Locri: la commemorazione del vicepresidente del Consiglio regionale, assassinato dalla ‘ndrangheta nel 2005, ha visto protagonisti tanti giovani sui temi dell’impegno civile e della lotta alla criminalità insieme all’attore Giuseppe Zeno
La lettura, l’ascolto ragionato e il metodo dell’analisi critica sono stati gli ingredienti principali della manifestazione in memoria di Francesco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria assassinato dalla ‘ndrangheta il 16 ottobre del 2005. Un appuntamento sempre molto sentito e partecipato dalla città di Locri che anche quest’anno si è fermata per ricordare una delle pagine più drammatiche della storia recente della Calabria. Tanti i rappresentanti delle istituzioni, delle forze dell’ordine oltre, naturalmente, i giovani, che hanno reso omaggio alla figura di Fortugno in una giornata scandita da diversi momenti, nel segno della memoria e della partecipazione.
La cappella dell’ospedale di Locri ha ospitato la santa messa officiata dal vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, a cui è seguita la deposizione della corona da parte delle Istituzioni dello Stato a Palazzo Nieddu alla presenza, fra gli altri, del Generale di corpo d’armata, Luigi Robusto, del Sottosegretario di Stato al Ministero della Difesa, Giulio Calvisi, del prefetto di Reggio Calabria, Massimo Mariani, del Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri e del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri.
L’incontro, condotto dalla giornalista Rai, Gabriella D’Atri, si è aperto con i saluti istituzionali di Francesco Sacco, dirigente scolastico del liceo “Mazzini”, di Maria Grazia Laganà Fortugno, vedova del vicepresidente del Consiglio regionale calabrese, di Giovanni Calabrese, Sindaco di Locri e di Nicola Irto, Presidente del Consiglio regionale della Calabria.
“Come uomini delle Istituzioni – ha detto il sottosegretario Calvisi – e rappresentanti del Governo, abbiamo il dovere di continuare ad alimentare la memoria di Francesco Fortugno, assumendolo ad esempio soprattutto per le giovani generazioni. Non possiamo non essere grati alla famiglia Fortugno per aver reso il momento della commemorazione di Franco un’occasione per ricordare la gravità di quanto accaduto, ma soprattutto per rinnovare l’impegno, che deve coinvolgere tutti, nella lotta alle mafie, segnatamente alla ‘ndrangheta. Nel Paese, ma soprattutto in Calabria, la lotta ai clan deve continuare a rappresentare la priorità. La ‘ndrangheta rappresenta la grande zavorra di questa regione ed è la causa principale del sottosviluppo del territorio. La Calabria va liberata. Serve un forte investimento sulla promozione della cultura della legalità. Ecco perché incontri come quello di oggi, alla presenza di tanti studenti, sono importantissimi, direi fondamentali. Soltanto partendo dai giovani, ai quali va fatto comprendere che la ‘ndrangheta è il male assoluto, potrà nel tempo essere costruita una società calabrese diversa e “bonificata” totalmente dalla presenza della minoranza che la tiene in ostaggio: una Calabria che tiri fuori fuori il meglio di sé e che sia rispettosa di se stessa, con la stessa dignità con la quale si ribellò dopo il delitto Fortugno”.
Di grande impatto e cariche di significati le parole e le testimonianze che i ragazzi di Locri hanno potuto ascoltare tratte da alcuni scritti dei giudici Antonino Caponnetto e Rosario Livatino e del poeta siciliano, vincitore negli anni ’80 dei premi Campiello e Strega, Gesualdo Bufalino. Spazio anche a contribuiti contemporanei con la lettura di alcune pagine de “L’inganno della mafia”, libro scritto da Nicola Gratteri, uno dei magistrati oggi più esposti nella lotta alla ‘ndrangheta e Antonio Nicaso, noto studioso dei fenomeni mafiosi in ambito internazionale. Un’interpretazione emotivamente intensa, a tratti toccante, quella messa in scena da Giuseppe Zeno che ha voluto così commentare l’evento: “Non esiste luogo migliore di una scuola per affrontare e ripercorrere le esperienze di vita e l’impegno civile di chi ha lottato e lotta ancora oggi contro la criminalità organizzata. Leggere per legittima difesa significa proprio questo, convincere i ragazzi che solo attraverso la cultura, lo studio e l’impegno è possibile realizzare un autentico cambiamento. Questa terra ha delle potenzialità enormi e tocca proprio a loro essere gli artefici di una nuova stagione di rinascita sociale e culturale”. La giornata si è conclusa con la deposizione della corona al cimitero di Locri da parte del Presidente del Consiglio regionale.
