Reggio Calabria, emergenza Coronavirus: professionista fermato da pattuglia dopo il dpcm, “non puoi lavorare a quest’ora”

StrettoWeb

“Coronavirus, contestato spostamento per motivi lavorativi a Reggio Calabria, mentre la gente passeggiava sul lungomare”

Un lettore di Strettoweb ci ha inviato una testimonianza di quanto ha vissuto sulla propria pelle la scorsa notte:

Lavoro a Reggio Calabria? Un miraggio, una fortuna per chi lo ha davvero. Ancora più complesso in questa delicata fase di allerta per l’emergenza Coronavirus. Specialmente alla mia età, 29 anni, quasi al decimo anno lavorativo consecutivo. In questa città, consentitemi di dirlo, un giovane che vuole fare impresa non è un lavoratore…è un guerriero!! Sono un autonomo nel settore automotive, munito di regolare p.iva ed iscrizione alla camera di commercio, tra le varie attività che posso esercitare vi sono in prevalenza un innovativo sistema di autolavaggio a domicilio ed il commercio di auto online, che prevede per forza di cose un incontro con il cliente successivo al contatto online al fine di valutare il veicolo in vendita. Essendo lavori effettuabili tramite computer (ricerca clientela e pubblicità) e a domicilio (lavaggio, lucidatura, igienizzazione abitacolo molto utile in questo periodo, consegna veicolo ecc.), non devo ricevere nessuno in alcun locale o ufficio. Non ho un orario di lavoro definito, lavoro su appuntamenti secondo le esigenze della clientela. Sono appassionato del mio lavoro, e sono giovane, ho una clientela prevalentemente giovane ed appassionata come me quindi spesso ho appuntamenti fino a tarda serata. Tra l’altro in questo periodo mi sto adoperando per effettuare igienizzazioni degli autoveicoli, utili a contrastare l’emergenza in atto. Non credo sia nulla di illecito.

Orbene, questa notte mentre rientravo a casa dopo una lunga giornata lavorativa e dopo avere mangiato poco e niente (avrei voluto chiudermi in casa sul divano ma un autonomo deve guadagnare ogni giorno per vivere), con lavoro ultimato ben oltre la mezzanotte, venivo fermato da una pattuglia. Già dopo pochi minuti dall’emissione del Dpcm 9 marzo provvedevo a stampare ed a portare con me la visura camerale, attestante nel dettaglio l’attività lavorativa da me svolta, certo di essere anzi più scrupoloso rispetto a chi si limita alla semplice autocertificazione. Con mio rammarico, mi veniva contestato sia lo spostamento lavorativo che l’ora tarda, e che la visura camerale non bastava a comprovare lo spostamento per motivi lavorativi. E che non bastava mostrare l’attrezzatura lavorativa che riempiva il bagagliaio della mia auto. “Lei non sa a cosa può andare incontro, verrà sicuramente chiamato a dare spiegazioni”..come come..io? Azzo, E  allora chi dovendo chiudere per questa emergenza, ha lasciato a casa ragazzi senza contratto e contributi pagati, a cosa va incontro??? Impiccagione in piazza come minimo, o sanzioni impensabili. Eppure, quando sono uscito di casa per recarmi agli appuntamenti, ho notato tanta gente in giro, che passeggiava sul lungomare, a fare la coda fuori dai supermercati (alla faccia delle disposizioni che vietano assembramenti!!) sembrava il primo maggio piuttosto che una emergenza sanitaria. Ed ho notato anche qualche bar aperto dopo le 18. Cittadini irresponsabili, non curanti delle disposizioni e del loro significato. Quindi non si può uscire di casa, se non per comprovate esigenze tra le quali il lavoro: il decreto vale h 24 con limite di orario a ristoranti e bar, quindi per tutti gli altri non fa differenza tra mattina, pomeriggio o sera. Qualche giornale autorevole e qualche politico però specificano che “non è vietato uscire di casa”. Non si capisce bene in quali termini. Sinceramente tra passeggiare sul lungomare e lavorare fino a tarda ora, credo sia più lecita la seconda. Anzi, da stimare in una città piena di problemi e povera come Reggio Calabria, dove il lavoro lecito è un miraggio. Se dobbiamo segregarci in casa, sospendere alcuni pagamenti non basta. Il sottoscritto non ha debiti, non mi serve la sospensione di alcunché ma mi necessita un reddito, che per me si compone di lavoro giornaliero, spesso senza sabati o domeniche libere. Pertanto se lo stato non mi consente di muovermi liberamente per lavoro, che mi dia un sussidio in sostituzione del mancato introito di questo mese. E da persona onesta quale sono, mi duole ricordare che molti dipendenti sono sfruttati in nero in questa città, o con contratti fasulli, con uno stipendio che resta un numero scritto sulla busta paga e in realtà viene erogato molto meno. Una situazione che si fa ancora più grave in questo periodo dove chi non ha un contratto regolare non è tutelato. Io ho detto NO, ed ho sempre fatto da me con il rischio d’impresa. Allora mi chiedo e mi rivolgo alla Confcommercio locale, a Giovani Imprenditori Confindustria Reggio Calabria, alla Camera di Commercio, al Comune di Reggio Calabria, alla Prefettura, ai comuni della provincia: noi autonomi che lavoriamo spostandoci e non abbiamo orari definiti, cosa dobbiamo fare in questo periodo? Qualcuno vuole darci qualche soldo per restare a casa e permetterci di continuare a vestirci, a mangiare ecc.? Perché non intensificare i controlli sulle attività che sfruttano gente in nero e in questo periodo lasciano a casa poveri ragazzi che hanno bisogno? Da una parte a me viene contestato un semplice spostamento lavorativo (a uno dei pochi giovani che vuole fare impresa in questa città), dall’altra vedo una città che lavorativamente parlando è una grande bolla piena di illegalità ed infamie. Non posso accettare di vedermi contestato uno spostamento lavorativo, che svolgo con tanti sacrifici, e allo stesso tempo vedere gente che va in giro come fosse in vacanza e poveri cristi senza tutele, senza contratti, lasciati a casa dalla sera alla mattina. La situazione lavorativa nel reggino, già notevolmente precaria, così non può che affossare ulteriormente. Che questo periodo brutto per la storia Italiana porti a galla tante problematiche che non possono più essere trascurate. Che qualcuno si ricordi di Reggio Calabria e dei suoi lavoratori e giovani. 

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