Uno studio ha suggerito l’utilizzo integrato dei dati riguardanti la sismicità con quelli geodetici forniti dal sistema di posizionamento GPS per circoscrivere le aree temporalmente a maggior rischio sismico
L’Italia è un Paese ad alta pericolosità sismica e negli ultimi tempi, l’aumento dell’attività sismica nello Stretto di Messina sembra indicare questa zona come quella attualmente più suscettibile ad un forte terremoto, come indicato dal Prof. Kossobokov. I terremoti, però, sono fenomeni difficili da prevedere con esattezza e per questo motivo, nel mondo scientifico, continua a crescere la ricerca per riuscire a definire, con la maggiore precisione possibile, il luogo e il tempo in cui avverrà un evento sismico.
Un nuovo studio internazionale, a cui ha preso parte, fra gli altri, Mattia Crespi del Dipartimento di Ingegneria civile, edile e ambientale della Sapienza, in collaborazione con Giuliano Panza dell’Accademia nazionale dei Lincei, ha proposto un paradigma innovativo che integra i dati sismologici con quelli ottenuti dalle misure GPS. Questo paradigma consente di migliorare accuratezza e precisione con cui le aree temporalmente a maggior rischio possono essere identificate.
“Questo studio interdisciplinare si inserisce nel dibattito scientifico sulla pericolosità sismica, la sua prevedibilità e il conseguente adeguamento preventivo antisismico, argomento di grande interesse anche a livello nazionale in seguito ai terremoti che hanno colpito Abruzzo, Umbria e Marche dal 2016″.