“Gli anni passano ma la fiamma della memoria di Franco non si spegne. E questo è un motivo di grande conforto, per me e per i miei figli. Quella fiamma arde e brilla di nuova luce anche stamattina, innescata dalla scintilla della legalità e alimentata dall’ossigeno dei vostri giovani volti e dei vostri occhi pieni di speranza. Franco sarebbe stato contento, oggi: tanti ragazzi in una scuola, i brani sulla lotta alla mafia, il linguaggio della musica. E’ anche in questo modo che si combatte contro la ‘ndrangheta e tutte le organizzazioni criminali: con iniziative che hanno come scopo la diffusione della cultura della legalità. E’ ciò che abbiamo fatto in questi anni, cercando di puntare sempre sulle giovani generazioni, incontrando l’incoraggiamento e il sostegno dello Stato e dei cittadini, dal Quirinale alla reti antimafia. Abbiamo agito così per due ragioni. La prima è la gratitudine nei confronti di quei ragazzi, che ormai sono diventati trentenni e iniziano a diventare classe dirigente del territorio e del Paese, che all’indomani dell’omicidio di Franco scesero in piazza dietro uno striscione bianco, sfidando la ‘ndrangheta e le forze oscure che stavano dietro l’assassinio di mio marito. La seconda ragione è la consapevolezza che noi cittadini, noi donne e uomini impegnati in politica, noi donne e uomini dentro ogni istituzione, specialmente elettiva, abbiamo il dovere di diffondere la legalità. Ma tutto questo non attecchirà mai se non continueremo a lavorare con i ragazzi, che sono il nostro presente e il nostro futuro. Ecco allora che abbiamo pensato di legare la commemorazione di Franco al tema della lettura. Siamo rimasti colpiti dai dati negativi dell’Istat che ha fotografato una realtà difficile da accettare: al Sud, legge meno di una persona su tre e la Calabria, purtroppo, è penultima in classifica: nella nostra regione, la media è di un libro ogni quattro persone.
Se uniamo questo dato alla grave povertà educativa del nostro territorio e alla presenza asfissiante della ‘ndrangheta, appare evidente che la battaglia per la legalità impone di invertire questa tendenza e di promuovere la lettura come strumento civile di azione antimafia. E’ questo il contributo che la scuola e la società devono dare, a supporto del lavoro eccezionale che la Magistratura e le Forze dell’Ordine stanno conducendo in Calabria e in tutta Italia, contro le mafie e ogni forma di criminalità, comune e organizzata. Quello di magistrati e forze dell’ordine è un lavoro pericoloso. Un lavoro che miete vittime, come avvenuto pochi giorni fa, quando due agenti di polizia, Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, sono caduti nell’adempimento del dovere. A loro, e a tutti i servitori dello Stato che hanno perso la vita, rivolgo un pensiero grato e deferente; e un abbraccio forte va alle loro famiglie. So cosa stanno provando. Di fronte a episodi come quello di Trieste, abbiamo il dovere di non cedere all’emotività del momento e di essere molto lucidi e razionali. Ci sono state polemiche, nelle quali non voglio entrare, ma quel che mi preme dire è che la lotta al crimine e la sicurezza dello Stato e dei cittadini non possono essere fatti come le nozze con i fichi secchi.
