Essere autonomi in Italia: un’opportunità e un’impresa più che altrove

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L’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di occupati in proprio. L’incidenza sul totale è la più alta anche fra i giovani

“Con oltre 5 milioni di lavoratori autonomi, l’Italia è il Paese europeo con il più alto numero di occupati in proprio. L’incidenza sul totale è la più alta anche fra i giovani: su poco più di 4 milioni di occupati tra i 25 e i 34 anni, il 16,3% svolge un lavoro autonomo contro una media UE del 9,4%. Eppure, essere lavoratori autonomi in Italia è un’impresa non priva di ostacoli: 9 autonomi su 10 (89,9%) lamentano la presenza di notevoli difficoltà nello svolgimento del proprio lavoro. Una condizione, questa, che in Europa interessa il 71,7% della platea”, è quanto scrive in una nota la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro. “È quanto emerge – prosegue la nota- dall’analisi della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro “Il lavoro autonomo in Italia, un confronto con l’Europa”, presentata in occasione della Giornata delle Professioni Liberali tenutasi a Bruxelles il 13 novembre scorso. Sebbene la platea dei lavoratori autonomi è mediamente più istruita di quella dei dipendenti, specie tra i più giovani (il 37,2% degli autonomi è laureato rispetto al 27,9% dei dipendenti) e molto presente nel settore terziario, la propensione a mettersi in proprio si riduce sempre di più. Fra il 2009 e il 2018, complici il calo demografico e le maggiori difficoltà di accesso al mercato del lavoro, gli autonomi sono diminuiti del 5,14%. Questo perché continuano a mancare interventi a loro sostegno: da ultimo il disegno di legge di Bilancio 2020 che sembra dimenticare l’apporto che il lavoro autonomo fornisce allo sviluppo e all’occupazione del Paese (il 21,7% a fronte di una media europea del 14,3%). In testa alle criticità degli autonomi italiani c’è il carico burocratico (il 25,8% contro il 13,1% della media europea), seguito dall’instabilità degli incarichi e dei committenti (il 21,6% contro il 12,3%) e dal ritardo dei pagamenti (il 20,2% contro l’11,7%). Pesano, infine, anche la difficoltà di accesso ai finanziamenti, l’impossibilità di incidere sui prezzi di servizi e prodotti e la mancanza di coperture in caso di malattia o infortunio”, conclude la Fondazione. Un’inversione di tendenza è quanto mai urgente secondo il Presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca: “La manovra 2020 dovrebbe essere l’occasione per incrementare il sostegno ai liberi professionisti attraverso la riduzione dei carichi fiscali, degli oneri burocratici, la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e l’introduzione dell’equo compenso per garantire una retribuzione dignitosa anche a questa categoria professionale”, ha dichiarato.

 

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