriale nel nome di un approccio culturale esasperatamente fazioso, ci si ritrova facilmente in un pericoloso smarrimento “identitario”.

Ora, vorrei rifiutare l’equazione per cui questa dialettica resti prettamente ancorata a posizioni politiche-partitiche, ideologicamente estremizzate, non sol fosse per il fatto che, ogni tanto e magari qualche volta di più, il coraggio di parlare potrebbe anche certificarci che esiste ancora, nella nostra democrazia, il “libero pensiero”.

Certo non per sparare “puttanate” da talkshow serale, quantomeno per cercare di elevare la discussione ad almeno un metro dall’ossessione dei like.

Il Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, proprio quello che aizza gli studenti a scioperare, ha pensato bene di iniziare la sua carriera al Miur dicendo “no” al crocifisso nelle aule scolastiche e anche alla foto del Presidente della Repubblica, per fare posto a “cartine” (le ha chiamate proprio così, e non carte geografiche, bensì “cartine”…) e “Costituzione”, prima di tornare indietro sui passi con un imbarazzato “non è nelle mie priorità”.

Troppo tardi, aggiungeremo noi. E’ chiaro che se il Ministro dell’Istruzione lancia una bomba di questo tipo non può che aspettarsi “il vespaio mediatico” conseguente.

Qui ci sono alcuni aspetti che vanno oltre l’oggetto appeso ad un muro.

Attraverso un determinato approccio molto in voga in questo periodo, si rischia pericolosamente di far passare la convinzione per cui, per favorire l’integrazione sia necessario abbattere l’identità delle comunità che ospitano, come a voler cancellare millenni di storia senza una valida giustificazione: un “omicidio culturale” in piena regola. Volontario e premeditato.

Ora non è che sia particolarmente affezionato all’integralismo simbologico, ma risulta evidente che nella storia del Mondo per le civiltà antiche, i “simboli” riempivano le proprie giornate, scandivano i ritmi e ne testimoniavano l’identità, quasi a divenire “riparo” dai problemi della vita (che, a quelle epoche, erano fame e miseria, e non certo uno smartphone!). Noi, in questa società contemporanea, abbiamo perso ogni riferimento simbolico. E non è un caso che mentre trenta anni fa la recita di Natale o le poesia di Pasqua fossero fisiologicamente naturali, oggi sono messe in dubbio dal concetto di “non turbare” gli altri, con un concetto (quello di “altri) che sembra più vicino alla discriminazione razziale che all’integrazione dei popoli. La scuola – invece – ha bisogno proprio di simboli. La società ha necessità di ritrovarsi nell’identità che ne ha fatto la sua storia, di essere umano, di cittadino, di comunità.

I simboli andrebbero valorizzati e non sostituiti con mappe geografiche che servono strumentalmente alla formazione, ma non all’educazione e alla maturazione di una coscienza civica. Servono i simboli nelle scuole e serve, ancora di più, capire e insegnare cosa questi rappresentino nella storia del nostro Paese, nella nostra Cultura. E nello specifico, far studiare il significato del Crocifisso anche per i “laici” con riferimento al messaggio più filosofico che religioso di Cristo, l’unico ad “integrare” senza discriminare, 2000 anni fa.

Valori che stiamo perdendo e svuotando, cedendo a scelte ideologiche approssimative, contribuendo a creare una società civile priva di valori morali di riferimento, senza identità. “Ghettizzando” la nostra storia, quella dei nostri padri, dei nostri nonni  e dei nostri avi. Se pensate che sia poco…

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