Sulla sicurezza non servivano annunci o dichiarazioni, che assomigliavano solo a spot pubblicitari, magari sui social; occorre invece un approccio serio, con più risorse economiche, strumentali e umane e con investimenti veri. Io mi auguro che nelle future leggi di bilancio dello Stato, trovi posto la necessità di investire maggiormente sulle forze di polizia, sulle forze dell’ordine e sulla magistratura. So che il Governo, che ha fatto il massimo per predisporre in tempi strettissimi la nota di aggiornamento al DEF, è sensibile anche a questo tema e sono certa che nei prossimi anni ci sarà un’inversione di tendenza rispetto al recente passato. Nel contrasto alla criminalità organizzata non possono esserci tentennamenti di sorta. Qualche giorno fa, sono intervenuta pubblicamente sulla questione dell’ergastolo ostativo. Voglio ribadire la mia posizione anche qui. Se si pensa di applicare strumenti ordinari alla lotta alla mafia, allora o non si è capito nulla, o significa che non c’è nessun interesse a vincere questa guerra. Ho rispetto di quanto stabilito, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, sull’ergastolo ostativo ma, lo ribadisco, sono convinta che gli effetti della sentenza rischiano di essere letteralmente devastanti. E sono d’accordo con quanto affermato dai magistrati in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta.
Qui rischiamo di mandare al macero decenni di lotta ai clan e non possiamo consentirlo. Mi appello perciò alle istituzioni, ai partiti, nessuno escluso, ai sindacati, alle associazioni antimafia, alla società civile tutta, perché occorre una grande mobilitazione democratica e collettiva. Il messaggio che rischia di passare è terribile. Offende la memoria di vittime innocenti, di uomini e donne dello Stato che hanno perso la vita a difesa della libertà di tutti. E il solo pensiero che, nel tempo, possa tornare serenamente alla propria vita un mafioso che si è macchiato di uno, dieci o cento delitti, mina alle fondamenta la fiducia dei cittadini nello Stato di diritto e il patto stesso su cui si fonda la nostra comunità nazionale. I mafiosi devono rimanere in carcere e l’unico modo per affermare la supremazia dello Stato è quello di prevedere pene certe e durissime. Lo devono capire anche gli altri Stati europei, ai quali va ribadita la necessità di adeguarsi al livello della legislazione antimafia italiana, perché parliamo ormai di un fenomeno globale. Mi auguro che l’Italia, in tal senso, faccia sentire la propria voce in sede di Consiglio europeo. Parlare di questo tema, però, non deve distrarci dal nostro obiettivo: comprendere che la lotta alla ‘ndrangheta si deve fare sui territori e, come diceva Franco, è una battaglia dalla quale nessuno si può chiamare fuori. Per questo, ragazzi, mi rivolgo a voi, per chiedervi di impegnarvi quotidianamente per riaffermare lo Stato di diritto. Fatelo a scuola, con gli amici, in famiglia: siate testimoni e sentinelle della legalità. Continuate ad alimentare la fiamma del bene comune di cui vi parlavo all’inizio. Quella fiamma brucerà il male e scalderà i nostri cuori. Confidiamo tutti in voi. E sono certa alla fine che ce la faremo. Grazie a tutti”.
Siclari (FI): “vicino alla famiglia nel giorno della memoria di Fortugno”
“Dopo 14 anni e una lotta alla ricerca della verità, oggi, nel giorno della commemorazione di Franco Fortugno, vicepresidente del Consiglio Regionale della Calabria barbaramente ucciso a Locri, sono vicino alla moglie Maria Grazia, ai figli Giuseppe e Anna e a tutta la comunità calabrese che, sono certo, anela il mai più ripetersi di fatti che possano colpire così gravemente la democrazia e il futuro della nostra terra. Il ricordo di Fortugno resterà indelebile, uomo di grande spessore umano e politico. Non è solo in questo giorno che si rende omaggio a un grande uomo ma è nei piccoli gesti quotidiani, alla ricerca della giustizia e della verità portata avanti le Istituzioni e gli onesti cittadini con impegno e responsabilità”. Lo ha dichiarato il senatore forzista Marco Siclari stringendosi alla famiglia in un giorno ricco di commozione durante la commemorazione.