Palmi: è stato Sebastiano Finocchiario, giudice minorile a spiegare ai detenuti dell’alta sicurezza il vero significato del progetto che il tribunale per i minorenni ha voluto avviare non per togliere i figli alle famiglie di ‘ndrangheta ma per offrire loro una opportunità alternativa”
E’ stato Sebastiano Finocchiario, giudice minorile a spiegare ai detenuti dell’alta sicurezza il vero significato del progetto che il tribunale per i minorenni ha voluto avviare non per togliere i figli alle famiglie di ndrangheta ma per offrire loro una opportunità alternativa di vita e per questo motivo gli incontri che si stanno realizzando negli istituti penitenziari sono occasioni per offrire spunti per la personale revisione di vita da parte dei condannati anche sotto il profilo della responsabilità genitoriale. All’incontro tenutosi all’istituto penitenziario di Palmi i detenuti si sono preparati assistendo alla proiezione della fiction di rai Uno Liberi di scegliere, con il supporto del referente di Libera Mimmo Nasone e della responsabile dell’area pedagogica Irene Venezia. Attraverso i loro interventi i detenuti hanno dimostrato di avere recepito il messaggio che il presidente Roberto di Bella ha voluto mandare loro pur evidenziando la loro richiesta di potere avere una giustizia giusta e veloce. A loro ha risposto il Procuratore aggiunto della procura della Repubblica di Palmi Giuseppe Casciaro che ha riconosciuto come anche un solo giorno di carcere da innocente è una sconfitta per lo Stato e nel contempo ha però ricordato la grande responsabilità che hanno verso i loro figli invitandoli a distinguere tra il volere bene e il volere il loro bene. Gli interventi che hanno scosso di più le coscienze dei detenuti sono stati quelli di Giosuè D’Agostino, seguito negli anni 80 da Agape e da don Italo Calabrò nel percorso di riscatto che lo ha portato a rompere con il clan di appartenenza della piana di Gioia Tauro e di rifarsi una vita al Nord come imprenditore agricolo, Giosuè li ha invitati a non crearsi alibi, a rompere con la prigione della ndrangheta per scegliere di essere uomini liberi che non si debbano vergognare di guardare i loro figli in faccia e di vivere una vita tra carcere e rischio di essere uccisi.
A seguire Vincenzo Chindamo, fratello di Maria vittima innocente di lupara bianca, che ha testimoniato il dolore e la sofferenza che la ndrangheta provoca nella vita delle persone ma anche di quanto i detenuti hanno necessità di questi confronti per trovare la forza della conversione da una condizione che li vede assieme alle loro famiglie le prime vittime dei loro errori. Anche il direttore della casa circondariale Antonio Galati si è appellato alla coscienza dei detenuti, confessando la sua sofferenza da padre prima ancora che da operatore penitenziario, ogni volta che vede i bambini recarsi ai colloqui in carcere. Della necessità di dare alla pena una valenza rieducativa, anche nelle situazioni più gravi si sono fatti portatori il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Liberato Guerriero che ha voluto assieme al garante regionale sui diritti dei detenuti Agostino Siviglia essere presente e testimoniare la validità dell’iniziativa. Mario Nasone del centro Comunitario Agape e don Ennio Stabile referente regionale di Libera che hanno organizzato analoghi incontri anche negli istituti penitenziari di Reggio, Vibo e Locri, hanno lanciato un doppio messaggio, all’amministrazione penitenziaria perché favorisca il dialogo con i detenuti condannati per mafia coinvolgendo tutti gli istituti penitenziari della Calabria e non solo, ai detenuti perché affidino i loro figli alle associazioni della rete di Libera perché possano sperimentare esperienze positive di vita. Senza crearsi illusioni di cambiamenti immediati ma nello spirito che aveva mosso don italo Calabrò quando già negli anni 80 si rivolgeva ai boss dicendo loro se non potete uscire voi dalla ndrangheta, fate almeno in modo che i vostri figli non vi entrino,. Il ringraziamento di uno dei detenuti al 41 bis all’associazione Agape per l’aiuto dato a sua figlia a costruirsi un futuro positivo è un ulteriore segnale di una strada già tracciata e di una speranza di cambiamento possibile per una calabria senza ndrangheta.